Sgarbi: “I capolavori dell’arte sono la dimostrazione che Dio esiste”

L'intervista di InTerris.it a Vittorio Sgarbi sul rapporto tra arte, spiritualità e rilancio del territorio

“I capolavori dell’arte sono la dimostrazione che Dio esiste”. Così, in esclusiva per InTerris.it, Vittorio Sgarbi, storico dell’arte, critico, saggista, politico nonché noto personaggio televisivo.

Lo scorso 11 giugno Sgarbi ha partecipato alla presentazione alla stampa del Museo dell’Arte Recuperata (MARec), il nuovo museo diocesano dell’Arcidiocesi di Camerino e San Severino Marche – ospitato all’interno del palazzo arcivescovile – che raccoglie in un’unica esposizione le opere salvate dalle chiese distrutte dal sisma del 2016.

“C’è un epicentro del terremoto e c’è un epicentro dell’arte. Oggi quest’epicentro è San Severino Marche. Le opere selezionate in questo museo dell’arte recuperata, il MARec, sono un percorso nell’arte cristiana: dalle sculture lignee agli affreschi, dalle pale fino al capolavoro: la Madonna della Pace del Pinturicchio”, ha esordito Sgarbi alla presentazione del MARec.

Opera fortemente voluta da mons. Francesco Massara, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche e vescovo di Fabriano-Matelica, che – intervistato su InTerris.it – spiegava lo scopo ultimo di tutelare ed esporre le opere d’arte e dell’arte stessa: “La bellezza porta sempre all’innalzamento dell’anima”.

Pensiero ripreso anche dal professor Sgarbi che più volte – nel suo intervento presso il palazzo arcivescovile di San Severino Marche – ha evidenziato il forte parallelismo tra arte e fede, godimento dell’arte e innalzamento spirituale.

Vittorio Sgarbi e mons. Francesco Massara al MARec. A destra, la Madonna della Pace del Pinturicchio

Sgarbi: “L’arte non si fruisce, si gode!”

“L’arte non si fruisce, si gode! – ha incalzato Sgarbi dinanzi ai giornalisti invitati alla presentazione del MARec -. Oggi c’è la tendenza a considerare la parola godimento impronunciabile, come se fosse qualcosa di negativo; così il termine è stato sostituito con una brutta parola: ‘fruizione'”.

“Ma la fruizione dell’arte dà un senso di tecnicismo e banalizzazione, come quando chiamiamo una chiesa, una torre o un palazzo antico location. Siamo abituati a rovinare la bella lingua italiana con una serie di neologismi anglosassoni che però impoveriscono e tolgono valore alla ricchezza e complessità delle cose. Quello che produce questa esposizione è una forma estrema di godimento. Lo dico come studioso, amatore e conservatore”.

Sgarbi: “Terremoto tragedia che distrugge”

Il terremoto è una tragedia che distrugge persone, luoghi, territori – ha proseguito Sgarbi riferendosi al sisma del Centro Italia che ha portato distruzione anche in molti comuni marchigiani -. Si spopolano interi centri storici che poi, abbandonati, cadono in rovina peggio di quanto il terremoto avesse fatto prima. C’è qualcosa di terribile nei terremoti che rendono la ricostruzione dei beni immobili lunga e laboriosa”.

“Eppure, questo ragionamento non è applicabile ai beni mobili, nello specifico alle opere d’arte! Questi patiscono certamente dei danni – pensiamo agli affreschi – ma in genere molto minori rispetto agli immobili dove erano preservati. Pensiamo alle chiese di Visso, inagibili perché semi distrutte dal sisma. Le ricche opere che contenevano sono state in un primo momento recuperate e messe al sicuro in un deposito; poi, sono state esposte in questo museo chiamato appunto ‘dell’arte recuperata’. Con un vantaggio decisivo: le opere, una volta recuperate vengono, anche restaurate!”.

“Inoltre, tornando agli affreschi, spesse volte il crollo di un palinsesto permette di scoprire affreschi precedenti, vale a dire un ciclo pittorico antecedente che si riteneva perduto se non addirittura sconosciuto. Quindi il terremoto, paradossalmente, porta sovente a un aumento del patrimonio mobile artistico. E a un suo recupero attraverso il restauro e l’esposizione al pubblico”.

