Sei anni al jihadista “della porta accanto”

Un bravo ragazzo con “il viso da bambino“, come raccontò la signora che lo aveva accolto in casa propria perché amico del figlio. Mouner El Aoual detto Mido, 29 anni, marocchino, è stato condannato a sei anni di carcere per terrorismo, a Torino, dal giudice Rosanna La Rosa. Il nerd che passava le giornate smanettando al computer era un simpatizzante dell'Isis. Di più. I suoi contatti di internet gli chiedevano pareri, consigli, istruzioni su come confezionare bombe e massacrare gli infedeli. E in segno di rispetto lo chiamavano Sheikh. “Mido” è in carcere da aprile. I carabinieri del Ros indagavano dai primi mesi del 2016: avevano trovato un profilo Facebook intestato a un tale “Salah deen”. Nel settembre dello stesso anno si aggiunse l'Fbi. Il monitoraggio di una chat molto frequentata sulla piattaforma Zello (gli iscritti erano 12 mila) aveva portato, infatti, alla scoperta dell'account “Ibndawla”, riconducibile a un'utenza torinese. El Aoual era stato un fantasma. Per nove anni è riuscito a vivere nella quasi clandestinità, a muoversi e comunicare senza lasciare tracce di sé, e persino a sottrarsi a un provvedimento di espulsione spiccato dopo un controllo dalla questura di Trieste nel 2012.

A Torino conquistò la fiducia di un'anziana vedova: “Dormiva fuori dalla moschea – raccontò la donna – e non aveva da mangiare. Mio figliò diventò suo amico, si intenerì e lo portò in casa da noi. Mi chiamava mamma”. Fra una spesa e una commissione, Mido trovava il tempo e il modo di autoproclamarsi – all'insaputa della sua nuova famiglia – portavoce ufficiale dello Stato islamico, di pubblicare notiziari, di applaudire agli attentati, di augurarsi che i nemici venissero uccisi “come branchi di mucche”. L'Fbi arrivò a sospettare che fosse direttamente coinvolto in qualche azione. Il pm Enrico Arnaldi di Balme, sulla scorta delle indagini dei Ros e degli accertamenti successivi, gli ha contestato l'attività di propaganda e di proselitismo: non solo l'apologia di reato, ma anche la “partecipazione all'organizzazione terroristica sovranazionale denominata Isis“.

“La sentenza – dice il difensore di Mido, l'avvocato Francesco Furnari – non ci soddisfa. Nonostante l'atteggiamento di grande apertura che ha manifestato anche con l'Fbi, il mio assistito non ha ottenuto le attenuanti generiche. Quanto alle accuse, lui si era limitato ad amministrare un canale web. Era salito di ruolo grazie a persone che erano riuscite a circuirlo e a motivarlo. Solo dopo l'arresto Mido si è reso conto di ciò che ha fatto. Ed è per questo che ha collaborato. Meritava di più. Ricorrerò in appello“.