Le ombre sulla strage di Bologna

Dei vari capitoli non chiusi del libro di storia sui misteri d'Italia, ce n'è uno che da quasi quattro decenni avanza sempre di un passo verso la verità ma non è ancora in dirittura d’arrivo. Sono passati 39 anni dalla strage che causò 85 morti e 200 feriti nella stazione centrale di Bologna. Dai processi sono usciti condannati con sentenza definitiva come autori della strage tre membri dei Nuclei armati rivoluzionari, gruppo terroristico di estrema destra, e uomini dei servizi segreti come autori dei depistaggio delle indagini. In mezzo alle luci ormai acquisite ci sono diverse ombre. Ancora non è stato sciolto l’interrogativo sui mandanti di quel gesto omicida, tornano alla ribalta nuove ipotesi di ampi disegni che collegano più momenti bui della nostra Storia, escono nuove perizie e la politica chiede nuove indagini.

Nuova commissione d’inchiesta

L’ultima novità è una nuova commissione bilaterale d’inchiesta “di natura tecnica e non politica”, come fanno sapere i due parlamentari di Fratelli d'Italia, Federico Mollicone e Paola Frassinetti. La coppia di deputati avrebbe preso questa decisione dopo la visione degli atti della strage secretati e classificati e maturato la convinzione che la verità fosse un'altra da quella emersa fino ad oggi e che ha colpito l’eversione nera. Tanto da battezzare questa commissione “2 agosto. La verità, oltre il segreto della strage di Bologna”. Il suo compito, quello di indagare eventuali connessioni tra il terrorismo di casa nostra e quello internazionale. Un modo per far tornare d’attualità la cosiddetta “pista palestinese” che i magistrati hanno archiviato nel 2015. Compito della nuova commissione sarà quello di acquisire i documenti raccolti negli archivi di quelle Moro e Mitrokhin, investigando anche sul cosiddetto “lodo Moro”. Quest’ultimo sarebbe un accordo segreto stipulato a metà anni Settanta tra l’Italia e i combattenti palestinesi concedendo a loro di circolare sul nostro territorio nazionale a patto di non commettere attentati.

L’interruttore della discordia

Con qualche settimana di anticipo sui parlamentari di Fratelli d’Italia, un collegamento tra l’attentato di Bologna e il terrorismo di estrema sinistra era apparso in una perizia – la quarta in ordine di tempo – consegnata al presidente della Corte d’Assise di Bologna, Michele Leoni a fine giugno scorso, nel processo all'ex Gilberto Cavallini per concorso nell’attentato del 2 agosto. Un documento che per alcuni giorni aveva quasi ribaltato la scena, scagionando i terroristi di destra. Nel documento che avevano redatto i due periti, il geominerario esplosivista Danilo Coppe e il tenente colonnello Adolfo Gregori, c’era scritto che la composizione dell’esplosivo era diversa da quanto ritenuto finora nel processi dove sono stati condannati Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini. Soprattutto, era stato trovato a Prati di Caprara, un’area dove  sono state accumulate le macerie dell’esplosione, un interruttore elettrico simile a quello trovato alla sovversiva di sinistra Margot Christa  Frohlich nel 1982 a Fiumicino, indagata e poi archiviata insieme al compagno di militanza Thomas Kram quattro anni fa. Coppe, chiamato a riferire in aula della perizia, il 10 luglio scorso ha poi dichiarato che l’oggetto non era in realtà un interruttore ma una placca e il paragone con la Frohlich era sbagliato.

La strage e la memoria

Le cronache dell’epoca fanno sapere che era una mattina calda e afosa quella del 2 agosto 1980 a Bologna, ma alle 10:25 si è trasformata in un inferno. Una bomba, piazzata nella sala d’attesa di seconda classe della stazione, è esplosa distruggendo trenta metri di banchina del primo binario, investendo il treno Ancona-Chiasso che era lì in sosta e parcheggio dei taxi. I morti furono 85, tra cui la piccola Angela Fresu di appena 3 anni, e 200 i feriti. L’orologio della stazione è rimasto fermo all’ora della devastante detonazione. Il primo giugno 1981 grazie all’impegno di Torquato Secci, padre del 24enne Sergio morto nell'attentato, è nata l'Associazione dei familiari delle vittime della strage che ogni anno si reca a Bologna per ricordare quelle vite spezzate e chiedere giustizia. Nel frattempo si è fatta sentire la legge. Nel 1995 la Corte di Cassazione ha condannato all’ergastolo Francesca Mambro e Valerio Fioravanti come esecutori della strage, la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione per Luigi Ciavardini arriva invece nel 2007. Se la casella dei mandanti è ancora vuota, non si può dire lo stesso per gli autori di depistaggi. Per questo reato, sempre nel 1995, sono condannati definitivamente a 10 anni di carcere l’ex capo della loggia massonica P2 Licio Gelli e tre ex membri del Sismi, l'agente Francesco Pazienza e gli ufficiali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte.