Zagà: “Per il contrasto al tabagismo occorre sviluppare una cultura della prevenzione”

In occasione della Giornata mondiale senza tabacco, Interris.it ha intervistato il medico pneumologo Vincenzo Zagà, già responsabile del Centro Antifumo dell’AUSL di Bologna e già presidente della Società italiana di tabaccologia (Sitab)

L'immagine a destra è di Cristian Guerrero su Unsplash

Smettere di fumare per il bene della salute, propria e degli altri, e dell’ambiente. Ogni anno nel mondo circa otto milioni di persone muoiono per motivi legati al fumo, che è in molti casi causa dell’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, di tumori e di malattie respiratorie. Oltre alle implicazioni negative  sulla condizione fisica degli esseri umani, l’Organizzazione mondiale della sanità evidenzia anche quelle sull’ambiente. Nel documento “Tobacco poisoning our planet” l’istituto delle Nazioni unite per la salute riporta che la produzione e il consumo di tabacco rilasciano ogni anno 80 milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’ambiente, l’equivalente equivalente di 17 milioni di auto a benzina. Ogni singola sigaretta, si legge nel rapporto, richiede l’utilizzo di circa 3,7 litri di acqua nel corso del suo ciclo di vita e annualmente circa 22 miliardi di tonnellate di acqua vengono utilizzate per la produzione di tabacco a livello globale. Una coltivazione responsabile di circa il 5% della deforestazione mondiale totale e che espone a rischi per la salute i coltivatori e le loro famiglie. Un contadino dedito a questa coltura su quattro risulta affetto da avvelenamento da nicotina a causa dell’assorbimento di questa sostanza attraverso la pelle, essendo inoltre esposto anche ai pesticidi chimici utilizzati in queste coltivazioni. Un coltivare può arrivare ad assorbire la quantità di nicotina contenuta in cinquanta sigarette.

La giornata

Il 31 maggio si celebra la Giornata mondiale senza tabacco, stabilita nel 1988 a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu della risoluzione che ne richiedeva l’istituzione.

L’intervista

In occasione di questa data, Interris.it ha intervistato il medico pneumologo Vincenzo Zagà, già responsabile del Centro antifumo dell’AUSL di Bologna e già presidente della Società italiana di tabaccologia (Sitab).

Quanti fumatori e fumatrici ci sono nel nostro Paese?

“Un’indagine del maggio 2022 sulle abitudini al consumo di tabacco e nicotina degli italiani realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in collaborazione con l’Istituto di ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’, ha rilevato che i fumatori sono 12,4 milioni, cioè il 24,2% della popolazione. Nel dettaglio, 7,5 milioni di uomini (30,2%) e 4,9 milioni di donne (18,5%). Questi valori devono essere letti con una certa attenzione e preoccupazione: le prevalenze di fumatori, che hanno visto una stagnazione per circa quindici anni, passano dal 22,0% del 2019 al 24,2% del 2022, facendo registrare un incremento dei fumatori pari a due punti percentuali, che significa circa 800mila fumatori in più. La prevalenza più alta di fumatori si registra nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 44 anni (42,9%) mentre le fumatrici vedono la prevalenza più alta nella fascia d’età 45-64 anni (24,5%). Il trend rilevato nel triennio 2017-2019 legato alla diminuzione delle fumatrici, inoltre, non è confermato: nel 2022, infatti, si assiste a un incremento nella percentuale dei fumatori in entrambi i sessi”.

Quali sono le patologie correlate al consumo di tabacco e quanti decessi sono attribuibili al fumo?

“La pandemia da tabacco coinvolge ogni anno nel mondo 1,3 miliardi di persone, più della metà di queste morirà per una patologia correlata al fumo. A livello globale il tabagismo è causa di oltre otto milioni di morti annui, di cui 1,2 milioni da fumo passivo a carico di non fumatori. Anche l’Italia paga un pesante tributo in vite umane con circa 80mila morti all’anno per patologie fumo-correlate, prevalentemente cardio-respiratorie. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la prevalenza del fumo di tabacco nel mondo è del 22% per la popolazione dai 14 anni in su a fronte del 78% di non fumatori. Purtroppo solo l’11% della popolazione mondiale è coperta da misure di controllo del tabacco, rappresentata dai Paesi che hanno adottato norme antifumo come aumento delle tasse sul tabacco e divieto di fumo a protezione dei non fumatori. Globalmente, secondo il Who Global Report, il 12% di tutte le morti negli adulti di 30 anni e oltre sono attribuibili al tabacco che interviene nel 5% di tutte le morti da malattie trasmissibili e nel 14% di tutte le morti da patologie non-trasmissibili. In queste ultime, il tabacco è responsabile per i decessi per tumore polmonare (71%), per bronchite cronica ostruttiva con enfisema (42%), per cardiopatia ischemica negli adulti di 30-44 anni (38%), per patologie dell’apparato respiratorio (36%), per tutte le morti per cancro (22%) e per tutte le malattie cardiovascolari (10%). Inoltre, il fumo di tabacco riduce la qualità di vita per patologie croniche, soprattutto respiratorie e cardiovascolari, e per tumori, soprattutto al polmone e alla vescica, e l’aspettativa di vita. Approssimativamente ogni sigaretta riduce la vita di undici minuti e il 50% dei fumatori avrà una vita più breve di 6,5 anni a causa del fumo di tabacco”.

