La volontaria “nascosta con il niqab”

Passano i giorni e continuano a susseguirsi sempre nuovi dettagli sul rapimento di Silvia Romano, la volontaria italiana sequestrata ormai da oltre una settimana in Kenya da un gruppo di criminali locali. Le autorità kenyote, ormai da giorni, affermano che il cerchio si sta stringendo attorno ai rapitori e ulteriori testimonianze si susseguono, rivelando maggiori informazioni sulla dinamica del blitz nel villaggio di Chakama e sul comportamento dei sequestratori. Dopo il racconto di uno dei ragazzi assistiti da Silvia, il quale aveva riferito all'Ansa quanto accaduto nei frangenti fra l'irruzione e il rapimento, un'altra fonte kenyota ha riferito alla stessa agenzia che, subito dopo il rapimento, Silvia è stata costretta a indossare il niqab, il tradizionale velo islamico che copre interamente il corpo della donna, lasciando solo una fessura per gli occhi.

Niqab e fango sulle mani

Lo stratagemma, secondo il testimone, sarebbe servito “per non farla riconoscere” e, sempre a tale scopo, i rapitori avrebbero cosparso di fango le mani di Silvia e, successivamente, tagliato le trecce dei capelli. Queste ultime, peraltro, sono state ritrovate alcuni giorni fa nella foresta attorno a Malindi, più o meno il luogo in cui si sospetta che la ragazza sia tenuta in ostaggio. Stando alle fonti citate dall'Ansa, i rapitori avrebbero agito in questo modo “perché si trovano in una zona a prevalenza musulmana caratterizzata dalla presenza di tribù di origini somale, tra cui gli Orma a cui appartengono i sequestratori. Si tratta di comunità dedite alla pastorizia e all'agricoltura nelle quali il niqab è molto diffuso”.

Intelligence al lavoro

Nel frattempo, si accumulano ulteriori indizi che lascerebbero pensare in modo positivo circa la liberazione della ragazza anche se, al momento, non sono arrivate conferme ufficiali circa operazioni in atto. Secondo le poche informazioni fornite, l'ottimismo circa la fine della prigionia deriverebbe dalle presumibili condizioni di stremo dei rapitori, ormai da giorni nell'inospitale foresta di Malindi. A ogni modo, i militari del Kenya, coadiuvati dall'intelligence italiana, stanno cercando di accelerare i tempi per trarre in salvo Silvia e restituirla alla sua famiglia, tanto più che, secondo altre fonti, anche la via di fuga del fiume Tanta (che inizialmente alcuni media avevano ipotizzato come possibile percorso di sganciamento dei rapitori) sarebbe stata tagliata dai militari, disposti lungo il tratto del corso d'acqua vicino alla foresta.