SCUOLA, LA PROTESTA CORRE SU WHATSAPP

Non solo i jihadisti dell’Isis ma anche i docenti italiani utilizzano i social network per mandarsi messaggi e organizzare blitz; sarà che gli insegnanti ormai si sentono talmente in guerra, da mettere in piedi una sorta di “resistenza” con l’arma che gli è consentita: il dissenso. In queste ore si susseguono cinguettii su twitter e i post di facebook, ma è con whatsapp che il popolo delle aule si sta chiamando a raccolta contro la Buona Scuola di Renzi. Flash mob vengono pianificati a raffica (il prossimo sarà il 23 aprile a Formia, dove è previsto un happening a tema “lutto” con tanto di vestiti neri e ceri funebri) ma la chat viene usata soprattutto per pianificare la grande manifestazione del 5 maggio.

“5 maggio, sciopero generale di tutti i sindacati messi insieme, prima volta dopo tanti anni. Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals!!!!” Recita così l’incipit del messaggio che in queste ore sta girando in maniera virale sui telefonini di tantissimi maestri e maestre italiani. “Il 5 è giorno di invalsi – prosegue – martedì, data ottima per dare un forte segnale al governo. Questa riforma distrugge. Ora tocca a noi tirare fuori le palle, fare un sacrificio economico e scioperare in blocco!!! Anche e soprattutto se è un di test invalsi. Scioperare uniti senza paura!!!”. “E’ l’ultima chance – prosegue il messaggio via whatsapp – per far capire al governo e a Renzi che la sua non è una riforma. Distrugge libertà di insegnamento e democrazia!!! Troppi poteri al dirigente con libertà di licenziamento. Tutti gli insegnanti, anche chi è di ruolo, finiranno negli albi. Diciamo no e scioperiamo… Diffondi!!!”

A fronte di una protesta che si annuncia barricadera, il premier risponde così: “Nei prossimi giorni faremo una intensa di campagna di comunicazione su cosa prevede la riforma della scuola. Perché fa un po’ ridere scioperare contro governo che sta assumendo centomila insegnanti, che non sono tutti quelli che vorrebbero essere assunti, ma questo non è un mercato in cui chiunque vuole una cosa la ottiene. Diamo più soldi agli insegnanti con la carta sulla formazione, più soldi per l’edilizia scolastica. Ma in cambio di questo chiediamo qualche modifica al sistema organizzativo della scuola, con un po’ meno burocrazia”.

“Non mi si dica – ha detto ancora Renzi – che si fa sciopero contro il primo governo che elimina i precari dalla scuola. Se fanno sciopero contro di noi che abbiamo fatto queste cose, contro quelli di prima che non facevano niente, che fanno?”.

Tra le tante cose che gli insegnanti non digeriscono c’è l’annullamento dei riferimenti provinciali in favore di un allargamento a livello regionale. Il che, abbinato al fatto che il dirigente può chiedere il trasferimento di un docente in qualunque momento, potrebbe voler dire essere costretti a muoversi non per decine di chilometri bensì per centinaia. Una prospettiva che viene vista come una vera mannaia nei confronti di chiunque decidesse di esprimere un dissenso nei confronti del proprio dirigente scolastico, con buona pace della libertà di opinione e del confronto costruttivo nell’interesse degli alunni.

Contestate anche le cifre delle assunzioni. Dovevano essere 150 mila, poi 120mila, adesso saranno 100mila. Dentro tutti i vincitori di concorso e quelli inseriti nelle graduatorie a esaurimento che saranno inseriti nell’organico funzionale. Ma restano fuori gli idonei del concorso del 2012 e circa 23mila insegnanti della scuola dell’infanzia che saranno assorbiti dal 2016. Secondo i sindacati, poi, il governo non avrebbe ben chiaro quanto costi la riforma. L’aumento dell’organico dell’autonomia sarebbe infatti pari al 15% dell’attuale e costerebbe 5 miliardi, ossia molto più del miliardo stanziato.

La cosiddetta “chiamata diretta” non piace perché considerata “incompatibile con la Costituzione che prevede le assunzioni tramite concorso”. Nonostante i presidi siano vincolati a un albo pubblico che conterrà anche tutti i curricula, resta l’obiezione forte sull’eccessiva discrezionalità permessa ai dirigenti nella selezione. E c’è chi ventila possibili “clientelismi”.

Come suo costume Renzi non dialoga con i sindacati, ma spiega la propria “verità”. Il che contribuisce ad esasperare il confronto. Il 5 maggio a Roma sarà battaglia.