La storia di Milana: la bimba malata salvata dalle bombe di Kiev

Maura Masini, fondatrice e presidente dell'Associazione Bambini Cri-du-Chat (A.B.C.) ci racconta il viaggio di Milana, bimba affetta da una patologia rara, portata in Italia dall'Ucraina grazie al lavoro di tanti volontari

La piccola Milana è salva! Dopo un viaggio a dir poco rocambolesco, è scappata dall’Ucraina per venire in Italia. Con lei sono scappate dalle bombe anche la mamma Alena Bachynska e la sorellina Adele di 6 anni. Per Milana una doppia vittoria: non solo la gioia di aver lasciato la paura della guerra alle spalle, ma anche di poter accedere a delle cure specifiche per la sua patologia.

La sindrome di Cri-du-Chat

Milana è infatti affetta dalla sindrome da delezione 5p, o sindrome Cri-du-Chat, una malattia rara legata alla mancanza (delezione) di un pezzo del braccio corto di un cromosoma 5. Il nome Cri-du-Chat deriva dal fatto che nei primi mesi di vita questi bambini manifestano un pianto molto flebile che somiglia ad un miagolio. La sindrome da delezione 5p ha una frequenza stimata di 1 su 50.000 nati.

A fianco di questi bambini malati, non solo italiani, c’è da quasi trent’anni una mamma coraggio: Maura Masini, fondatrice e presidente dell’Associazione Bambini Cri-du-Chat (A.B.C.).

Proprio l’associazione si è attivata per portare Milana e la sua famiglia in Italia. Alla realizzazione dell’operazione umanitaria hanno contribuito attivamente con donazioni a vario titolo, in termini monetari e beni di prima necessità, il comune di San Casciano in Val di Pesa (in provincia di Firenze), l’Arciconfraternita della Misericordia di San Casciano, la Festa del volontariato sancascianese e i commercianti di San Casciano.

E’ proprio Maura Masini a raccontare a InTerris.it questo viaggio della speranza non semplice, tra bombe e posti di bocco, ma anche pieno di persone di buona volontà, i cosiddetti “giusti”. Persone che sia in Italia sia in Polonia hanno permesso questo piccolo miracolo a bordo del veicolo messo a disposizione dall’associazione Auser di San Casciano. Per Milana, certo. Ma anche per dare un segno di speranza a tutti quei bimbi che ancora vivono sotto i bombardamenti.

Maura Masini, fondatrice e presidente dell’Associazione Bambini Cri-du-Chat (A.B.C.)

L’intervista a Maura Masini

Qual è la missione di A.B.C. e quando l’ha fondata?
“Ho fondato l’Associazione Bambini Cri-du-Chat, che studia questa malattia genetica rara, nel 1995 perché mio figlio Timothy ne è affetto. Al tempo non se ne sapeva niente e, data la scarsità delle informazioni sulla malattia, mi sono messa in contatto con altre famiglie che condividevano i miei stessi problemi. La mia associazione è la principale e la capofila nel mondo per quel che riguarda questa sindrome. Siamo in contatto con tutti i centri che studiano le malattie rare, compreso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. L’associazione porta avanti varie attività, tutte protese all’accrescimento delle informazioni sulla malattia e al miglioramento della qualità della vita delle famiglie. Le nostre principali attività sono la collaborazione nella ricerca scientifica, i progetti di assistenza al paziente e alla famiglia e i raduni delle famiglie. Le famiglie ci chiedono informazioni da tutto il mondo. A Marzo 1997 si è tenuto il Primo Raduno Nazionale dei Bambini con Cri-du-Chat, a cui hanno partecipato ventuno famiglie; oggi contiamo più di centocinquanta famiglie associate; con più di duecento siamo in contatto, alcune di loro vivono all’estero”.

Come avete conosciuto Alena?
“Alena ha lavorato in Italia tanti anni prima di tornare in Ucraina dove ha avuto due bambine: Adele e Milana (chiamata anche Melania) che è affetta dalla sindrome del Cri-du-Chat. La madre, navigando su internet, ha trovato il nostro sito e ci ha chiesto aiuto per calibrare la terapia della piccola. Voleva venire in novembre a uno dei nostri raduni per famiglie. Sono fatti per fasce di età: perciò era perfetto per Milana. Poi, però, a causa di un imprevisto burocratico non sono potute più uscire dall’Ucraina e abbiamo rinviato”.

Ma poi è scoppiata la guerra, improvvisa e spietata. Come le avete fatte scappare?
“Sì. Loro vivevano a Vinnycja, in un paese vicino a Kiev e ci hanno chiesto di aiutarle. Abbiamo impiegato una settimana per organizzare il viaggio da San Casciano all’Ucraina con il pulmino messo a disposizione dall’associazione Auser e grazie all’aiuto dall’estero di Paulina Gajkowska una ragazza polacca che ha effettuato alcuni anni fa uno stage Erasmus presso l’A.B.C. Dall’Italia sono partiti in tre, Sandra Giani, Elisabetta Resti e Carmelo Sciarrabone nelle prime ore del 3 marzo e dopo 16 ore sono giunti in Polonia. Alina e le bambine sono riuscite a raggiungere la Polonia dopo diversi tentativi andati a vuoto di prendere un treno o un autobus che le portasse fuori dall’Ucraina. Lì al confine c’erano ad aspettarle i volontari dell’Associazione che sono subito ripartiti dalla Polonia”.

Ora dove sono?
“La famiglia ora è ospitata a Vienna e presto arriverà a Casalgrande, in Emilia Romagna, dove Alena ha vissuto tanti anni. Qui saranno seguite anche dallo staff medico dell’associazione che abbiamo attivato con lo specifico obiettivo di prendere in carico la bambina ed offrirle tutto il supporto di cui ha bisogno. E’ già stata organizzata una visita dalla genetista pediatrica Livia Garavelli, responsabile della struttura di Genetica clinica dell’IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia”.

Ha visto le bambine? Come le ha trovate?
“Le ho viste in chat. Sono arrivate molto stanche e provate dalla paura e dalla fame, ma già stanno molto meglio. Ora sono felici e si sentono al sicuro”.

Cosa può insegnare questa bellissima storia?
“Qui in A.B.C. ci sentiamo tutti una grande famiglia perché condividiamo un problema enorme che è quello della disabilità dei nostri figli colpiti da una malattia rara, con tutto quello che ne consegue. Qualsiasi cosa succeda, siamo sempre pronti a rimboccarci le maniche e a darci una mano. Anche se siamo lontani fisicamente – abbiamo associati in tutta Italia e all’estero – siamo vicini nello spirito. In particolare, qui a San Casciano in Val di Pesa – dove c’è la sede centrale – ho vissuto in questi venti anni una solidarietà molto diffusa, sia da parte di volontari, sia da parte di associazioni. Grazie a loro, a questo spirito di fraternità che supera ogni confine, siamo riusciti a portare Milana, Adele e Alena in salvo. Un piccolo miracolo che ci insegna che è possibile superare divisioni e conflitti per un bene più grande”.