Fine vita, da oggi sarà possibile aiutare a morire

In casi come quello di Dj Fabo, l'aiuto al suicidio assistito sarà lecito. Lo hanno stabilito i giudici della Suprema Corte, nell'attesa sentenza arrivata sulla compatibilità con la Costituzione dell'articolo 580 del codice penale che punisce l'aiuto e l'istigazione al suicidio con la reclusione fino a 12 anni. In situazioni come quella di Fabiano Antoniani, deceduto in una clinica svizzera il 27 febbraio 2017 tramite la pratica del suicidio assistito, l'aiuto fornito non è punibile ai sensi del 580: in sostanza, qualora sussistano determinate condizioni, “chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Nel caso del dj, l'aiuto fu fornito dall'esponente dell'associazione Luca Coscioni Marco Cappato, che si autodenunciò.

Il comunicato

Secondo quanto spiegato dalla Corte Costituzionale, in attesa di un “indispensabile intervento del legislatore“, la Corte Costituzionale ha “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”. La Corte costituzionale ha previsto “specifiche condizioni e modalità procedimentali”, perchè l'aiuto al suicidio rientri nelle ipotesi non punibili, “per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell'ordinanza 207 del 2018″.

 

Il commento

“Condividiamo la vita come associazione Papa Giovanni XXIII da oltre 50 anni con tanti disabili gravissimi e come ci ha insegnato il nostro fondatore don Oreste Benzi, sperimentiamo che 'non c'è gioia più grande di sentire che tutti hanno una missione essenziale per l'umanità'”. Così don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità, commenta la sentenza della Consulta sul suicidio assistito. “Noi come Chiesa continuiamo a batterci affinché la morte non venga mai favorita, auspicata o agevolata. Ciò che va agevolata è una cultura della vita e non della morte. Va agevolato il desiderio di vivere dignitosamente aiutando i malati e sostenendo le famiglie. Papa Francesco ci ha spiegato il pericolo invece di questa 'cultura dello scarto' che tende invece ad eliminare sempre più facilmente chi è debole, chi costa di più allo Stato, chi diventa un incomodo. Auspico che tanti medici con l’obiezione di coscienza possano dare un forte segnale a tutela della vita a partire da quando è più fragile e vulnerabilità”.