Coronavirus, un milione di nuovi poveri in Italia

Corsi universitari per "manager della solidarietà", nuovi servizi degli enti no profit, indagini della Banca d'Italia, appelli delle forze politiche. Ecco la mobilitazione sociale per gli impoveriti dalla pandemia

Gli effetti devastanti del Covid hanno reso vulnerabile una nuova categoria di persone, fino ad oggi fuori dai radar dell’aiuto tradizionale e istituzionale. Con drammatiche disparità tra le regioni, come rilevato ieri anche dal Rapporto Osservasalute. In Italia un milione di persone non riesce più a provvedere agli acquisti di cibo e beni di prima necessità. Si tratta di famiglie numerose, anziani soli, giovani precari, lavoratori di settori gravemente penalizzati dalla crisi. Centinaia di migliaia di “impoveriti dalla pandemia” si sono rivolti per la prima volta alle mense assistenziali, così come sono aumentati del 30% (fonte Affide) gli italiani che si sono messi in fila al Monte dei Pegni per ottenere liquidità vincolando oro, gioielli e altri valori che avevano in casa. Un fenomeno che riguarda fasce sociali che mai prima della pandemia avevano chiesto aiuto a strutture caritative.

Solidarietà

Mobilitazione sociale

Sono le famiglie povere l’urgenza sociale dell’Italia post-Covid. Durante l’emergenza sanitaria sono raddoppiati i nuovi poveri (fonte Caritas). Corsi universitari per “manager della solidarietà”, nuovi servizi degli enti no profit, indagini della Banca d’Italia, appelli delle forze politiche. Ecco la mobilitazione sociale per gli impoveriti dalla pandemia.  “Gli effetti dell’emergenza sanitaria colpiscono in primo luogo i senza fissa dimora e coloro che vivono tutto l’anno situazioni di fragilità, ma in pandamia ci arrivano molte richieste di aiuto anche da persone e nuclei prevalentemente monogenitoriali che finora erano sempre riusciti ad affrontare da soli le difficoltà e che, prima del lockdown, riuscivano in qualche modo a restare in linea di galleggiamento senza dover ricorrere al sostegno di realtà assistenziali– evidenzia a Interris.it Lidia Borzì, presidente delle Acli di Roma – Un sos che accomuna piccoli negozianti ridotti sul lastrico dall’emergenza sanitaria, ai lavoratori a giornata, agli occupati in nero, a badanti e persone che prestavano servizio nelle case. Non ce la fanno a dare da mangiare ai figli e per la prima volta in vita loro chiedono aiuto ad associazioni di volontariato ed enti caritativi”.

Ausilio

Per questo, sottolinea Borzì, “abbiamo messo in piedi un centralino di segretariato sociale al quale arrivano in continuazione richieste di ausilio da parte di fasce sociali che finora erano sempre riuscite a cavarsela da sole”. In due mesi di lockdown sono raddoppiati gli utenti dei Centri di ascolto e dei servizi delle 218 Caritas diocesane rispetto al periodo pre-emergenza. Dalla Comunità di Sant’Egidio a Pane Quotidiano, tutti gli enti benefici registrano le novità negli interventi e l’impatto del Covid-19 sulla creazione di nuove categorie di poveri.  “Tra loro ci sono molti lavoratori abusivi e in nero: si tratta di centinaia di migliaia di situazioni di lavoro “cattivo”, cioè non regolamentato. Sono stati i primi a subire le conseguenze del lockdown e gli iniziali provvedimenti di sostegno del governo non li ha intercettati perché ufficialmente loro non esistono, sono dei “sans papiers” e come tali non hanno accesso ad alcuna forma di aiuto pubblico”, evidenzia a Interris.it il sociologo Francesco Belletti  docente di Politica sociale e Sociologia della famiglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del  Cisf (Centro internazionale studi famiglia).E’ cresciuta la richiesta di beni di prima necessità, cibo, viveri e pasti a domicilio, empori solidali, mense, vestiario, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Nei centri Caritas è aumentato anche il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro. 

