Ergastolo a Stefano Binda per l'omicidio di Lidia

Dopo 31 anni e circa 4 ore di camera di consiglio, è arrivata la sentenza: a uccidere Lidia Macchi è stato Stefano Binda, ex compagno di scuola, unico imputato per questo delitto avvenuto nella provincia di Varese nel gennaio del 1987. Lo hanno deciso i giudici della Corte d'assise di Varese: quelle 29 coltellate furono inflitte alla studentessa proprio da Binda, il quale ha agito, secondo i magistrati, con l'aggravante della crudeltà ma senza quella dei motivi futili e abbietti. Questo, a ogni modo, non è bastato per evitargli una condanna all'ergastolo. Al momento della lettura della sentenza, l'uomo ha guardato il pubblico con aria di sbigottimento.

Dopo la sentenza

Il caso Macchi era stato riaperto nel 2014, circa 27 anni dopo la morte di Lidia, quando un giornale del luogo aveva pubblicato una poesia intitolata “In morte di un'amica” contenuta nel più ampio contesto di una lettera che, dopo essere apparsa sul quotidiano,  una conoscente della studentessa aveva riconosciuto essere presuntamente vergata dalla mano di Binda. Tanto bastò per convincere i giudici a riaprire il caso e riconsiderare tutte le posizioni procedendo, nel 2016, all'arresto di quello che è poi diventato l'unico imputato. “E' un giorno di sollievo – ha detto il pg Gemma Gualdi – perché finalmente è stata stabilità una verità processuale che corrisponde a quella storica”. Il sostituto pg Gemma Gualdi, dopo la condanna all'ergastolo di Binda, spiega che “è un giorno di dolore per tutti, famigliari della vittima ma anche per colpevole, ma è un affermazione dello Stato e di tutte le persone che hanno voluto la verità e che fanno parte di questo Stato”.

La famiglia: “Lidia non meritava di morire così”

“Da una parte sono contenta, dall'altra penso a una mamma che si trova con un figlio in una situazione così, io l'ho persa ma anche lei”. Questo il commento di Paola Bettoni, mamma di Lidia Macchi, poco dopo la lettura della sentenza in aula, apparendo visibilmente scossa: “Lidia non meritava un morte così”. Il legale della famiglia Macchi, Daniele Pizzi, ha invece spiegato che “aspettiamo la motivazione per capire che ricostruzione ha dato la Corte. Direi che resta la sofferenza di una persona che non c'è più e quella di una persona condannata al carcere a vita, sebbene in forma non definitiva. Però ritengo che questo momento fosse doveroso per Lidia”.