Sea Watch, Rackete contro l'Ue: “Dove eravate? Mi avete lasciata sola”

Dove eravate quando chiedevo aiuto?”: una domanda lapidaria è quella che Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3, ha rivolto alla Commissione libertà civili dell'Europarlamento, che l'ha ascoltata nel giorno in cui si commemora la strage del 3 ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa morirono 368 migranti. Nell'intervento, la comandante tedesca ha sottolineato come il suo ingresso nel porto italiano sia stato dettato da “un'esigenza”, visto che l'unico approdo ad aver dato la sua disponibilità all'accoglienza fu quello libico.

Il caso

Nella notte del 29 giugno, Carola Rackete, comandante della nave Sea Watch 3, ha forzato il blocco del decreto sicurezza, che impediva a qualsiasi nave di attraccare sull'isola di Lampedusa, dopo tre giorni passati al largo e circa 17 da quando l'imbarcazione dell'Organizzazione non governativa Sea Watch, battente nave olandese, aveva a bordo circa 40 migranti soccorsi al largo delle coste libiche. La comandante è stata arrestata con diversi capi di imputazione, tra cui favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e resistenza contro una nave da guerra con rischio di naufragio per aver urtato una motovedetta della guardia costiera italiana. Dopo cinque giorni agli arresti domiciliari, Rackete è stata assolta, anche se i pm indagano per favoreggiamento all'immigrazione clandestina. 

“Mi sono ritrovata da sola”

“Il caso della Sea Watch ancora una volta ha fatto notare che gli Stati membri non sono disposti ad affrontare i tempi moderni. Non sono disposti a ridistribuire una nave con 53 persone” ha detto la comandante davanti alla Commissione, raccogliendo una standing ovation. Rackete non ha risparmiato un'invettiva dura all'Europa: “È stato una vergogna notare quest'atteggiamento dall'Europa, la culla dei diritti umani. Nonostante il parere delle persone, tutta una serie di istituzioni ha innalzato un muro. Io sono stata attaccata, mi sono ritrovata da sola” ha poi aggiunto, ricordando lo stigma che ha subito per aver deciso di non voler riportare i migranti a Tripoli, dove sarebbero ritornati nei centri di detenzione: “Con il decreto sicurezza venivo considerata una minaccia all'ordine pubblico. Ho ricevuto una serie di attenzioni solo dopo essere entrata in porto. Dove eravate quando abbiamo chiesto aiuto attraverso tutti i canali diplomatici e ufficiali?. Unica risposta ricevuta era stata quella di Tripoli. Ho dovuto entrare nel porto di Lampedusa non come atto di provocazione, ma per motivi di esigenza», ha aggiunto.

Contro il decreto sicurezza

Rackete non ha risparmiato un'invettiva al decreto sicurezza: “Credo chen sia stato delineato che le operazioni di ricerca e soccorso rientrano nel diritto internazionale – ha detto -. Non so come l’Italia abbia approvato una legge che non rispetta il diritto internazionale e del mare“. Ma dall'Italia, la comandante allarga lo spettro e ritorna ad accusare l'Europa: se, come affermato dal direttore della Commissione migranti, “la posizione della Ue è che la Libia non è porto sicuro“, allora perché “l'Unione europea ricorre sempre più all'esternalizzazione dei salvataggi con deleghe a Paesi in guerra come la Libia, violando le leggi internazionali”? Domande aperte, che scuotono la coscienza europea sul fenomeno migratorio e le insite contraddizioni nella gestione. Per la comandante, che ricorda: “abbiamo vissuto delle situazioni alienanti, abbiamo dovuto legare i corpi affinché non affondassero intorno a noi”, l'episodio di Lampedusa è stato quello peggio vissuto: “Ho visto persone lasciate sole in mare o riportate nella Libia da cui erano appena fuggite. Ma nessuna esperienza è stata pesante come Sea Watch 3 con a bordo i migranti per giorni che nessuno voleva” ha ammonito.

La strage del 3 ottobre 2013

L'audizione, voluta dalla Commissione libertà civili dell'Europarlamento, ha affrontato l'attuale sistema di accoglienza e ricollocamento, in attesa che vengano apposte delle modifiche al trattato di Dublino. La data scelta ha una sua valenza: il 3 ottobre 2013, infatti, 368 migranti morirono a poche miglia di distanza dall'isola dei conigli (Lampedusa). Si trattava per lo più di somali ed eritrei in fuga da guerra e fame. Nella notte, quando era tutto buio, si bloccarono i motori e alcuni decisero di accendere un falò di segnalazione. Fu fatale: i migranti impauriti si ammassarono su un lato, l'imbarcazione si sbilanciò, girò tre volte su se stessa per poi calare a picco. Nel giro di pochi istanti, il blu scuro del mar Mediterraneo si trasformò in un cimitero. I primi a intervenire furono i pescatori, in seguito i soccorsi aumentarono. Ma non riuscirono a impedire che il molo Favaloro, ancora irrorato da un caldo sole autunnale si trasformasse in una camera ardente a cielo aperto, ancora più straziante con gli orsetti, tanti, troppi, posti sulle piccole bare bianche.

Don Aldo: “Istituire la Giornata del Migrante Ignoto”

È per non dimenticare queste tragedie che don Aldo Buonaiuto, sacerdote dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, ha lanciato un petizione per istituire la Giornata del Migrante Ignoto: “Uno scopo importante, che mira alla restituzione della dignità a quanti, nella loro odissea verso una vita migliore, perdono la vita nel tentativo, portando le comunità del mondo occidentale a ridurre le loro esistenze a un mero numero, nel quale leggere solo quanti non ce l'hanno fatta” sostiene don Aldo. Una giornata della memoria “costituirebbe la testimonianza collettiva di una necessaria mobilitazione dei popoli e delle coscienze di fronte ad un'emergenza divenuta ormai contingenza quotidiana. Nessuno può fingere di non sapere che suo fratello svanisce nelle fauci della disperazione”.
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