Sparatoria tra sinti: 6 arresti

Risolto il rebus del regolamento di conti – con sparatoria in un parcheggio pubblico – tra famiglie di origine sinti avvenuto a Trento la sera del 4 novembre scorso.

Le indagini hanno portato a sei arresti e una settima persona è ricercata. Secondo quanto ricostruito dai militari, che sul posto hanno ritrovato bossoli di due diverse pistole semiautomatiche, una delle famiglie era arrivata su tre auto e aveva inveito contro un camper di un'altra famiglia, anche sparando, incurante dei passanti. Gli accertamenti avevano portato a individuare alcuni uomini già noti per reati contro il patrimonio. Non nuovi, tra l'altro, ad attriti con il gruppo familiare rivale. In carcere, tra Trentino, Veneto e Lombardia sono stati condotti tre uomini di 30, 35 e 36 anni, catturati al campo nomadi di Ravina di Trento, un giovane di 21 anni e un uomo di 47 anni, che erano a Soiano al Lago (Brescia), e un uomo di 33 anni trovato a Bressanone, in Alto Adige.

Sinti in Trentino

In Trentino i sinti e i rom sono circa 700, il 70% dei quali italiani, concentrati soprattutto nelle città di Trento e Rovereto. Nello specifico, riporta un censimento locale recente, a Trento sono attorno ai 400, di cui solo una quarantina di etnia rom che ciclicamente occupano l’area dell’ex Sloi: nuclei noti ai servizi sociali che si dedicano principalmente all’accattonaggio. 

“Sia chiaro – specifica l’assessora comunale alle politiche sociali Mariachiara Franzoia su giornaletrentino.it – che sono dati che abbiamo non dall’anagrafe, un censimento per etnia è vietato per legge, ma perché monitoriamo le presenze. Il campo di Ravina è supercontrollato e conosciamo nome e cognome anche di chi vive fuori dal campo, nelle aree abusive”. Le presenze al campo nomadi sono una settantina, metà sono minori. “La politica abitativa ha portato all’inserimento in casa della maggior parte dei sinti”, spiega l’assessora. “Chi ottiene un alloggio pubblico, così come i sussidi provinciali, lo ottiene senza canali privilegiati ma secondo quanto prevede la legge”, insiste Franzoia. “Occorre sfatare alcuni miti. Come quello che prendano aiuti per mandare i figli a scuola. Non è più così da molti anni”.