Il lato Chiaro e quello Oscuro de “Gli Ultimi Jedi”

Se avete mai guidato di notte a fari spenti siete pronti per il nuovo “Star Wars“. Attenzione: nuovo “Star Wars” e non “Episodio VIII“, perché di consequenziale rispetto alla saga di Lucas c'è solo la vecchia guardia, composta da Luke (Mark Hamil), Leila (Carrie Fisher, Rip), Chewbecca, R2-D2 e C-3PO (soprassediamo sulla pessima scelta di renderli con il nome originale anche nella versione in italiano). Un'ideale staffetta con i nuovi protagonisti e niente più, considerato il ruolo preossoché marginale ad essi riservato.

Una galassia di antieroi

Il passaggio del testimone, del resto, è proprio il leit motiv de “Gli ultimi Jedi“. Aspetto appena accennato ne “Il risveglio della Forza” che qui entra nel vivo, trascinandoci in in un mondo diverso, più dimensione X che “Galassia lontana lontana“, dove il bianco e il nero, la luce e l'oscurità hanno contorni meno nitidi. Una scelta di rottura, su cui pesa la necessità di rivolgersi a un mood generazionale differente da quello degli anni 70/80, nel quale un mondo bipartito rendeva più agevole (da una parte e dell'altra del Muro) la distizione tra bene e male. Nell'era del relativismo e del pessimismo post crisi tutto questo non sarebbe possibile. Il grigio diventa, allora, il colore dominante di questa ottava pellicola, nella quale ampio spazio viene riservato agli antieroi. A partire da un Luke che da “nuova speranza” contro l'Impero galattico si è trasformato in un vecchio triste, impaurito e sospettoso. Sconvolto dal fallimento con il giovane Kylo Ren (alias Ben Solo) ha scelto una vita eremitica, rinuciando a trasmettere le “vie della forza”. Figura diametralmente opposta rispetto a quella di Obi Wan Chenobi, che, nonostante lo choc per la trasformazione in Darth Fener (non Vader che in italiano suona come Darth Gabinetto) del suo ex Padawan Anakin, non aveva mai abbandonato il retaggio Jedi consentendo proprio a Luke di diventare l'ultimo depositario della Forza.

****DA QUI IN POI ALLERTA SPOILER****

Crocevia esistenziale per il non più “giovane” Skywalker e per la stessa ennealogia (cominciamo a chiamarla così) diventa allora il reincontro con Yoda, primo vero punto di giuntura fra trama ed esigenze di marketing. A Luke il vecchio Jedi ricorda che il fallimento è il “più grande dei maestri“. A noi, invece, fa capire che dobbiamo guardare avanti, oltre le nostre nostalgie. E lo fa in un modo brutale e al contempo poetico, incendiando i libri sacri dell'Ordine. 

Fatte le dovute premesse andiamo al sodo. Di seguito le cose che mi sono piaciute (Lato Chiaro) e quelle che mi spaventano (Lato Oscuro) del nuovo Star Wars. 

Lato Chiaro

1- Giù la maschera

A pochi minuti dall'inizio del film Kylo Ren riceve una sonora rampogna dal Leader Supremo Snoke. Il restauratore dell'impero gli rinfaccia la sua debolezza, il suo essere ancora troppo vicino al Lato Chiaro, e gli ordina di togliersi quella “maschera ridicola“, non potendo aspirare a diventare il nuovo Fener. Kylo esegue e, poco dopo, distrugge il casco in un eccesso di rabbia e frustrazione. Scelta registica azzeccatissima che interrompe l'inevitabile, e insostenibile per il nuovo villain, comparazione tra Anakin e il nipote. Il personaggio, liberato dal peso di un'eredità così pesante, acquista spessore, trovando la sua personale via del male. Spezzati i fili che lo tenevano legato alla sua condizione di erede di Fener, Kylo fa quello che il nonno non era mai riuscito a fare, uccide il suo maestro oscuro (Snoke) diventando egli stesso il Leader Supremo del Primo Ordine. Viene meno così anche la “regola dei due” cara ai Sith, ormai definitavamente estinti. Un doppio taglio col passato che apre nuovi scenari sul futuro della saga.

