Buon compleanno Willy il Coyote, 70 anni senza arrendersi

Sì è vero, anche Silvestro insegue senza sosta il canarino Titti. Ma non c’è paragone. E’ Willy il Coyote l’emblema di tutti coloro che cercano la felicità senza mai darsi per vinti. Non è un fumetto, è un condensato di socio-psicologia dell’animo umano. Non si arrende, non si piange addosso, non accampa scuse, non indulge in uno sterile vittimismo, non scarica sugli altri i propri fallimenti. Zero autocommiserazione, nessun cedimento all’improduttiva retorica del “fato avverso” (per lui la fortuna è un concetto non contemplato), solo e sempre un obiettivo da raggiungere. Malgrado tutto e tutti. Insomma, buon compleanno Willy e grazie per averci insegnato fin da piccoli che non importa quanto tempo impeghi per centrare il traguardo, ciò che conta è perseguire coerentemente una meta, evitando ripensamenti, percorsi a zigzag, cambiamenti dell’ultim’ora.  Viene spontaneo pensare che il creatore dell’immortale cartone animato tenesse più al povero coyote che all'inarrivabile struzzo se è vero che in fase di definizione del personaggio, prima del debutto in “Fast and Furry-ous”, lo sfortunato protagonista veniva indicato come “Don Coyote” in riferimento a Don Quixote, omaggio a Don Chisciotte di Cervantes.

Lavato e stirato

Quelle di Willy il Coyote non sono semplicemente delle gag. Sono dei fulminanti vademecum sul modo di affrontare le avversità. “Anche se è un cacciatore che non dà tregua alla sua preda, la sfortuna che lo accompagna e i danni che subisce nel suo incessante inseguimento ne fanno uno dei personaggi più simpatici dei cartoni animati di tutti i tempi – riferisce l’Ansa-. E' Willy il Coyote, che da 70 anni dà la caccia a Beep Beep. Entrambi nati il 16 settembre del 1949 dalla matita di Chuck Jones, che disegnò il coyote e il velocissimo pennuto per la Warner Bros, appaiono insieme per la prima volta in un episodio dal titolo Fast and Furry-ous (Lavato e stirato)”.

Le ragioni per immedesimarsi

L’ambientazione dei cartoons riecheggia gli scenari aspri e pionieristici di epopee mitiche come “Alla conquista del west, solo che qui le incognite non provengono da assalti degli indiani Piedi Neri o di avventurieri senza scrupoli. No, qui la protagonista assoluta è la determinazione incrollabile del protagonista. “La trama è la stessa per ogni episodio della lunga serie fatta di 45 corti e un cortometraggio, e sempre lo spettatore si ritroverà a fare il tifo per lo sfortunato coyote – evidenzia l’Ansa-.Il suo acerrimo nemico è Road Runner, che molti hanno sempre pensato uno struzzo, un nandù, tanto che nei vecchi doppiaggi italiani e fumetti veniva chiamato Beep-beep lo struzzo corridore”. In realtà è ispirato ad un uccello dei deserti americani e appartenente alla famiglia dei cuculidi, comunemente chiamato Roadrunner (corridore della strada).

Sfida infinita

Come nel film “Duel”, capolavoro di Steven Spielberg, il sentiero conta più della meta. Willy il Coyote lavora incessantemente su se stesso. Ogni volta studia cosa non ha funzionato, cerca di capire dove ha sbagliato. “Le modalità di espressione dei due personaggi sono estremamente semplici- puntualizza l’Ansa-.Il Road Runner emette solo il suono “bii-bip”, mentre il coyote si esprime con cartelli estemporanei”. Una curiosità legata ai due personaggi è la storia, raccontata da Chuck Jones, di come decise di diventare disegnatore. Nella sua autobiografia Jones attribuisce la sua vena artistica agli insuccessi professionali di suo padre. “Uomo d'affari nella California degli anni '20, il padre del disegnatore iniziava ogni nuova impresa commerciale con l'acquisto di materiale di cancelleria e matite nuove con su impresso il nome della società che voleva lanciare- racconta l’Ansa-.Quando il business, inevitabilmente falliva, il padre portava a casa enormi pile di cancelleria e matite che distribuiva ai suoi figli, imponendo loro di utilizzare tutto il materiale il più velocemente possibile. Armati di una scorta infinita di carta e matite, i bambini disegnavano costantemente. E' per questo, secondo Jones, che lui e molti dei suoi fratelli intrapresero poi carriere artistiche”. 

Tentativi innumerevoli

Come la scrittrice Mariolina Venezia racconta nei suoi libri, esiste una generazione cresciuta con l’epos degli indimenticabili cartoni americani del dopoguerra statunitense. Un imprinting filosofico che ha lasciato nei baby boomers di mezzo modo l’etica dell’impegno e la capacità di sognare al di là di qualunque difficoltà. “Preda agognata da Willy il Coyote, Beep Beep si muove velocissimo e nonostante gli innumerevoli e sempre più ingegnosi tentativi di cattura da parte del coyote, riesce puntualmente a sfuggirgli, in modo anche irridente- evidenzia l’Ansa- Le sfide fra i due protagonisti si risolvono, quindi, sempre a favore dell'astuto pennuto dai colori sgargianti, e puntualmente il coyote cade vittima del suo stesso ingegno, finendo per subire incidenti seri a cui sopravvive solo semplicemente perché è un cartone animato”.

Se qualcosa va storto, insisti

Apparentemente Willy il Coyote è il prototipo dello sconfitto. In realtà è esattamente il contrario. Il perdente non si rialza, maledice il mondo e il prossimo, non fa nulla per cambiare se stesso. Straparla di rivoluzionare il mondo e di appianare le ingiustizie, ma non sa mutare le storture della propria indole. Willy il Coyote, al contrario, si rimbocca le maniche e ogni volta si rimette in piedi. Gli cade addosso un masso, finisce in fondo al burrone, sbatte contro una parete di roccia, eppure è sempre di nuovo al suo posto, prontissimo a rimettersi in gioco e a migliorarsi. Ubicate nelle gole della Monument Valley le trappole inventate da Willy Coyote per catturare Beep Beep, prevedono spesso strani arnesi tecnologici, regolarmente difettosi o d'uso impossibile, forniti dalla Acme Inc., azienda fittizia ideata dallo stesso Chuck Jones, che oltre a Willy Coyote fornisce le attrezzature anche tutti gli altri personaggi dei Looney Tunes.