Al via il processo d’appello per l’omicidio di Sarah Scazzi

Dopo un processo durato ben 14 mesi, il 20 aprile 2013 la Corte di Assise di Taranto aveva condannato all’ergastolo Sabrina Misseri e Cosima Serrano, madre e figlia colpevoli dell’omicidio di Sarah Scazzi, la quindicenne di Avetrana – cugina di Sabrina e dunque nipote di Cosima – scomparsa il 26 agosto 2010 e ritrovata strangolata in un pozzo la notte tra il 6 e il 7 ottobre successivi.
Oggi, dopo aver trascorso quattro anni di reclusione, le due varcheranno nuovamente le porte di un’aula di giustizia di Taranto: è giunto il momento del processo d’appello.

In quella stessa aula entrerà da uomo libero anche Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima, colui che in tutto questo tempo è stato il centro di tutte le evoluzioni del caso Scazzi. In primo grado, la Corte di Assise di Taranto gli aveva inflitto otto anni di reclusione ritenendolo colpevole di concorso in soppressione di cadavere: fu lui infatti a confessare il delitto e a far ritrovare i resti dell’adolescente scomparsa, accusando pochi giorni dopo sua figlia come la reale autrice dell’omicidio.
Adesso, dopo anni, è ancora lui il fulcro della vicenda e delle indagini a essa connesse, anche se il giudizio di primo grado ha visto la condanna di altri nove imputati accusati di reati diversi. Tutti hanno fatto ricorso, ma l’unico per cui la corte d’Assise d’appello dichiarerà estinzione di reato sarà Cosimo Cosma, il nipote di Michele Misseri, morto ad aprile scorso per una grave malattia. Gli altri, quelli che oggi cercheranno di far valere le proprie ragioni di fronte ai giudici, sono Carmine Misseri, fratello di Michele, anche lui condannato a sei anni per concorso in soppressione di cadavere; l’ex avvocato di Sabrina, Vito Russo Jr, al quale sono stati inflitti due anni per favoreggiamento personale, e poi Giuseppe Nigro, Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano, condannati rispettivamente a un anno e quattro mesi e un anno di reclusione ciascuno.

Al processo assisteranno i famigliari di Sarah, come sua madre, Concetta Serrano, che assieme a sua sorella Cosima ha sempre respinto tutte le accuse. Ma soprattutto Sabrina non ha mai smesso di cercare di allontanare da sé l’accusa di aver nutrito gelosia nei confronti della cugina, invaghitasi come lei di un giovane del Paese, Ivano Russo, e di averla per questo uccisa in un gesto di fervore improvviso. Il 27 giugno scorso la Cassazione ha rifiutato la richiesta dei legali della 26enne di concederle almeno gli arresti domiciliari: “Sabrina – si legge nelle motivazioni dei giudici – ha una personalità portatrice di accentuata pericolosità a delitti, oltre una propensione ad ostacolare l’accertamento della verità”.