Addio a Zeffirelli, l'ultimo saluto nel Duomo

In migliaia, tra chi è riuscito a essere dentro e chi invece è rimasto fuori, a Santa Maria del Fiore, per dare l'ultimo saluto al maestro Franco Zeffirelli. Un regista tra i più apprezzati, uno che alla città di Firenze, la sua città, aveva semrpe destinato un posto speciale, tra la passione per la sua storia e quella per la sua squadra, la Fiorentina. Se n'era andato in giro per il mondo per la sua attività dietro la macchina da presa ma le sue radici non le aveva mai dimenticate. Se così non fosse stato, non ci sarebbero migliaia di fiorentini a salutarlo per l'ultima volta e il comune non avrebbe concesso un onore così grande, quello di far officiare la sua cerimonia funebre all'interno del più importante luogo di culto della città, come accaduto a sole altre due persone prima di lui. Di fiori poco o niente: Zeffirelli aveva detto di non volerli ma di spendere quei soldi per fare delle donazioni alla Fondazione che porta il suo nome.

I funerali

Da Palazzo Vecchio, dove era allestita la camera ardente, al Duomo, un lungo applauso concluso da un minuto di silenzio hanno accompagnato il feretro nel breve viaggio. A celebrare la messa, l'arcivescovo mons. Giuseppe Betori, che officia la funzinoe aperta dal Requiem e proseguita fra la commozione e l'affetto dei suoi concittadini e di alcuni rappresentanti delle istituzioni (il sindaco Nardella, il governatore Rossi e il ministro dei Beni culturali Bonisoli) e del mondo della cultura e dello sport fiorentino, come il sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentino Cristiano Chiarot e l'ex bandiera della Fiorentina Giancarlo Antognoni.

L'omelia

Ma soprattutto tanta gente comune ha voluto partecipare ai suoi funerali, persone che hanno apprezzato magari i suoi film e il suo animo così ben radicato nella sua città: “Franco Zeffirelli – ha detto il cardinal Betori nella sua omelia – è stato un protagonista universale dell'arte e della missione che le è affidata. “La vita che porta con sé davanti al Signore è quella di un uomo di cultura, di un artista. Nell'espressione culturale e artistica la Chiesa riconosce una modalità alta della vocazione dell'uomo alla trascendenza e quindi un'esperienza che si intreccia con il cammino della fede. La Chiesa è grata agli artisti per come, attraverso le loro opere, l'uomo venga richiamato ai suoi interrogativi più profondi e indirizzato verso un oltre che lo svincoli dalle miserie del consumismo e dell'utilitarismo”.