Il presunto killer: “Non sono stato io”

Sono innocente”. Con queste parole si è difeso, respingendo tutte le accuse, Raffaele Rullo, il 35enne tecnico informatico fermato insieme a sua mamma per l'omicidio di Andrea La Rosa, l'ex calciatore e attuale direttore sportivo del Brugherio calcio scomparso da Milano il 14 novembre scorso. Andrea è stato trovato morto giovedì scorso, nel portabagai di un auto condotta dalla donna, la cinquantanovenne Antonietta Biancaniello. 

A ucciderlo, secondo le indagini dei carabinieri, sarebbero stati proprio lei e il figlio: avrebbero attirato la vittima in una trappola e l'avrebbero ammazzata con un fendente alla gola per non dovergli restituire 38mila euro che Andrea aveva prestato a Raffaele. L'ex calciatre e il presunto killer erano amici da un paio d'anni; a presentarli, proprio la fidanzata di Andrea, estranea alla vicenda.

La dinamica

Così, secondo la ricostruzione fatta su Milano Today, la sera del 14 novembre, dopo aver intascato gli ultimi ottomila euro del prestito mamma e figlio avrebbero prima narcotizzato l'ex calciatore poi soffocato e fatto un taglio alla gola. Secondo i piani, dovevano sciogliere il cadavere nell'acido. Ma l'acido non era sufficiente e avevano rinviato la procedura. Nel frattempo, il corpo di La Rosa, messo in un bidone di metallo sigillato, è rimasto per un mese in un'officina, ma l'odore nauseabondo hanno spinto l'ignaro proprietario del locale a chiedere ai due di portarlo via.

Così giovedì la mamma “diabilica” ha caricato il cadavere in auto ed è partita alla volta di Varedo, dove ad attenderla c'era Raffaele con ventiquattro litri di acido muriatico. I due volevano far sparire il corpo e, a tal fine, Raffaele aveva studiato il metodo su internet cercando la storia del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso e fatto sparire proprio in una vasca d'acido dal mafioso Giovanni Brusca nel 1996.

L'ammissione di colpa

 Fermata dai carabinieri col fusto e il corpo di Andrea in auto, dinanzi ai carabinieri – che stavano seguendo le mosse della coppia da settimane – la donna è rimasta impassibile ammettendo poi in caserma di aver fatto tutto da sola. Ma i militari e il pm Eugenio Fuasco non le hanno creduto.