Suicidio assistito di Dj Fabo: interrogato il radicale Cappato

Mentre la Camera si appresta a discutere il disegno di legge sulla Dichiarazione di trattamento anticipato, la cosiddetta Dat (o testamento biologico), prosegue l’inchiesta della Procura di Milano sulla vicenda del suicidio assistito, avvenuto in Svizzera, di Dj Fabo. Oggi è stato ascoltato nel Tribunale di Milano Marco Cappato, il leader radicale e tesoriere dell’associazione Coscioni. Al termine dell’interrogatorio condotto dal pm Tiziana Siciliano, che lo sta indagando per il reato di aiuto al suicidio nell’ambito dell’inchiesta scaturita dopo la morte di Fabiano Antoniani, Cappato ha dichiarato: “Posso solo confermare che io continuerò a svolgere l’azione che sto svolgendo anche per altre persone. Spero – ha aggiunto – che anche per i cittadini italiani possa essere affermato e riconosciuto il diritto a non subire come una tortura condizioni di vita a cui non vogliono essere sottoposti”. Dunque, ha concluso Cappato, “porterò altre persone in Svizzera“, ovvero la nazione dove Dj Fabo ha trovato l’assistenza per morire, consapevole dei rischi ai quali si sottoporrà in base alle leggi italiane: le conseguenze legali “erano chiare fin dall’inizio”, ha sottolineato Cappato che rischia una condanna dai 5 ai 12 anni.

Nel corso dell’interrogatorio, durato circa due ore e mezzo, Marco Cappato “ha confermato quanto già detto nelle dichiarazioni spontanee rese ai carabinieri, e cioè che ha aiutato dj Fabo a ottenere quello che desiderava”, ovvero “recarsi all’estero e accedere al suicidio assistito”, ha spiegato al termine dell’interrogatorio il suo legale, Filomena Gallo, che ha aggiunto di non voler entrare “nel merito del procedimento; l’inchiesta farà il suo corso”.

Il rischio, ancora una volta, è che si utilizzi lo strepitio intorno a un caso limite al quale i media fanno da cassa di risonanza per forzare la mano al legislatore, mentre sono numerosissime le testimonianze inascoltate di quanti, di fronte alla malattia e alla sofferenza, fanno scelte di segno opposto, nonostante l’indifferenza di uno Stato che anziché offrire assistenza e cure palliative per affrontare la morte nel modo più dignitoso e meno doloroso possibile, senza abbandonare nessuno, sembra voler imboccare la scorciatoia dell’eutanasia nelle sue varie forme.