La lingua madre e la sfida del plurilinguismo

Come molte altre Giornate internazionali, anche quella della lingua madre nasce come un ricordo. Un omaggio per la precisione, a un gruppo di giovani studenti bengalesi, trucidati dai soldati pakistani durante una manifestazione all'Università di Dacca nel 1953, per affermare la valenza del loro idioma madre come lingua ufficiale del loro Paese, il Bangladesh, allora parte del Pakistan. Una rivendicazione terminata nel sangue ma che, come accaduto altre volte, diventa occasione di riflessione, di confronto, di idee. Ed è memore di questo episodio che l'Unesco, nel 2007, ha deciso di istituire una giornata a tema, che corrisponda non solo alla memoria del coraggio di quei giovani studenti ma anche a una imprescindibile presa di coscienza sull'importanza della propria lingua madre. Come muro portante della nostra società ma anche come simbolo di un'appartenenza che è in sé sia comunità che integrazione: “La lingua madre – ha spiegato a Interris.it Annamaria Bax, dirigente scolastica – è per ciascuno di noi come una seconda pelle, parte della nostra storia. Proprio attraverso il codice materno l'individuo impara a esplorare il mondo, a rivestire di parole e contenuti la propria esperienza. Tullio De Mauro diceva che la lingua madre non è un semplice strumento usa e getta ma innerva la nostra vita psicologica, i nostri schemi mentali”.

Il ruolo della scuola

Appartenenza culturale, tratto comune e unificante: in questo senso, “il codice materno fonda la nostra vita psicologica e relazionale”, perché attraverso di essa “interiorizziamo narrazioni. Per questo è uno strumento potente”. E se, nei nostri percorsi di vita, può capitare, improvvisamente, che la si senta venire meno, è chiaro a questo punto come si tratti di una perdita solo apparente: “Non per questo scompare: la lingua continua a dimorare fortemente parte di noi. Lo spiegava anche Calvino: tutto può cambiare ma non la nostra lingua, perché ci contiene e ci avvolge ancor più che il ventre materno”. Imprescindibile il lavoro della scuola, non solo nel veicolare l'insegnamento e il corretto uso della lingua, ma anche per affrontare l'importante sfida del plurilinguismo, da un punto di vista didattico forse una delle più impegnative della nostra epoca: “La scuola italiana – ha precisato la professoressa Bax – è sicuramente interessata dal fenomeno migratorio, quindi all'integrazione e all'inclusione degli studenti stranieri. E ha prodotto esperienze significative per quanto riguarda il riconoscimento e la valorizzazione dell'idioma materno. C'è ancora molto da fare ma la scuola ha prodotto nel tempo dei testi, delle indicazioni, delle linee guida che ha rivolto, dagli anni Duemila in poi, alle scuole. Si tratta di documenti stilati dall'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri”.

Cinque documenti-guida

Cinque i documenti fondamentali, il primo dei quali emesso nel 2007 (in coincidenza con l'istituzione della Giornata Unesco), e che ha come fine “la valorizzazione del plurilinguismo, innanzitutto di sistema, ossia che accanto alle lingue comunitarie, è auspicabile includere le lingue parlate dalle collettività più consistenti, prevendone addirittura le relative abilitazioni. C'è poi l'opzione del plurilinguismo individuale, ossia che lo studente mantenga la lingua d'origine in quanto diritto dell'uomo”. Un documento, questo, licenziato dal Miur come il successivo, arrivato nel 2012 e relativo alle scuole dell'infanzia, in cui ci si sofferma “sulla cura costante che la scuola deve rivolgere alla progressiva padronanza dell'italiano”. Progressivamente verranno fornite indicazioni di carattere essenzialmente operativo, utili per sviluppare metodi didattici che sappiano mantenere elevati standard di insegnamento dell'idioma madre ma garantire allo stesso tempo un'adeguata formazione al corpo docenti sulla presenza sempre più consistente del fenomeno del plurilinguismo: “La scuola italiana non è all'anno zero. E' una scuola veramente inclusiva e impegnata da sempre nei percorsi, nella progettazione e nei percorsi formativi. Sono percorsi sempre aperti ed è necessario investire molto nella formazione degli insegnanti, perché sappiano cogliere e valorizzare il pluringuismo”. Da qui l'importanza di tracciare un sentiero più o meno dettagliato, da seguire e applicare, a seconda delle varie esperienze, nell'ambito di un percorso didattico: “La scuola pubblica deve necessariamente essere uniformata a dei principi che riguardano l'istituzione scolastica. Sulla buona riuscita staremo a vedere con occhio più analitico le singole realtà, anche a seconda della 'storia' di ogni scuola”. E di un percorso di integrazione che, di riflesso, coinvolge anche tutte le altre sfere della società.