Caso Cucchi, un teste: “Lo pestarono prima dell’udienza”

“Stefano Cucchi è morto di dolore perché il suo cuore non ha più retto”. E’ la testimonianza, fino ad ora inedita e di cui la parte civile ha chiesto l’acquisizione nel processo davanti alla corte d’assise d’appello, dell’avvocato Maria Tiso. La teste ha raccontato di essersi trovata per caso quella mattina nel corridoio che conduce all’aula 17 del palazzo di Giustizia e di aver visto il giovane, scortato dai carabinieri.

Una versione in contrasto dunque con la ricostruzione cronologica esposta dal sostituto procuratore generale Mario Remus, secondo il quale il pestaggio di Cucchi sarebbe avvenuto dopo l’udienza di convalida, che nella scorsa udienza, due settimane fa, ha chiesto la condanna di tutti gli imputati: dei medici Aldo Fierro (a 3 anni), Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo (a 2 anni ciascuno); degli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe (a un anno ciascuno), degli agenti della Penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici (a 2 anni ciascuno). In primo grado, erano stati condannati i 5 medici, più un sesto per falso in atto pubblico, e assolti i tre infermieri e i tre agenti di polizia penitenziaria.

”Ero in attesa di una collega – si legge nella lettera dell’avvocato Tiso al legale Anselmi – quando notai l’arrivo di un giovane in stato di arresto, di corporatura esile, con il volto estremamente arrossato e gonfio, come recante delle tumefazioni. Era come se sotto gli occhi avesse quelle che in gergo comune sono individuate come ‘borse’ gonfie e di un colore tendente al violaceo. Aveva un’aria di sicuro molto ‘provata’ – prosegue la penalista – mentre si dirigeva abbastanza lentamente verso l’aula di udienza, mostrava difficoltà nel camminare; appariva come irrigidito nella coordinazione della deambulazione e se non ricordo male, non sollevava del tutto i piedi da terra ma sembrava trascinarli in avanti ad ogni passo”.

Stefano Cucchi è morto per “un dolore costante e crescente dovuto a un pestaggio, non premeditato ma d’impeto, avvenuto sei giorni prima in una cella di sicurezza del tribunale poco prima del suo ingresso in aula per la convalida dell’arresto. E’ morto di tortura e senza che nessuno abbia accertato la causa esatta del decesso”, ha affermato l’avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile della famiglia Cucchi, nel processo davanti alla corte d’Assise d’appello cui ha chiesto di rinnovare il dibattimento con una nuova perizia perché quella recepita in primo grado presenta “evidenti contraddizioni logiche, di metodo e di valutazione”. Il penalista ha puntato il dito contro i tre agenti della polizia penitenziaria, assolti per insufficienza di prove dall’accusa di lesioni personali: “Mi ha colpito il silenzio assordante di questi tre imputati che non hanno mai indicato una verità alternativa a quella del pestaggio. Si sono sempre avvalsi della facoltà di non rispondere, come è loro diritto. Qualche difensore ha ipotizzato la possibilità di un coinvolgimento dei carabinieri nelle botte date a Cucchi ma solo per smontare le accuse mosse al proprio assistito”.

“In questo processo non ci sono pentiti. Ci sono solo tre imputati rimasti sempre zitti. Eppure loro c’erano quando Cucchi è stato portato in cella di sicurezza, loro c’erano quando il ragazzo chiedeva aiuto e forse rompeva le scatole per non andare in carcere. Loro erano presenti ma non hanno mai detto una parola”. L’avvocato Anselmo ha quindi criticato la sentenza di primo grado nella parte in cui, assolvendo i tre agenti, non ha escluso un ruolo dei carabinieri che arrestarono Cucchi anche se poi non è stata disposta la trasmissione degli atti alla procura: ” Cucchi è stato vittima di un pestaggio di Stato, posto in essere da pubblici ufficiali che rappresentano lo Stato. Possiamo accettare che lo Stato giochi alla sberla del soldato? Un responsabile deve essere individuato, perché Cucchi prima di quell’aggressione era in buone condizioni di salute”.