Reddito universale

“Solo ora si inizia a parlare di reddito universale e di copertura a prescindere dal lavoro svolto– sostiene il professor Belletti-. Finora le misure varate dall’esecutivo hanno riguardato solo la cassa integrazione e le partite Iva. Invece chi è fuori dal recinto del lavoro regolamentato, non ha avuto niente pur essendo la fascia sociale più colpita dagli effetti della pandemia”. Di fronte al mutare dei bisogni e delle richieste, sono cambiati anche servizi e interventi. Nei servizi di ascolto e accompagnamento vi sono stati in lockdown oltre 30 mila contatti telefonici registrati o anche in presenza negli ospedali e nelle Rsa. Sono stati avviati supporti psicologici e iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza; gli interventi a sostegno delle piccole imprese, la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti a 350 mila  persone. Tra i servizi Caritas già presenti e potenziati, la fornitura di pasti da asporto e consegne a domicilio a 60 mila persone, le attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi costretti alla stanzialità. l’accompagnamento all’esperienza del lutto. Le Caritas hanno acquistato farmaci e prodotti sanitari; sono state rimodulate, trasformandole da centri diurni e centri di accoglienza, più di 64 strutture per oltre 1.200 posti in 42 diocesi per l’accoglienza aggiuntiva di persone senza dimora, oltre all’ospitalità residenziale ordinaria.

Sopravvivenza

“C’è un’Italia che sopravviveva di lavoro in nero e sommerso: centinaia di migliaia di lavoratori dietro ai quali ci sono altrettante famiglie attaccate con le unghie e con i denti a piccole opportunità.- spiega Belletti. Sono i primi che in due mesi di pandemia hanno riempito le mense della Caritas e i centri di ascolto delle realtà di solidarietà mai così mobilitate come durante il lockdown. Sono persone che finora erano sempre riuscite ad affrontare da soli le difficoltà e che, prima della chiusura per pandemia, riuscivano in qualche modo a restare in linea di galleggiamento senza dover ricorre al sostegno di strutture assistenziali”. Nel 60% delle Caritas sono aumentati i volontari under 34, impegnati nelle attività e nei servizi, che hanno consentito di far fronte al calo degli over 65 rimasti inattivi per motivi precauzionali. Belletti richiama l’attenzione su “un’area di notevole fragilità, molto estesa ma poco conosciuta: sono persone e famiglie che vivono di lavoro nero, senza protezioni, in una condizione di totale precarietà lavorativa e di strutturale insicurezza esistenziale. Sono gli invisibili che fanno fatica a rappresentarsi e a trovare un portavoce delle loro istanze”.

Manager della solidarietà

Lavorare nella cooperazione internazionale con competenza. Un obiettivo che per gli aspiranti giovani cooperanti unisce motivazioni etiche per l’affermazione di diritti umani e sociali a competenza professionale per realizzare progetti efficaci per lo sviluppo locale e contro la povertà. Sullo sfondo nel contesto internazionale, l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu che impegna gli Stati ad azioni comuni e politiche adeguate. La formazione degli operatori è uno dei punti di forza di questo percorso, imprescindibile per interventi efficaci. Con queste finalità, e per chi è interessato a trasformare il proprio impegno in una carriera nella cooperazione internazionale, è online il bando per accedere al Master universitario di secondo livello in Cooperazione e Sviluppo all’Università di Pavia per l’anno 2020/2021. Il corso di studi, alla 24° edizione, si svolge presso l’Università di Pavia e l’Almo Collegio Borromeo, in partnership con tre Ong italiane: Cisp, Coopi, Vis. Le lezioni inizieranno il prossimo novembre per la parte didattica; seguirà un tirocinio sul campo (in Italia o all’estero) da luglio 2021 della durata da tre a sei mesi. Il Master, aperto a 30 studenti italiani e stranieri, si svolge in lingua inglese e offre una formazione accademica e pratica di alta qualità per diventare professionisti nella cooperazione internazionale. Il piano di studi, riferisce Adnkronos, affronta gli aspetti economici, sociali e gestionali relativi alla materia. ”Questo Master, che nel 1997 ha fatto da apripista in Italia– commenta Maura Viezzoli, presidente del Cisp (Comitato Internazionale per lo sviluppo dei Popoli) – ha avuto la capacità di aggiornarsi rispetto ai grandi cambiamenti in atto nello scenario internazionale. Anche in questo senso, l’alleanza fra mondo accademico e mondo delle Ong, tra accademia e organizzazioni che lavorano sul campo nei paesi, si è confermata fondamentale. Contributo fondamentale alla formazione degli studenti è in particolare lo stage sul campo che permette loro di confrontarsi con i problemi in concreto e di conoscere i paesi e i partner locali. Non è un caso che circa l’80% dei giovani che esce dal nostro Master riesce a inserirsi nel settore per cui hanno studiato”. Prosegue Viezzoli: ”Per noi organizzazioni della società civile è prioritario fare affidamento su operatori adeguatamente formati, che uniscano una forte spinta motivazionale con teoria e strumenti operativi. Non ci si improvvisa cooperanti se si vuole fare bene questo lavoro. Si tratta di veri e propri professionisti in grado di lavorare con i partner locali per identificare i problemi e realizzare i programmi che li possano affrontare, possedere competenze amministrative e di sviluppo sociale, di relazione ed interscambio, conoscenze dei luoghi in cui operano, abilità di tipo diplomatico. Abbiamo di fronte sfide molto impegnative, emergenze che non tollerano improvvisazione. La recente pandemia lo ha insegnato come anche le riflessioni sulla sicurezza degli operatori. Tutto ciò ha come punto di partenza la consapevolezza delle complessità da affrontare, per cui servono competenza all’altezza”. Il termine per presentare domanda di iscrizione al master è il 30 giugno 2020. Sono previsti incentivi economici e borse di studio per studenti svantaggiati e meritevoli di ogni nazionalità. Per informazioni sul Master http://www.cooperationdevelopment.org .

