Una tendenza per ogni generazione

Un viaggio tra le generazioni per conoscere le caratteristiche di ognuna. Dalla "beat generation" ai millenials, passando per la generazione X fino all'alpha

crisi

Le generazioni moderne e contemporanee degli ultimi due secoli si sono proposte con caratteristiche comuni, valide in quasi tutto il mondo, per sognare e illudersi di cambiare la società anziché subirla. Il collante è l’essere nati nello stesso periodo e di avvertire familiarità nei gusti musicali, televisivi, cinematografici e tecnologici, attraverso un abbigliamento specifico e di riferimento.

Ognuna di esse ha avuto un proprio codice, una realtà storica e sociale, si è creduta la generazione vincente e ha disdegnato le altre.

La “generazione silenziosa”

Per sintesi, in una rapida elencazione, si può iniziare con la “generazione silenziosa”, diffusa in tutto il mondo occidentale, soprattutto negli Usa (nell’intervallo tra il 1928 e il 1945). In linea con la presenza inquisitoria del maccartismo, i giovani di allora preferirono il silenzio e la distanza dagli avvenimenti sociali e politici del periodo. Tradizionalisti per natura, istituzionalizzati, poco inclini al cambiamento e, nati in un periodo difficile, sono, ora, adulti legati al sacrificio, alla semplicità, alla cultura del lavoro.

I “baby boomers”

I baby boomers (o boomers) legano il proprio nome al boom demografico ed economico avvenuto nel periodo1946-1964; il loro impatto sociale, così numeroso, ha creato sempre una presa di distanza dalle altre classi di età. Lo scontro generazionale, in questo caso, si è posto in maniera aspra: i più giovani contestano a tale categoria di essersi cullata sugli allori, di non aver cambiato la società, di aver lasciato solo negatività, economiche, culturali e ambientali, ai figli e ai nipoti.

La generazione dei “boomers”

La “beat generation”

Nel 1950 nasce anche un movimento giovanile denominato “beat generation” che si contrappone, originariamente negli Usa, a una società conformistica e poco incline alle minoranze, alle alternative, sia sotto il profilo religioso sia sotto quello sociale e sessuale; il tutto, contornato da un esplicito riferimento all’uso di droghe. I maggiori esponenti (tra cui Allen Ginsberg e Jack Kerouac) irrompono con il loro travolgente anticonformismo, corredato, in alcuni, da un abbigliamento volutamente trasgressivo e minimale.

La “generazione X”

La “generazione X” (nati fra il 1965 e il 1980) è così definita per non avere un’identità particolarmente schiacciante e per il fatto di aver assecondato gli eventi storici anziché cavalcarli, giudicata all’ombra della categoria precedente, quella dei boomers, numericamente più forte.

I “millenial”

“Generazione Y” o “millennial generation” o “net generation”, così sono chiamati i nati nel periodo 1980/1995. Il fatto di essere gli ultimi adolescenti del millennio, di trovarsi in un periodo “ponte”, li pone in controversie sofistiche, in cui alcuni li vedono come i difensori del vecchio e altri come degli innovatori. A loro si riconduce il periodo dell’iniziale affermazione di strumenti come la posta elettronica, gli sms, Youtube e MySpace. La loro caratteristica è di essere molto duttili a livello professionale, cambiando molte attività lavorative (occorre capire se sia frutto di una scelta o di un adeguarsi alla società mutevole).

La “generazione Z”

La “generazione Z” è quella che segue i millennials e che si fa riferire alla nascita nell’intervallo tra il 1995 e il 2010. La caratteristica fondamentale è di essere “digitali”, di possedere da subito un telefono smartphone, di pendere verso un mondo sempre più “touch” e “social”, nel quotidiano e in ogni aspetto della vita, a livello di sentimenti e di conoscenza.

I “millenials”

L’appartenenza dei “nativi digitali” a un mondo tecnologico ha finito con il coniare locuzioni molto efficaci come “generazione Google” e “generazione copia e incolla” (frutto di un’adesione acritica alle informazioni).

La “generazione alpha”

La “generazione alpha” (o alfa) è la prima nata nel XXI secolo (si riferisce agli anni 2010-2020). È l’ultima, a livello cronologico, è ambientalista, integrata con le altre culture e, segnata anche dalla pandemia, ha sviluppato una precoce confidenza con il mondo digitale e con la relativa didattica a distanza.

