Ambulanza della morte: arrestato barelliere

Un barelliere di 42 anni, Davide Garofalo, è stato arrestato a Catania con l'accusa di essere uno dei killer dell'ambulanza della morte. Secondo la Procura etnea avrebbe inoculato con una siringa aria nelle vene di pazienti terminali, un uomo di 57 anni e due novantenni. La Procura nell'inchiesta sulle morti sospette ha sequestrato atti relativi ad una cinquantina di casi, le cui responsabilità si sono concentrate in dieci decessi. Tre quelli relativi alla presunta responsabilità di Garofalo al quale, oltre all'omicidio volontario aggravato dall'avere favorito la mafia, è stato contestato anche “l'avere agito con crudeltà verso le persone, di avere approfittato delle circostanze di tempo e di luogo tale da ostacolare la pubblica e privata difesa e di avere commesso il fatto con abuso di prestazione d'opera”.

Iniezioni letali

Secondo il procuratore aggiunto Francesco Puleio l'inchiesta “Ambulanza della morte” ha fatto emergere “comportamenti che hanno anticipato il decesso di persone gravemente malate, allo stato terminale, per profitto, per denaro, con disprezzo totale della vita umana e della dignità della persona”. Secondo quanto ricostruito dalla Procura dopo avere sentito le dichiarazioni di testimoni e dei parenti delle vittime, i malati sono stati uccisi durante il trasporto con ambulanza privata dall'ospedale (in prevalenza di Biancavilla) alla loro abitazione. Garofalo era presente sull'ambulanza in qualità di addetto ai trasporti. Per l'accusa, l'uomo iniettava aria nelle vene delle vittime, cagionandone la morte per embolia gassosa.

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Un affare per la mafia 

L'inchiesta sui malati terminali uccisi in ambulanza iniettando loro dell'aria nel sistema sanguigno e i loro corpi “venduti” per 300 euro a agenzie di onoranze funebri, è stata avviata meno di un anno fa dalla Procura della Repubblica dopo le dichiarazioni di un pentito che alla trasmissione “Le Iene” aveva raccontato del caso. Secondo il collaboratore di giustizia, le morti avvenivano durante il trasporto dall'ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012 all'insaputa dell'ospedale e dei medici. Subito dopo le rivelazioni, i carabinieri della compagnia di Paternò, su delega dei magistrati della Dda etnea, acquisirono cartelle cliniche nell'ospedale. Sempre secondo il pentito, “erano i boss a mettere gli uomini sull'ambulanza” e i “soldi andavano all'organizzazione”.