I video choc di Manduria e le prime testimonianze

Nelle ultime ora sono emersi i primi particolari dell'inchiesta sulla tragedia di Manduria. Dove lo scorso 23 aprile è deceduto il 66enne con gravi disturbi psichici, Antonio Stano, che secondo la Procura di Taranto è stato ucciso per le violenze subite dalla baby gang che lo vessava ogni giorno e che faceva circolare su Whattsapp i video delle aggressioni. 


Video © Fanpage – Immagini Polizia di Stato 

 

Il contenuto delle chat

“Vagnu, i video di lu pacciu no li faciti vede a nisciunu perché sta giranu”, tradotto: “Ragazzi, i video del pazzo non li fate vedere a nessuno perché stanno girando“. E' uno dei messaggi della chat, “Comitiva degli orfanelli”, scritto da uno dei 14 indagati, l'8 aprile scorso. Un segnale chiaro, perché il gruppo aveva intuito che gli inquirenti si erano messi sulle loro tracce. La vittima, Antonio Cosimo Stano, era stata ricoverata da qualche giorno. Ma a far insospettire gli agenti della polizia è stato il fatto che Stano non usciva più di casa. Era obbligato a stare chiuso fra le mura domestiche per evitare rapine ed aggresisoni. “Stanno girando questi video. Casomai finiscono nelle mani sbagliate”, ha commentato un altro degli indagati. Poi un coetaneo esorta il gruppo a “non recarsi più dalla vittima”. Non per pentimento bensì per la paura di essere coinvolti nell'inchiesta. 

Le seganlazioni dei vicini

Sono stati i vicini a segnalare le aggressioni alle forze dell'ordine che sono intervenute per la prima volta il 14 marzo scorso ed una seconda il 5 aprile. Un'indagine complessa, quella coordinata dal procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, che in prima battuta mira ad accertare il numero di giovani coinvolti e di chi si è girato dall'altra parte, facendo finta di non vedere. I reati a vario titolo contestati sono tortura, danneggiamento, violazione di domicilio e sequestro di persona aggravati. La prima persona che ha rotto il muro dell'omertà è una ragazzina di 16 anni. Che la sera del 12 aprile, in compagnia della madre, si reca al commissariato della cittadina pugliese. “Ho cose importanti da dirvi” riferisce in maniera laconica ai poliziotti. Una scelta fatta per “amore” del suo fidanzato che lei presume essere invischiato in questa storia di violenza inaudita. Lui è stato appena convocato, infatti i due si incrociano nelle stanze del commissariato. “Lui piangeva e anche io mi sono commossa, gli ho chiesto se era coinvolto”, è quanto emerge dalla deposizione della 16enne. In seguito scoprirà che il suo ragazzo, uno dei due maggiorenni (G.L. e A.S.), è tra i 14 indagati.

La consegna dei video

Una ragazzina con forte senso della giustizia. Dopo aver ricevuto da un coetaneo i filmati di quanto accadeva ad Antonio Stano, la 16enne decide di consegnare tutto alla polizia. Non solo perché racconta tutto quello che sa, ma che perché con il suo fondamentale contributo squarcia il velo dell'indifferenza e dell'ipocrisia. Collabora attivamente con gli investigatori nella ricostruzione degli eventi delittuosi e degli identikit. Tra questi avrebbe riconosciuto il suo fidanzato. Per onor di cronaca occorre precisare, che oltre a questa ragazza e all'addetto della parrocchia, anche altre persone hanno cercato di attivare le indagini. Nelle carte della pubblica accusa si legge di “episodi di profonda e ingiustificata spietatezza” nei confronti di Antonio Stano. Secondo, il pool di magistrati composto da Carlo Maria Capristo, Pina Montanaro e Remo Epifani, ha subito un “trattamento inumano e degradante per la dignità della persona“. E ancora: “Percosse, aggressioni con mazze e bastoni, lesioni, sputi, derisione, offese, bestemmie, incursioni, danneggiamenti, razzie. Tutto ripreso tra le grida di scherno”

Le rivelazioni degli atti istruttori

“In una circostanza”, ha raccontato il 19enne, poi fermato dalla polizia, “Stano era sull'uscio di casa. Uno dei ragazzi gli ha sferrato un forte schiaffo sul volto e dei calci sulle gambe, mentre la vittima cercava invano di difendersi”. Ma c'è di più: “L'altro amico…anche lui sferrava uno schiaffo al volto e dei calci sulle gambe, nonché staccava un pezzo di tapparella della porta di casa e faceva finta di scagliarla sopra l'anziano”. “Durante l'accaduto – ha proseguito il 19enne – mentre io sostavo vicino alla mia auto, il mio amico…riprendeva l'accaduto col mio cellulare che mi aveva chiesto in precedenza in quanto di migliore qualità. Nel frattempo, io li invitavo ad andar via, ma non mi ascoltavano”. L'idagato ha riferito all'autorità giudiziaria anche un altro episodio. “Giunti sul posto, vi era già un altro gruppo di sei, sette ragazzi che io conosco soltanto di vista. Gli stessi nell'occasione stavano sferrando dei calci contro la porta di casa dell'anziano, spalancandola”. Così: “La vittima si affacciava pregandoci di andar via ma tutto il gruppo e tutti i ragazzi che erano già sul posto in precedenza, entravano nell'abitazione, rincorrendo l'anziano che cercava rifugio in casa. Io nel frattempo entravo in casa per vedere cosa stessero facendo i mie amici. (…) Notavo altri due ragazzi che al momento non ricordo chi fossero, percuotre violentemente l'anziana vittima con dei bastoni e scope trovate in casa. Con l'uomo che cercava di difendersi proteggendosi il volto con le braccia, gridando “aiuto aiuto”.