La “generazione Alpha”

Il presente e il futuro sembrano riservare una prossima “generazione Coronavirus”, quella dei nati in questa unica e disgraziata epoca storica, con tutte le ripercussioni fisiche, mentali ed economiche connesse.

Neil Howe e William Strauss, studiosi e ricercatori statunitensi, sono autori di alcuni saggi (tra cui “Generations: the history of America’s future, 1584 to 2069”, pubblicato nel 1998) dedicati al fenomeno delle generazioni, intervallate, per loro, in un segmento di circa 20/23 anni. In base a degli studi, hanno valutato il verificarsi di una crisi ogni 4 generazioni (80-90 anni).

Il noto urbanista e sociologo statunitense Lewis Mumford affermava, con una punta di sarcasmo “Ogni generazione si rivolta contro i suoi padri e fa amicizia con i propri nonni”. Risaltava lo strappo quasi irreversibile e fisiologico di ogni generazione con quella appena precedente, in contrasto con la benevolenza verso quella ancora più lontana (per cui degna di rispetto).

I dati Istat

La nota informativa dell’Istat, presente al link https://www.istat.it/it/archivio/9191, nella premessa precisa “Classificazione delle generazioni. Ampiamente descritta nel Rapporto annuale 2016, si tratta di una classificazione non convenzionale, basata e applicabile a una pluralità di classificazioni ufficiali purché in queste si faccia riferimento, tra le variabili di classificazione, all’anno di nascita”. In questa statistica unica e non periodica (pubblicata il 20 maggio 2016), l’Istat distingue determinate fasce (in modo differente dalla nomenclatura classica), fornisce importanti dati numerici e caratteristiche proprie delle età in questione.

Si inizia con l’intervallo tra il 1926 e il 1945, con la “generazione della ricostruzione”, periodo in cui nacquero 19.754.000 individui. Poi, tra il 1946 e il 1955 fu la volta della “generazione dell’impegno” (baby boom 1) con 9.280.000 nascite. Seguì la “generazione dell’identità” (baby boom 2), tra 1956 e 1965, con 9.385.000 nuovi nati. Nell’arco 1966-1980 si è sviluppata la “generazione di transizione” (generazione X), 12.817.000 unità. Tra il 1981 e il 1995 è cresciuta la “generazione del millennio” (millennial) forte di 8.658.000 appartenenti. Si considera, infine, nel periodo 1996-2015, la “generazione delle reti” (I-generation), per 10.353.000 giovani.

Cercare le caratteristiche comuni di una generazione è un mezzo per tentare di capire meglio le informazioni, le tendenze e i gusti delle nuove leve, per definire le peculiarità sociali, politiche, culturali ed economiche di una determinata fascia di età.

Questi dati sono molto importanti per i settori delle scienze sociali, della demografia, della comunicazione e del marketing.

Le distinzioni non sono ferree e anche gli anni di nascita di riferimento, a volte, si sovrappongono.

Una difficile catalogazione

Ordinare per anno non significa appiattire le coscienze e le individualità ma cercare di fissare meglio il contesto storico in cui si trova a vivere una determinata fascia di età. In una generazione, quindi, è possibile riscontrare individui che vivono in maniera piuttosto eterogenea: alcuni legati a una categoria precedente, altri forse lungimiranti e proiettati verso la nuova fascia. Ciò che conta, infatti, è il grado di assimilazione delle caratteristiche del periodo e la tendenza del singolo a uniformarsi o a rendersi autonomo e controcorrente.

L’adesione alla categorizzazione, infatti, può avvenire per semplificazioni, tipologie standardizzate ma la forzatura concettuale dipende dal grado di consenso. Tanto più la società evolve freneticamente, più le fasce di età si alternano, quasi a mischiarsi fra loro e diviene difficile ostinarsi a distinguerle.

Non esiste una generazione migliore ma solo quella che, nel processo di omologazione e globalizzazione, tenderà maggiormente a standardizzarsi, in un atteggiamento passivo e quella che, invece, sarà più arduo etichettare poiché più libera, inclusiva, solidale e senza punti di riferimento, nei fatti non solo negli slogan.