Maturità 2020, i “ritocchi” del ministro Fioramonti

Cambia, ancora una volta, la maturità. Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti in realtà li ha definiti dei “ritocchi”, nulla di più. Anche perché il giorno del suo insediamento aveva esordito dicendo che per cinque anni l’Esame di Stato non sarebbe stato modificato. Vediamo allora questi ritocchi: una volta verificata, ai fini dell’ammissione, la frequenza scolastica e il profitto, bisognerà valutare anche il requisito della partecipazione alle prove a carattere nazionale predisposte dall’Invalsi e quello dello svolgimento delle attività programmate nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (ex alternanza scuola-lavoro). C’è poi il ritorno nel tema di italiano della traccia specifica di storia e l'eliminazione delle tre buste all’orale. Su tutto questo In Terris ha intervistato Daniele Grassucci, founder e direttore responsabile di Skuola.net

Che cosa cambia per gli studenti ora che non c’è più il sorteggio delle buste per l’esame orale?
“Sicuramente bisognerà vedere il tecnicismo, ma quello che ha detto il Ministro Fioramonti è che gli studenti da quest'anno, conosceranno prima i materiali, a partire dai quali, dovranno iniziare il proprio colloquio e potranno anche sceglierli”.

Secondo lei qual è lo scopo di questa decisione?
“Diciamo che l’obiettivo del Ministro è quello di eliminare lo stress nell'affrontare un tema ignoto frutto di un sorteggio. Eliminare quindi questo elemento di casualità per dare più possibilità di scelta, una scelta non a carte coperte, ma scoperte. Dato che la legge imponeva che il colloquio iniziasse a partire da fotografie, testi e documenti, quel tipo di approccio non cambierà mentre a cambiare sarà solo la modalità di proposizione.

Tra le novità, torna il tema storico. Condivide la scelta?
“Il punto nodale della questione è il seguente: anche quando c'era una traccia nell'esame di maturità dedicata in maniera specifica al tema della storia, in realtà era sistematicamente la meno scelta tra le sette proposte. Addirittura un anno, quando il Ministro Gelmini propose una traccia sulle Foibe, fu scelto solo dallo 0.8 % dei ragazzi. Questo perchè il problema non è tanto la presenza o meno di una traccia, ma quanto e come viene studiata la storia e con quale livello di profondità vengono coinvolti i ragazzi. Molto spesso, a mio avviso, nei vari cicli scolastici ci si sofferma a studiare ad esempio i Sumeri, una civiltà sicuramente importantissima, ma poi non si riesce alla fine del quinto anno a studiare per interno il Novecento, cosa che di conseguenza non porta ad essere preparati alle tracce storiche presenti all'esame. Il ministro ha inoltre ribadito che ci sarà una traccia legata alla storia, ma che non sarà il tema classico, piuttosto sarà proposto nell'ambito della tipologia B. Quindi comprensione del testo argomentativo e produzione di un elaborato proprio con gli spunti che provengono dal testo. Forse è una scelta che soddisfa soprattutto gli intellettuali, ma per avere un cambiamento profondo sulla conoscenza della storia da parte dei nostri ragazzi bisognerebbe intervenire sui metodi e sui programmi d'insegnamento a livello nazionale. Questo per dare l'opportunità a tutti di studiare la storia soprattutto moderna senza perdere i fondamenti di quella passata. Forse in un certo modo tradisce però quella che è anche la nostra impostazione scolastica, vale a dire quella gentiliana, quella per cui i programmi se pur con qualche modifica hanno quel tipo di struttura da primi del Novecento. Questo porta a considerare la storia dell'Ottocento e primi del Novecento come una storia moderna cosa che chiaramente oggi non lo è più”.

Secondo lei, cambiare così spesso può considerarsi un bene o un male?
“Diciamo che questi sono piccoli cambiamenti, la storia non era mai scomparsa dall'esame di maturità perché anche lo scorso anno molte delle tracce pur non essendo marcatamente storiche richiedevano comunque delle conoscenze di ambito storico. La modifica delle buste forse possiamo considerarla più sostanziale, ma non cambia la modalità del colloquio. Detto ciò non è secondo me un bene cambiare sempre i nostri sistemi scolastici. Abbiamo avuto tante riforme, ma alla fine nessuna ha inciso sullo scheletro della nostra scuola, ma solo su aspetti più secondari. Solo quella dell'autonomia scolastica che invece ha cambiato profondamente il modo di fare scuola in Italia è stata gestita male, per cui questo ha portato tante differenze tra i singoli istituti scolastici”.