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Violenza giovanile, le origini della rabbia e il ruolo dell’educazione

Negli ultimi tempi, come sottolineato dai recentissimi e drammatici fatti di cronaca, stiamo assistendo in misura sempre maggiore, ad una recrudescenza dei fenomeni di violenza che hanno come protagonisti adolescenti e giovanissimi. Tale fenomeno ha molteplici sfaccettature che, soprattutto dopo il periodo di isolamento forzato causato dalla pandemia, necessita di risposte articolate e interventi concreti in ottica preventiva. Interris.it, in merito alle cause del crescente disagio giovanile e alle possibili strategie risolutive da mettere in campo, ha intervistato il dott. Claudio Marcassoli, psichiatra e psicoterapeuta libero professionista, membro ordinario della Società italiana di Psichiatria, della Società italiana di Psicoterapia medica, della Società Italiana di Psichiatria Forense e della Società Italiana di Criminologia e della Società Italiana di Scienze Forensi.

Bullismo (@ Anemone123 da Pixabay)

L’intervista

Dott. Marcassoli, i recenti casi di cronaca hanno evidenziato una recrudescenza della violenza tra i giovanissimi. Quali possono essere le possibili cause di questo fenomeno?

“I casi di violenza tra minorenni, in misura sempre maggiore, nell’ultimo periodo, stanno scuotendo l’opinione pubblica. Un dato deve farci riflettere: secondo le statistiche diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi mentali stanno subendo un drammatico incremento e si stima che, nel mondo, ne soffre una percentuale variabile tra il 10% e il 20% dei giovanissimi, le cui prime manifestazioni hanno luogo prima dei quattordici anni di età. Le cause del malessere giovanile che, in alcuni casi, può sfociare in violenza, sono molteplici. Negli anni recenti, il mondo, a causa di diversi fattori, è cambiato molto velocemente e, con l’avvento dell’uso massivo dei social e della rete, una serie di riferimenti, nella società, nella famiglia e nella scuola, sono venuti meno molto velocemente. A questo si somma il maggiore utilizzo di sostanze stupefacenti tra i più giovani: si pensi che, nel solo 2023, il 23% degli studenti minorenni italiani, ha utilizzato almeno una droga. La più utilizzata rimane la cannabis insieme i suoi derivati, la quale è di facile reperimento, provoca danni gravissimi allo sviluppo ed è erroneamente definita una ‘droga leggera’. Ciò ha causato una maggiore ansia sociale corredata a una fatica nel riconoscimento delle autorità e nel confronto con il gruppo dei pari.”

Foto di KNFind da Pixabay

Quali possono essere le conseguenze e i fattori di rischio di ciò che ha descritto?

“Negli anni abbiamo assistito ad un progressivo incremento dei fenomeni di bullismo, cyberbullismo, atti autolesionistici e violenze contro gli altri, compresi i familiari. I fattori di rischio che possono concorrere ad aumentare il livello di aggressività dei giovanissimi sono molteplici, basti pensare al crescente isolamento, ai fallimenti scolastici, al rifiuto da parte dei pari, oppure allo scarso controllo genitoriale e alla mancanza di ispirazioni future”.

In che modo, le famiglie e le istituzioni educative nel loro complesso, possono agire per arginare questi fenomeni e supportare i giovanissimi nel processo di crescita?

“Le istituzioni educative, partendo dalle famiglie fino ad arrivare alle scuole, devono formare un’alleanza per favorire il processo di crescita delle giovani generazioni e allontanare lo spettro della violenza. Occorre anche adottare politiche adeguate a infrenare l’utilizzo di sostanze stupefacenti nonché incentivare e valorizzare un uso responsabile delle nuove tecnologie e dei social network i quali, senza una formazione e una consapevolezza adeguata, si possono trasformare in uno strumento in grado di diffondere messaggi dirompenti e deformare la realtà. Dobbiamo fermare quella che si potrebbe definire ‘banalizzazione del male’ attraverso una prevenzione di carattere universale. Le famiglie e le reti amicali però, se colgono segnali di disagio, anche minimi, è necessario rivolgersi senza indugio ai servizi sociali e sanitari territoriali.”

Christian Cabello

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