La Madonna di Macereto e, a destra, la Madonna della Misericordia esposte al MARec©Luca Santese/Cesura

Sgarbi: “Il MARec è un viaggio artistico e spirituale”

“Ho visitato i depositi dove erano state poste in sicurezza le 2.500 opere recuperate dalle varie chiese colpite dal sisma. Mi sembrava di camminare in un ospedale da campo, nel quale si curavano i feriti. In questo caso, la guarigione è avvenuta! Nasce così un museo dell’arte recuperata grazie alla volontà di un vescovo molto determinato [Mons. Massara, ndr] che, insieme al sindaco, ha permesso di far resuscitare se non le mura delle chiese che le contenevano, almeno le opere in esse contenute”.

“Aver restituito al pubblico godimento questo patrimonio culturale che altrimenti non sarebbe potuto essere visto è una grande conquista perché permette alle persone di contemplare in un unico luogo opere per cui prima ci sarebbero voluti quindici giorni viaggiando in tante zone delle Marche. Un viaggio artistico ma, voglio evidenziarlo, anche spirituale, per la sua evidente vocazione religiosa”.

“Un museo diocesano che infatti io avrei chiamato Museo dell’arte divina o Museo dell’arte sacra. Tra i capolavori recuperati dalla Collegiata di San Ginesio c’è, ad esempio, la Pala della Misericordia dove è raffigurata l’idea del manto della Madonna che protegge i fedeli, in un’ideale ecclesia che li protegge. Fuori, a destra e sinistra, i non credenti, esclusi da questa protezione amorevole. In cielo – cosa molto rara – ci sono non degli angeli, ma dei demoni che lanciano frecce e sassi a quelli che non hanno abbastanza fede in Dio e che soffrono fuori dal mantello della Madonna. Una pala sublime!”.

“Il MARec – ha concluso Sgarbi – è un museo tra i più importanti delle Marche, una sorpresa che non mi aspettavo per la quantità e la qualità delle opere esposte. San Severino Marche, grazie a un vescovo di Tropea [mons. Massara, ndr] ha così raggiunto la sua condizione di città ideale!”.

Il sindaco Rosa Piermattei, il vescovo Francesco Massara, il professor Vittorio Sgarbi e la direttrice del MARec, Barbara Mastrocola

L’intervista a Vittorio Sgarbi

Al termine della presentazione alla stampa, Sgarbi – accompagnato dal vescovo Francesco Massara, dal sindaco Rosa Piermattei, dalla direttrice del MARec Barbara Mastrocola e dai tanti giornalisti intervenuti – ha fatto un giro delle sale non lesinando consigli pratici (a volte spostando egli stesso statue e quadri) per una miglior fruibilità delle opere esposte. In quella occasione, tra un aneddoto artistico e un appunto tecnico, è stato possibile porgli delle domande sul rapporto tra arte, spiritualità e rilancio del territorio.

Professor Sgarbi, il ‘godimento’ dell’arte apre alla conoscenza di Dio?
“Sì. Non sappiamo per certo se Dio esiste; ma se ne abbiamo un’ipotesi di prova, è proprio nelle opere d’arte. Le opere d’arte parlano per Dio e quindi in qualche misura sono la dimostrazione che Dio esiste. La contemplazione delle opere d’arte è una preghiera: con le opere d’arte si entra in dialogo con Dio. Più un’opera d’arte è sublime, più apre al divino”.

Vittorio Sgarbi alla presentazione del MARec ©Luisa Porta_14

Come può l’arte aiutare la ripresa di un territorio?
“Sarebbe davvero auspicabile che l’arte aiutasse la ripresa di un territorio, ma forse non è un obiettivo realistico. Nel senso che il mondo è disperso in tante cose inutili e la gente spesso non ha tempo di fermarsi a contemplare la Bellezza, quella sublime, che innalza. Certo, alcune persone sì, ma non tutte. Forse, mi spiace dirlo, non sono abbastanza”.

L’arte può comunque aiutare a ricucire un territorio ferito come quello marchigiano?
“Sì. Perché fa vedere delle opere di cui si può essere orgogliosi, anche se non so se questo basti a determinare un sentimento di appartenenza. Di certo, il MARec rappresenta un importante collante del territorio, nel senso letterale del termine. Perché si tratta di opere che vengono da diversi punti della diocesi e quindi ognuno, venendo qui, trova (o meglio: ritrova) Pieve Torina, Caldarola, Valcimarra, San Ginesio, Visso e la stessa San Severino Marche. Dal disastroso terremoto del Centro Italia l’unica cosa positiva che ne esce è un museo come questo. Un viaggio artistico, ma – non dimentichiamolo – anche spirituale”.