Ha ucciso l’uomo che voleva stuprarla: 26enne iraniana condannata a morte

Hai diciannove anni, un uomo tenta di abusare del tuo corpo. Provi a scansarlo, ad allontanarlo in maniera “gentile”. Ma lui insiste, ci mette la violenza e tu, per difenderti da quella che sarebbe la condanna di una vita, sferzi contro di lui l’unico mezzo che hai a disposizione: un coltello.
Reyhaneh Jabbari, 26enne iraniana, nel 2007 uccise a coltellate l’uomo che tentava di stuprarla. Venne immediatamente arrestata e anziché applicare al suo caso la legittima difesa, le autorità la costrinsero a confessare senza la presenza di un legale. Il prossimo 10 ottobre, dunque, come previsto dalla legge del taglione, per lei ci sarà l’esecuzione: verrà impiccata nei pressi nei Teheran di fronte alle urla della folla inferocita.
La madre di Reyhaneh ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché l’esecuzione sia fermata, e il monito è stato rilanciato anche dal sito Ihr, un’organizzazione per la difesa dei diritti umani in Iran. Anni fa, inoltre, alcuni artisti italiani si unirono per trovare i fondi e pagare il “dyeh”, il cosiddetto “prezzo di sangue” che il condannato deve alla famiglia della vittima se questa acconsente a commutare la pena capitale in detenzione.
La ragazza, nel 2007, uccise Morteza Abdolali Sarbandi, un dipendente del Ministero dei servizi segreti iraniano. La condanna a morte era prevista per questa mattina alle 5, ma le autorità l’hanno rimandata al prossimo mese.
Il presidente dell’associazione culturale Neda Day, Taher Djafarizad, ha ricevuto in questi giorni una telefonata dalla madre della ragazza, e chiede ora una mobilitazione internazionale per scongiurare l’esecuzione e puntare l’indice contro il presidente iraniano, Hassan Rohani. Djafarizad, infatti, afferma che “da quando l’attuale presidente è al potere, sono aumentate le esecuzioni. Lui non è un moderato: è sempre stato dentro l’apparato del regime e ha avuto un ruolo in tutte le pagine più nere della Repubblica Islamica”.