OMICIDIO MEREDITH: IL CASO TORNA IN CASSAZIONE

Torna per la seconda volta in Cassazione il processo contro Raffaele Sollecito e Amanda Knox per l’omicidio di Meredith Kercher. I consiglieri della suprema Corte saranno chiamati a decidere sui ricorsi dei due giovani contro le condanne emesse a 25 e 28 anni inflitte dalla Corte d’Assise d’appello di Firenze per il delitto di Perugia del primo novembre 2007. Sollecito sarà in aula mentre la Knox attenderà la sentenza a Seattle dove risiede. Entrambi si proclamano innocenti. Arrestati dalla polizia quattro giorni vennero condannati in primo grado e assolti in appello, nell’ottobre 2011, tornando liberi. Sentenza poi però annullata nel marzo 2013 dalla Cassazione che inviò gli atti a Firenze per questioni procedurali. Quindi la condanna nel capoluogo toscano e il nuovo ricorso ai supremi giudici che torneranno a pronunciarsi domani.

I familiari di Meredith si augurano che dopo oltre sette anni si “possa finalmente chiudere” la vicenda giudiziaria. Secondo i legali di Sollecito il ricorso presentato a piazza Cavour presenta 200 “tra sviste, lapsus ed errori grossolani” che sarebbero stati commessi dal giudice di secondo grado. Con esso gli avvocati chiedono l’annullamento della condanna subita dall’ingegnere pugliese. Il gravame si compone di 653 pagine e 144 allegati. E’ diviso per capitoli, dedicati a quelli che sono considerati gli errori dei giudici fiorentini che hanno inflitto 25 anni a Sollecito e 28 e sei mesi alla Knox. La difesa del giovane contesta la sentenza d’appello nella parte in cui sostiene la presenza di piu’ soggetti nella casa del delitto sulla base delle tracce di sangue evidenziate con il luminol dalla polizia scientifica. Secondo i difensori ci sarebbe però un documento successivo degli stessi investigatori che esclude invece i reperti ematici.

Per gli avvocati Bongiorno e Maori il collegio di secondo grado “si confonde” poi sull’impronta di scarpa insanguinata di Rudy Guede (che, giudicato con il rito abbreviato, sta scontando 16 anni di reclusione ormai definitivi) attribuita invece a un piede nudo della Knox. Si tratta della stessa traccia che venne ritenuta inizialmente delle calzature di Sollecito portando al suo arresto ma poi rivelatasi – “pacificamente” per i legali del giovane – dell’ivoriano. Ampio spazio nel ricorso è poi dedicato alla prova genetica. In particolare al Dna di Sollecito, secondo l’accusa, trovato sul gancetto del reggiseno della Kercher. “Della questione – si sostiene nel ricorso – si e’ occupato autonomamente il mondo scientifico, ritenendo inaffidabile quella traccia”. Al termine del ricorso la difesa di Sollecito chiede l’annullamento della condanna. In via principale senza rinvio, rendendolo cioe’ definitivo da subito, o in subordine rimandando il procedimento ad altri giudici per un nuovo esame