Tornielli: “L’accoglienza degli ultimi appartiene alla storia della Chiesa”

L'intervista di Interris.it ad Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede e autore del libro "Vita di Gesù"

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“Come piacerebbe una Chiesa povera e per i poveri!”. Queste sono state le parole pronunciate da Papa Francesco in una delle sue prime udienze dopo l’elezione al soglio pontificio. In qualche modo facevano eco a quelle di Papa Giovanni XXIII che aveva parlato di una “Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri”. Il tema è stato sollevato, in tutta la sua importanza all’interno del Concilio Vaticano II ed è ovunque estremamente attuale nell’epoca che stiamo vivendo, in considerazione dell’aumento della disuguaglianza e l’emersione di una povertà dai tanti volti. Interris.it, in merito all’importanza di Gesù e ai tratti più significativi del pontificato di Papa Francesco e Papa Benedetto XVI al fianco degli ultimi, ha intervistato il dottor Andrea Tornielli, giornalista e scrittore, dal dicembre 2018 direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede e autore del libro Vita di Gesù, con il commento del Santo Padre.

L’intervista

Com’è nata l’idea di scrivere il Suo libro “Vita di Gesù”?

“L’idea mi è stata suggerita da un amico sacerdote, durante il primo lockdown: era stato colpito dalla forza delle omelie a braccio che Papa Francesco faceva ogni mattina durante la Messa. Ci ho pensato un po’, e poi mi sono messo al lavoro, nonostante potesse apparire persino presuntuoso da parte mia scrivere una “Vita di Gesù”. Iniziando a lavorare, tutto è avvenuto in modo semplice: non ho fatto voli pindarici con la mia fantasia ma ho cercato di immaginarmi là, nel momento in cui avvenivano gli incontri di Gesù per strada. Ho immaginato di essere lì con il mio taccuino e di raccontare ciò che vedevo.”

Per presentare Gesù a un non credente quali parole userebbe?

“Sia chi crede sia chi non crede è in qualche modo condizionato da Gesù. Se non altro perché conta gli anni dalla data della Sua nascita, riposa la domenica in memoria della Sua resurrezione, a Natale mangia il panettone celebrando – anche inconsciamente – la Sua nascita. Gesù è una figura affascinante, è stato l’unico Uomo che ha osato dire di sé stesso “Io sono la via, la verità e la vita”. A chi non crede direi: duemila anni fa, in uno sperduto Paese di provincia dell’impero romano, un Uomo si è definito Dio, ha pronunciato parole rivoluzionarie e insuperate, ci ha annunciato un volto di Dio che è misericordia e accoglienza, ci ha insegnato ad amare il prossimo come noi stessi e ad amare persino i nemici, si è fatto ammazzare per la nostra salvezza pur essendo innocente. I suoi amici attestano di averlo visto risorto e vivo dopo la crocefissione e sono stati disposti a farsi ammazzare a loro volta pur di testimoniare ciò che avevano visto e udito. Non vale forse la pena conoscere quest’Uomo?”

Papa Francesco e Papa Benedetto XVI recentemente scomparso, nelle rispettive differenze, si possono definire due pastori umili che hanno sempre messo Gesù davanti a tutto, quali sono i tratti umani e del loro Magistero che li denotano maggiormente?

“I tratti che più denotano il loro magistero sono il richiamo a tornare all’essenziale della fede e a de-centrarci da noi stessi, dalle nostre idee e strategie, dai nostri progetti e piani, per centrarci in Gesù, guardare Lui, incontrare Lui, seguire Lui. Con temperamenti diversi, sia Benedetto che Francesco hanno insegnato e insegnano che oggi, nelle società secolarizzate, è inutile e persino dannoso che la Chiesa viva di nostalgia per i tempi della “cristianità”, rimpiangendo le epoche nelle quali essa “contava” sulla scena del mondo e aveva potere e privilegi. Oggi c’è bisogno di tornare all’essenziale, nella consapevolezza che l’annuncio del Vangelo è possibile soltanto attraverso la testimonianza di vita (non alle parole o non soltanto alle parole) di chi è rimasto affascinato da Gesù e riconoscendosi peccatore perdonato riflette la sua luce”.

L’accoglienza dei più fragili e degli ultimi è sempre stata una caratteristica insita nella Chiesa Cattolica, com’è si è innovato questo principio dal Concilio Vaticano II ad oggi?

Concilio
Papa Paolo VI (AP Photo/Girolamo Di Majo)

“L’accoglienza dei fragili e degli ultimi appartiene alla storia della Chiesa perché la troviamo come indicazione precisa nelle parole stesse di Gesù, pensiamo soltanto a Matteo 25: in chi soffre, in chi è povero, in chi è scartato, il cristiano è chiamato a riconoscere il volto del suo Signore. Certamente, anche grazie alla Dottrina sociale della Chiesa e agli approfondimenti degli ultimi decenni, è cresciuta la consapevolezza dell’importanza di cercare soluzioni concrete per cambiare i modelli socio-economico-finanziari che producono quello che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”. Ma l’ispirazione originaria è evangelica”.