2 – Sia lodato il coraggio 

Si può dire di tutto di Episodio VIII, meno che non sia un film coraggioso. Ryan Johnson (regista de “Gli Ultimi Jedi”) corregge gli errori (qualcuno direbbe orrori) commessi da J.J. Abrams in Episodio VII e gli indica la strada da seguire nel IX capitolo (affidato nuovamente al papà di “Lost” e della nuova versione cinematografica di “Star Trek”). “Basta con i Jedi e con i Sith” dice Kylo a Rey dopo aver eliminato Snoke, invitandola a governare la Galassia insieme a lui. Johnson, sostanzialmente, ha capito che Star Wars può sopravvivere solo se si emancipa dalla vicenda di una famiglia, gli Skywalker e abbandona la “comfort zone” rappresentata da alcuni canali narrativi certi. Da lì la scelta di far morire Luke (che immaginiamo tornerà come “fantasma della Forza” nel prossimo capitolo). Come quella di rendere Rey una “figlia di nessuno” (“i tuoi genitori erano mercanti di rottami – le dice Ben Solo – ti hanno venduto per comprarsi da bere”). Si chiude, insomma, il cerchio aperto con “L'Impero colpisce ancora”. Se allora a scioccare il pubblico fu la rivelazione “Luke, io sono tuo padre“, qui avviene l'opposto: due anni di teorie, possibili legami con Chenobi, Palpatine, Luke e altri personaggi vengono spazzati via. Si torna ad Anakin: la Forza non è aristocratica, sceglie chi vuole, ieri il giovane schiavo di un pianeta periferico, oggi la figlia di due ubriaconi. Ovviamente Episodio IX potrà cambiare le carte in tavola ma oggi la sensazione è quella di una scelta coraggiosa e al contempo coerente con la necessità di rendere Star Wars un format meno rigido o canonico. Il tutto al netto della sofferenza dei fan storici, ca va sans dire. 

3 – Bentornata Forza

La Forza, grande assente di Episodio VII (titolo a parte), torna a essere protagonista. Il film promana della sua presenza mistica a partire da quando Luke spiega a Rey la sua natura di “rete” in grado di tenere unite tutte le cose. Un'armonia metafisica di cui, però, i Jedi non solo i soli depositari. Una verità di cui Skywalker si fa portavoce. E' lui, in fondo, il punto di passaggio tra il prima e il dopo. Lui, figlio di un maestro Jedi passato al Lato Oscuro, è il primo a criticare apertamente il suo Ordine di appartenenza, riconoscendone le responsabilità nella caduta di Anakin. In fondo è stato Luke a vedere il conflitto esistente all'interno del padre: il dolore per la perdita della madre e dell'amata Padme, l'inganno di Darth Sidious e, soprattutto, l'indifferenza del Consiglio nei confronti dei suoi sentimenti, terreno fertile nel quale attecchì la radice del male. La sua critica ai Jedi, talmente ascetici da essere diventati disumani, è l'elemento più forte di questa nuova versione di Skywalker. Il quale, coerentemente al suo corso di apprendimento rapido, continua a mostrare delle lacune. Non ha sconfitto la paura, non è un buon maestro. Solo la morte, che passa attraverso il suo confronto diretto col fallimento rappresentato da Kylo Ren, gli consente di completare l'apprendistato. E come Yoda e Chenobi non trapassa fisicamente ma si dissolve, diventando un tuttuno con la Forza mentre osserva nuovamente il tramonto di due soli, così come aveva fatto prima di lasciare Tatooine nella scena più memorabile di Episodio IV. Allo stesso tempo Johnson sa tornare all'antico, correggendo un altro errore di Abrams, che aveva fatto impugnare una spada laser persino all'ex stormtrooper Finn. Se la Forza non è necessariamente dei Jedi, non tutti possono essere Jedi. 