Sos nuclei indigenti

“Ci sono diecimila famiglie romane che non hanno ricevuto il bonus spesa e vivono, nella maggior parte, nelle periferie. In un paese normale le istituzioni dovrebbero dare spiegazioni. Dal Campidoglio invece è partito il solito balletto dello scarico di responsabilità. A sentire la sindaca Virginia Raggi è sempre colpa degli altri”, avverte il senatore Maurizio Gasparri, commissario di Forza Italia per Roma Capitale. “Ormai i romani conoscono a memoria il mantra grillino recitato puntualmente dalla sindaca. Il fatto è che quei fondi sono destinati per l’acquisto di generi alimentari e farmaci e, chi li attende da mesi, è ancora in attesa dell’assegno della cassa integrazione- prosegue Gasparri- Insomma, quel bonus serve per sopravvivere, perciò ricordiamo alla sindaca e alla sua maggioranza che il nuovo livello di povertà sta conducendo le famiglie nella morsa degli usurai. E qualsiasi ritardo o mancato controllo delle procedure, risulta essere un’inefficienza che fa dilagare il malaffare e la disperazione. Finora abbiamo sentito solo proclami, promesse puntualmente non mantenute e tante chiacchiere. C’è chi fa fatica a resistere, e non può più attendere. Occorre fare in fretta per riparare i danni prodotti dall’ amministrazione. Per questo c’è bisogno di menti capaci. La Raggi si faccia da parte, compia almeno questo gesto di rispetto verso la città”.

Crollo dei consumi

L’emergenza sanitaria ha accentuato il disagio economico e sociale delle famiglie siciliane. Nell’anno appena trascorso la crescita del reddito disponibile dei nuclei familiari nell’isola è rimasta modesta e quella dei consumi si è praticamente interrotta. Il numero di individui che vivono in famiglie senza alcun reddito da lavoro è ancora elevato, attestandosi a valori più che doppi rispetto all’Italia (22,3 per cento a fronte del 9,9 per cento). Il dato è contenuto nel report sull’economia siciliana elaborato dalla sede di Palermo della Banca d’Italia. “La regione continua a caratterizzarsi per un livello di reddito inferiore alla media italiana e per una più ampia disparità nella sua distribuzione – documenta Bankitalia-. La disuguaglianza dei redditi da lavoro, aumentata a seguito delle precedenti crisi, rimane elevata a causa del persistere di una maggiore incidenza di nuclei attivi senza reddito da lavoro”.  In base ai dati Istat più recenti, relativi al 2018, in Sicilia la quota di famiglie in povertà assoluta, ossia con una spesa mensile inferiore a quella necessaria per mantenere uno standard di vita minimo considerato accettabile, era pari a circa il 12 per cento, dato superiore alla media dell’Italia (7%).

In povertà assoluta

“La quota di famiglie in povertà assoluta rischia di aumentare ulteriormente a seguito degli impatti dell’emergenza sanitaria“, puntualizza Banca d’Italia, spiegando che “accanto a quello economico persistono ampi divari in ambito sociale e ambientale non colmati negli ultimi 10 anni“. Dal punto di vista finanziario le famiglie siciliane, però, sembrano essere più resistenti alla congiuntura sfavorevole rispetto ai precedenti episodi di crisi. Attesta il rapporto Bankitalia: “Alla fine del primo trimestre del 2020 i depositi bancari, che rappresentano la parte prevalente del risparmio sono ancora cresciuti, mentre si è registrato un forte calo del valore dei titoli a custodia detenuti dai risparmiatori, per le tensioni sui mercati innescate dal diffondersi della pandemia. La vulnerabilità finanziaria delle famiglie, misurata dal rapporto tra debiti e reddito disponibile, si è ridotta nell’ultimo decennio, portandosi su livelli inferiori a quelli medi nazionali”.