Qual è l’impatto delle coltivazioni di tabacco e delle sigarette sull’ambiente?

“Il tema della Giornata mondiale senza tabacco di quest’anno è ‘Abbiamo bisogno di cibo, non di tabacco’. La campagna globale 2023 mira a sensibilizzare i coltivatori di tabacco sulle opportunità di produzione e commercializzazione di colture alternative e a indirizzarlo verso colture sostenibili e nutrienti. Inoltre, mira a denunciare gli atti di interferenza dell’industria del tabacco per ostacolare la sostituzione delle coltivazioni del tabacco con colture sostenibili. In tutto il mondo, ogni anno circa 3,5 milioni di ettari di terreno sono convertiti da colture destinate all’alimentazione alla coltivazione del tabacco e 200mila ettari l’anno sono deforestati per questa la coltura, per la quale cui sono utilizzati in maniera massiva pesticidi e fertilizzanti che contribuiscono al degrado del suolo e causano malattie negli agricoltori e nelle loro famiglie. Il tabacco inoltre impoverisce la fertilità del suolo e i terreni sono più inclini alla desertificazione. Gli eventuali profitti derivanti dal tabacco come coltura da reddito potrebbero non compensare i danni causati alla produzione alimentare sostenibile nei Paesi a basso e medio reddito, per cui è urgente adottare misure legali per ridurre la coltivazione del tabacco e aiutare gli agricoltori a passare alla produzione di colture alimentari alternative. I terreni utilizzati per la coltivazione del tabacco potrebbero essere invece utilizzati in modo più efficiente per raggiungere l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 2 delle Nazioni unite, l’azzeramento della fame nel mondo, e per permettere ai coltivatori di passare a produzioni alimentari che gli garantiscano una vita migliore”.

Si registra, secondo i  dati DOXA/ISS 2022, un trend in aumento per le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Come valuta l’entità di questo aumento e cosa sappiamo oggi sugli effetti dei nuovi prodotti?

“Per quanto riguarda l’utilizzo dei prodotti alternativi alla sigaretta tradizionale, l’indagine rileva che gli utilizzatori di sigaretta elettronica, sia occasionali che abituali, sono il 2,4% della popolazione, ovvero circa 1,2 milioni di persone. L’81,9% di chi usa la sigaretta elettronica è un fumatore, dunque un consumatore duale che fuma le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig. Il 2,8% dei fumatori (abituali o occasionali) di sigaretta elettronica sono invece persone che prima di utilizzare l’e-cig non avevano mai fumato sigarette tradizionali. Rispetto ai liquidi di ricarica, il 65,4% dei consumatori dichiara di utilizzare liquidi contenenti nicotina, mentre il 6% utilizza entrambe le tipologie. Per quanto riguarda l’utilizzo dei prodotti a tabacco riscaldato (htp) sono utilizzati, abitualmente o occasionalmente, dal 3,3% della popolazione italiana, circa 1,7 milioni di persone. Il loro consumo è triplicato passando dall’1,1% nel 2019 al 3,3% nel 2022. Relativamente alla percezione del rischio per la salute derivante dall’uso delle sigarette a tabacco riscaldato, si osserva che sebbene la maggioranza dei fumatori (52,2%) ritenga che esse siano dannose al pari delle sigarette tradizionali, il 36,6% ritiene che quest’ultima percezione si è maggiormente diffusa tra i fumatori rispetto a quanto rilevato nel 2019, quando tale convinzione riguardava il 25,3% dei fumatori. Ultimo fenomeno sul mercato sono le sigarette elettroniche usa-e-getta, cosiddette puff bar, molto diffuse fra i giovanissimi, che oltre a creare una generazione di dipendenti alla nicotina, pongono un problema anche ambientale per la loro dispersione. Tutti questi prodotti, pubblicizzati per una presunta riduzione del danno, non possono e non devono essere reclamizzati e accettati come uno strumento di sanità pubblica. Il vero obiettivo che deve avere il fumatore è smettere di fumare, l’unica misura che può salvare da una riduzione sia della qualità che dell’aspettativa di vita”.

