Omicidio di Garlasco, la Cassazione conferma la condanna a 16 anni per Alberto Stasi

Alberto Stasi non avrà un processo di appello ter: la Cassazione ha infatti giudicato inammissibile il ricorso straordinario presentato dai legali per la riapertura del caso e ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione a carico dell’ex studente bocconiano, accusato di aver ucciso la sua fidanzata, Chiara Poggi, all’interno della sua abitazione di Garlasco (Pavia), il 13 agosto 2007. E’ stata dunque ribadita la sentenza della Corte d’assise d’appello di Milano che, nel 2014, aveva condannato Stasi ribaltando le due precedenti sentenze di assoluzione. Una condanna confermata poi in Cassazione il 12 dicembre 2015. Per Stasi, detenuto ormai da 18 mesi nel carcere di Bollate, non ci sarà quindi la riapertura del processo sulla base di “un errore di fatto”, fattore richiesto per l’accettazione di un ricorso straordinario.

La richiesta della difesa

La difesa, rappresentata dall’avvocato Angelo Giarda, aveva presentato richiesta (firmata dallo stesso Stasi) di revisione della condanna in quanto la Cassazione sarebbe incorsa in “una svista nella lettura degli atti” in quanto non si sarebbe accorta che 19 persone, ascoltate nel primo grado di giudizio, non erano state risentite durante il processo d’appello. Un fattore che, secondo la difesa, avrebbe leso “il diritto ad un equo processo”. Alla richiesta, tuttavia, avevano fatto ferma opposizione sia il sostituto procuratore generale, Roberto Aniello, che i legali di parte civile (Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna) i quali, in primis, avevano affermato l’inammissibilità della richiesta dal punto di vista formale (il ricorso non è stato presentato personalmente dall’imputato) e, successivamente, evidenziato come la sentenza definitiva fosse fondata su dati probatori “acquisiti nel relativo giudizio, attraverso i quali i numerosi indizi già esistenti hanno finito per integrarsi, senza alcuna rivalutazione dell’attendibilità delle testimonianze già acquisite in fase di indagine o in primo grado”.

Stasi resta in carcere

Nessun errore quindi e, di conseguenza, ricorso straordinario respinto: nessuna delle 19 persone citate dalla difesa di Stasi, infatti, sarebbe risultata rilevante ai fini della sentenza che ha condannato l’accusato. Come dichiarato dalla Cassazione, “appare evidente che nel caso di specie la sentenza di condanna non si è fondata su alcuna rivalutazione contra reum di prove dichiarative”.