Condanna a due anni per Iaquinta

E'stato condannato a due anni Vincenzo Iaquinta, ex calciatore e campione del mondo con la maglia della Nazionale italiana. La sentenza è arrivata nell'ambito del processo di 'ndrangheta Aemilia e letta nel Tribunale di Reggio Emilia alla presenza dello stesso ex attaccante e di suo padre Giuseppe, condannato invece a 19 anni. Entrambi si sarebbero allontanati dall'Aula mentre la lettura del dispositivo era ancora in corso, in segno di protesta con quanto stabilito dai giudici. Inizialmente, per Iaquinta la richiesta della Direzione distrettuale antimafia era stata di sei anni. Nell'ambito del processo, sono state complessivamente lette 125 condanne su 148 imputati; 19 le assoluzioni, 4 le prescrizioni.

La rabbia

L'ex centravanti, protagonista degli anni 2000 con le maglie di Udinese, Juventus e Italia, si è poi sfogato con i cronisti all'uscita del Tribunale, ribadendo ancora una volta la sua estraneità ai fatti e, soprattutto, a qualsiasi relazione con la criminalità organizzata: “Il nome 'ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perché con la 'ndrangheta non c'entriamo niente”. E ha concluso: “Sto soffrendo come un cane, per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente”.

La vicenda

Il coinvolgimento dell'ex bomber azzurro nel processo Aemilia era arrivato a seguito dell'accusa di aver ceduto al padre Giuseppe, alcuni anni fa, le armi in suo possesso (un revolver Smith&Wesson e una pistola Kalt-tec, oltre ad alcuni proiettili, regolarmente denunciati dichiarando di detenere il tutto nel suo appartamento di Reggio Emilia). Al padre del giocatore, nel 2012, era stato vietato il possesso delle armi poiché sospettato di alcune frequentazioni con presunti affiliati alla 'ndrangheta. Nel 2015, il caso era finito nel fascicolo del processo Aemilia, il quale aveva poi svelato la presenza di alcuni rami di criminalità organizzata in Emilia.