Lato oscuro

1 – Sia dannato l'azzardo 

Lodare il coraggio di Johnson non vuol dire approvare in toto alcune scelte, che rischiano di portare Star Wars su binari sbagliati. L'essere usciti dal tracciato delle vecchie trilogie comporta un problema da non sottovalutare: l'inconsistenza della trama. Bisogna andare per modelli matematici. Togliendo la vicenda Luke-Fener ai primi tre capitoli della saga otteniamo comunque dei bei film d'avventura, dove a farla da padrone sarebbe stato il personaggio di Han Solo, coadiuvato dalla principessa Leila, in sostanza una storia d'amore in un contesto fantascentifico. Se, invece, espuntiamo il confronto Rey-Kylo-Luke dai due nuovi episodi otteniamo un risultato piuttosto scarso. Ma il nodo è un altro: il dualismo Jedi-Sith ha consentito alla trama di filare liscia anche quando le vicende narrative si sono perse in eccessi filosofici o hanno presentato gravi lacune. Negli Episodi I-II e III la storia di Anakin ha fatto soprassedere il pubblico su alcune evidenti storture (dalla barzelletta dei midiclorian in versione Spirito Santo, alle incoerenze sul vero maestro di Chenobi – che stando alla trilogia originale avrebbe dovuto essere Yoda e non Qui Gon – sino alla faciloneria con cui vengono raccontate l'ascesa di Darth Sidious e la fondazione dell'impero). In un film che sceglie di discostarsi in modo eclatante dal canone, fan e critici tendono a essere molto meticolosi, mancando il grande tocco di cipria dietro cui nascondere le imperfezioni. Ne consegue che tutte le scelte registiche che prima abbiamo apprezzato rischiano di trasformarsi in clamorosi autogol. Il grigio, insomma, va bene per caratterizzare i personaggi ma non può diventare un limbo in cui tenere sospesa una saga storica. “Fare o non fare, non c'è provare”. 

2 – Rischio fiction

Un altro rischio (molto disneyano) che deriva dalla rivoluzione del nuovo Star Wars è quello della serialità. Una cosa è una saga, altra è la fiction. Il successo della precedente esalogia è stato anche quello di aver aperto e chiuso un cerchio. Mancando i punti di riferimento, cambiati i rapporti fra bene e male, scomparsa la dinastia Skywalker si spalancano, di fatto, le porte a una storia diversa, che, stando alle premesse, non sembra destinata a concludersi con Episodio IX. A questo dobbiamo aggiungere non solo gli spinoff (che servono più che altro a tenere buoni i fan storici proponendo storie parallele alla trilogia originale) ma anche la serie animata e i rumor su nuovi possibili episodi futuri. Ora: possiamo capire che l'investimento della Disney sulla Lucasfilm non potesse limitarsi agli incassi (pur cospicui) di soli tre film, come anche il fatto che il fattore tempo abbia reso impossibile realizzare l'idea originaria di Lucas per il sequel de “Il Ritorno dello Jedi” (in soldoni il passaggio di Luke al Lato Oscuro e l'addestramento di Leila alle vie della Forza). Ma Star Wars è un materiale da maneggiare con cautela. Non solo per il rispetto che si deve ai vecchi fan, ma anche per quello nei confronti di un'opera entrata di diritto nella storia del cinema. Senza chiamare in causa l'Unesco sarebbe opportuno che saghe del genere fossero protette e tutelate per evitare che l'eccessiva commercializzazione, la ricerca del marketing a ogni costo, rischino di distruggere l'intera impalcatura. 

3 – Dov'è Anakin?

Abbiamo lodato il coraggio, riconosciuto che le forzature di Johnson abbiano aiutato la nuova trilogia a trovare una sua strada, apprezzato alcune scelte registiche. Ma, in chiusura, non possiamo tacere sulla totale assenza del vero “protagonista” dell'esalogia: Anakin Skywalker. Attenzione: non parliamo di Darth Fener (cioè il Sith che si è divorato l'anima del padre di Luke), citato in diverse occasioni (sia pure nel goffo, per fortuna superato, tentativo di paragone con Keylo) ma del Jedi Anakin. La scelta di soprassedere sul suo ritorno al Lato Chiaro è, a nostro avviso, un'omissione gravissima. Di Anakin si parla solo in funzione di Fener. In Episodio VIII Keylo guardando la maschera bruciata del nonno gli promette di completare quello che lui aveva iniziato. Nel sequel al nuovo villain si rinfaccia di non poter aspirare a diventare il nuovo Fener. La stessa scelta di far apparire Yoda a Luke piuttosto che il padre tradisce il senso delle precedenti trilogie. I nuovi episodi sembrano ripartire idealmente da “L'impero colpisce ancora”, censurando i risvolti drammaturgici de “Il ritorno dello Jedi” e la stesso fil rouge di Star Wars, cioè che il passaggio al male non è mai definitivo ed esiste sempre la possibilità di tornare al bene. Avremmo voluto che la presenza di Skywalker senior aleggiasse nella pellicola. Questa sorta di “vergogna” nei confronti di Ani e del suo percorso di redenzione è la grande lacuna dei nuovi film. L'auspicio è che Abrams, in Episodio IX, riconcili il pubblico con la vera natura del vecchio protagonista della saga. Quella sì che sarebbe “Una nuova speranza” per Star Wars