La Nuova Zelanda è stato il primo paese a vietare la vendita di sigarette ai più giovani, in questo caso a tutti i nati dopo il 2009. A che punto siamo con le politiche antifumo in Italia e quanta strada c’è ancora da fare per arrivare a una generazione libera dal tabacco?

“Per quanto riguarda la legge antifumo entrata in vigore il 10 gennaio 2005, la cosiddetta legge Sirchia, a nostro avviso andrebbe aggiornata, includendo i nuovi prodotti del tabacco e di nicotina e allargando il divieto anche ai dehors all’aperto di bar e ristoranti. I centri antifumo (Caf) per la cura del tabagismo sono in forte sofferenza, con un calo del 43,6% a causa della mancanza di istituzionalizzazione e di programmazione, che non ha permesso la sostituzione dei pensionamenti che si sono avuti negli ultimi anni. Nel 2010 erano 396, poi sono drasticamente calati a 223 nel 2022. A mio avviso la competenza operativa su questi centri dovrebbe essere gestita dal Ministero della Salute tramite l’Istituto superiore di sanità. Per contrastare la dipendenza da tabacco e nicotina è importante sviluppare una cultura della prevenzione attraverso campagne di informazione e interventi mirati alla cessazione. In tale contesto, il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss da moltissimi anni realizza studi e ricerche basate sulle evidenze scientifiche, produce e diffonde linee guida e raccomandazioni, promuove sistemi di sorveglianza, propone la formazione per operatori socio-sanitari, facilita l’incontro della domanda dei cittadini e l’offerta di servizi sul territorio. C’è il Telefono verde contro il fumo (Tvf), un servizio nazionale anonimo e gratuito che da 23 anni si rivolge in particolare ai fumatori, per sostenerli nel percorso di cessazione, ai loro familiari e agli ex fumatori a rischio ricaduta. Dall’inizio della sua attività, il Tvf ha gestito 98mila telefonate di cui 8.500 nell’ultimo anno di attività (maggio 2021 – aprile 2022). L’utenza è rappresentata per i due terzi da uomini, mentre le telefonate sono distribuite in modo piuttosto omogeneo rispetto alle diverse classi d’età.  La richiesta principale è quella di ricevere aiuto per smettere di fumare (95%), anche in virtù di precedenti tentativi di cessazione risultati fallimentari. Nell’ultimo anno è raddoppiata la percentuale degli utenti che chiede informazioni sui prodotti di nuova generazione, dallo 0,6% nel 2021 all’1,1% nel 2022. A partire dal 2021, per potenziare l’efficacia del supporto alla cessazione, il servizio propone l’attività di counselling telefonico proattivo, con un calendario di appuntamenti telefonici concordati tra il consulente e il fumatore per l’accompagnamento in un percorso di cessazione o il supporto in caso una ricaduta. Inoltre, le società scientifiche, le istituzioni e gli esperti auspicano una maggiore attenzione da parte dei mass-media nel diffondere una corretta informazione sulle strategie di trattamento del tabagismo basate sull’evidenza scientifica, una sensibilizzazione sui danni da tabacco, l’incentivazione delle politiche di prevenzione, unica strategia per ridurre diffusione del tabacco in qualsiasi sua forma, e l’istituzionalizzazione formale dei Centri per il trattamento del tabagismo (Ctt) al pari di altri servizi per la cura di altre patologie come diabete, ipertensione e dislipidemie. Sulla scia della Nuova Zelanda, l’European network for smoking prevention (Ensp) ha lanciato una campagna cui partecipano i 27 Paesi dell’Unione europea, con l’obiettivo di creare un ambiente senza tabacco e la prima generazione europea libera dal tabacco entro il 2030. Per l’Italia patrocinatori attivi per la raccolta firme sono la Società italiana di tabaccologia (Sitab) e l’Istituto di ricerca ‘M. Negri’. Nel dettaglio, gli obiettivi sono promuovere la prima generazione europea libera dal tabacco entro il 2028, mettendo fine alla vendita di prodotti del tabacco o a base di nicotina ai cittadini nati dopo il 2010, creare una rete europea sia di spiagge e rive fluviali che di parchi nazionali liberi dal tabacco e da mozziconi, ampliare gli spazi in cui è vietato fumare sigarette o sigarette elettroniche, specialmente quelli frequentati dai minori, eliminare la pubblicità dei prodotti del tabacco e la loro presenza nelle produzioni audiovisive e sui social media, intervenendo in particolare sulla pubblicità occulta di influencer e da inserimento di prodotti, infine finanziare progetti di ricerca e sviluppo sulle malattie causate dal consumo di tabacco per migliorarne la prognosi e renderle curabili”.