Lo “sciopero degli invisibili”

Aiuti a domicilio

Latte, olio, pomodoro, pasta, ma anche detersivi, dentifrici e prodotti per l’igiene personale e della casa: partono così le consegne di Emergency per il progetto “Nessuno escluso. Neanche chi è ora in difficoltà”, un servizio che prevede la distribuzione gratuita di pacchi alimentari e beni di prima necessità per far fronte alle nuove povertà causate dalla pandemia. Il sostegno di “Nessuno escluso. Neanche chi è ora in difficoltà” sarà destinato a circa 4 mila nuclei familiari in difficoltà economica tra Roma e Milano. Ogni famiglia riceverà settimanalmente un pacco alimentare secondo il numero di componenti, a cui si aggiungeranno altre due spedizioni, una volta al mese, una con prodotti per la pulizia della casa e una per l’igiene personale. Inoltre verranno preparati pacchi speciali per bambini, anziani, celiaci, vegetariani e altri bisogni specifici che si dovessero riscontrare. “Secondo una recente analisi, oltre 1 milione di persone non riesce più a provvedere agli acquisti di cibo e beni di prima necessità – osserva Rossella Miccio, presidente di Emergency-. Siamo di fronte ad un’emergenza sociale senza precedenti. Abbiamo, quindi, deciso di promuovere un nuovo intervento che va oltre il nostro ambito sanitario per aiutare queste persone a far fronte ai propri bisogni in maniera dignitosa, diffondendo un messaggio di solidarietà“. Nel progetto saranno coinvolti 600 volontari di Emergency in collaborazione con i volontari di associazioni locali presenti nelle due città. I volontari si muoveranno in coppia e avranno un badge identificativo di riconoscimento. Tutti hanno ricevuto una specifica formazione per minimizzare il rischio di contagio per loro e per le persone assistite. “Durante la Fase uno, Emergency aveva già organizzato in alcune città una rete di consegna di beni di prima necessità a persone in quarantena, malate e over 65 e ha individuato una serie di famiglie per cui l’epidemia non ha rappresentato solo un rischio o un danno alla salute, ma soprattutto un colpo alle proprie capacità di sopravvivenza – precisa Marco Latrecchina, responsabile del progetto. Nella sola Milano, grazie alla collaborazione con le Brigate Volontarie per l’emergenza, 400 volontari hanno consegnato più di 4 mila pasti pronti alle fasce più vulnerabili della popolazione, oltre 6 mila spese alimentari e 100 mila mascherine del comune. Contiamo di proseguire per arrivare a tutti coloro che sono in difficoltà”.

Sos Puglia

 Il 20% delle famiglie pugliesi è uno stato di “povertà relativa”, cioè con una spesa inferiore alla metà della spesa media nazionale, secondo il rapporto “L’economia della Puglia” 2020 presentato nella sede di Bari di Banca Italia dal direttore Pietro Sambati. Nel 2019 il reddito pro-capite è di circa 14.300 euro, due terzi della media nazionale. Nel 2019 c’è stata una crescita del reddito delle famiglie e dei consumi definita “modesta” da Bankitalia, rispettivamente dell’1% e dello 0,4%. Nei primi mesi del 2020 i nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza sono aumentati di 9 mila unità, passando da 102 mila a 111 mila. La ricchezza netta delle famiglie pugliesi ammonta a circa 95 mila euro pro-capite. Gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono sentiti anche sul mercato del lavoro. Nel 2019, secondo i dati Bankitalia, l’occupazione in Puglia era cresciuta ulteriormente dell’1,2%, meglio del resto del Sud (+0,2%) e della media nazionale, +0,6%. La Puglia ha recuperato 90 mila dei 135 mila posti di lavoro persi dal 2008, ma l’emergenza Covid-19 “sta avendo significative ripercussioni sul mercato del lavoro“. La quota di occupati nei settori sospesi è stata del 31%, a marzo il flusso di nuove assunzioni nel settore privato non agricolo si è ridotto di oltre un terzo. “Gli effetti negativi sono stati finora mitigati dalle misure riguardanti la sospensione dei licenziamenti e dall’ampio ricorso alla cassa integrazione guadagni (Cig)”, si legge nel rapporto. Nei primi quattro mesi del 2020 le ore di Cig autorizzate sono quintuplicate. In Puglia hanno ricevuto l’indennità di 600 euro 330 mila persone, l’11% della popolazione tra 15 e 70 anni. “Tra i lavoratori che non rimarrebbero coperti dalle precedenti misure vi sono gli occupati irregolari, 16,6% nel 2017 in Puglia”, registra la Banca d’Italia.