Gianni Riotta, in diretta da New York, parla a Interris.it di elezioni americane e rapporti Italia-Usa

Intervista di Interris.it al giornalista Gianni Riotta, docente alla Princeton University e Columnist dell’"Huffington Post" e de "La Stampa"

Il 3 novembre 2020 gli Stati Uniti d’America eleggeranno il loro 46° Presidente. Le elezioni americane sono di importanza globale, perché le scelte della presidenza americana influenzano le scelte dell’intero pianeta. A un mese e mezzo dall’apertura delle urne, Interris.it ha raccolto la testimonianza di Gianni Riotta, uno dei 100 giornalisti più influenti dello scenario internazionale (sondaggio di Foreign Policy e Prospect), già Direttore del Tg 1 Rai e de Il Sole 24 Ore, Condirettore de La Stampa e Vicedirettore del Corriere della Sera, inviato e editorialista del Corriere della Sera e dell’Espresso, dagli Stati Uniti.

Si avvicinano le elezioni americane, la pandemia ha cambiato gli scenari?
“Per capire la situazione attuale delle elezioni negli Stati Uniti bisogna partire da gennaio 2020, quando il presidente Trump era in grande vantaggio rispetto ai candidati democratici. Intanto perché si pensava che il partito democratico avrebbe scelto Sanders. L’ Economia negli USA era in crescita e Trump sembrava avviato verso una facile rielezione. Poi grazie ai voti della Carolina del Sud è stato nominato Joe Biden come candidato democratico e le cose sono cambiate. E ora la sfida è combattuta. Nel 2016 si era detto che i sondaggi avessero sbagliato. Ma non è così. Hillary Clinton ha vinto, ma tre Stati hanno regalato la vittoria a Trump sui Democratici con la percentuale dello 0,06%. Questo grazie al sistema elettorale americano per cui gli Stati con i cosiddetti grandi elettori possono ribaltare un risultato. Una percentuale così esigua non è calcolabile da nessun sondaggio, motivo per il quale i sondaggi di solito non sbagliano. La tematica oggi in America è: si ripeterà lo stesso scenario? Hillary allora aveva un vantaggio su Trump di soli 3 punti e mezzo. Biden oggi è in vantaggio di 8 punti. Il virus certamente, ma poi i 40mila disoccupati, le questioni razziali, ora anche gli incendi non stanno rendendo la corsa alla presidenza facile per Trump.

Per quanto riguarda i rapporti Italia-Usa che cosa cambierebbe in caso di vittoria dei Democratici?
“Il Premier italiano Antonio Conte, che è un bravo diplomatico, quando gli hanno chiesto che cosa potrebbe cambiare per i rapporti Italia-USA in caso di una vittoria di Biden, non si è sbilanciato. Ha detto che non cambierebbe nulla. Ma non è così. Con Biden cambierebbero i rapporti bilaterali, la NATO avrebbe maggiore considerazione, e il nuovo Presidente sarebbe più duro nei rapporti con Cina e Russia. Si riavvicinerebbe all’Europa, al Giappone e all’Australia. Sono rapporti che Trump ha trascurato perché è un isolazionista”.

Il Segretario di Stato Mike Pompeo verrà a Roma prima delle elezioni.  Farà visita anche a Papa Francesco, sarà un avvicinamento del Presidente alla Chiesa di Roma?
“Durante tutte le elezioni americane il voto dei cattolici è importantissimo. Il Segretario di Stato Americano verrà in visita in Italia e si recherà anche in Vaticano. La Chiesa cattolica americana è fatta di una parte di conservatori e di una base di progressisti. Ricordiamoci che le suore in America hanno fatto opposizione al Presidente contro le politiche sull’immigrazione. L’amministrazione americana ha bisogno di farsi vedere dalla Chiesa, prima delle elezioni. Ma le politiche sull’immigrazione e l’impostazione politica in generale di Trump è all’opposto dello spirito di Papa Francesco. C’è un’enorme distanza tra i due. Il Papa è per l’accoglienza, il Presidente invece per l’isolazionismo, per blindare le frontiere”.

Un bilancio della Presidenza di Trump ora che è alla fine del mandato?
“Per fare un bilancio della presidenza di Donald Trump posso dire che giornali autorevoli sui loro editoriali hanno scritto quattro anni fa che Trump sarebbe cambiato dopo l’elezione, sarebbe diventato più moderato. Io non l’ho mai creduto. Perché lo conoscevo nei miei anni come inviato del Corriere della Sera a New York. L’ho conosciuto bene come immobiliarista prima che Presidente. Non è un uomo coerente nelle sue strategie. Prima era democratico poi è diventato repubblicano. È vulcanico ed estremamente vitale, ma ripeto non è coerente”.

Come ha gestito il Presidente la politica estera in questi quattro anni?
“Pensiamo a come Trump ha gestito i rapporti con la Corea del Nord. Non c’è stato nessun trattato di pace ma solo strette di mano. Un punto importante a favore di Kim Yong-un che ha ottenuto un grande riconoscimento personale, suo e della sua famiglia. Tutto questo è avvenuto a scapito della Corea del Sud che è stata isolata dagli Stati Uniti. Anche in Medio Oriente, il genero di Trump, Kushner ha deciso di umiliare i Palestinesi nei negoziati di pace, perché non contano più. Vediamo se questo è vero. La guerra dei dazi con la Cina non ha portato all’economia americana i benefici che si speravano, ma solo spiccioli. Con la Russia il Presidente è sempre stato troppo morbido”.

E la politica interna del Paese, alla luce degli ultimi fatti, tra disordini, incendi e disoccupazione?
“Oggi i conti per vincere le elezioni americane, si fanno con la politica interna. Il Paese è diviso. L’economia è giù, il Coronavirus è stata la vera debacle della Presidenza Trump. Ci si aspetta 400mila morti per fine anno. Altro nodo spinoso la disoccupazione: il Congresso non ha saputo mediare per ottenere quel pacchetto di aiuti economici che servivano al Paese. Un’America polarizzata, divisa tra violenza e questioni razziali. Trump ha vinto grazie a queste divisioni nel 2006, Biden promette di porre fine a questa guerra civile e culturale che ormai dura da troppo tempo”.

E invece come si può tratteggiare la figura dello sfidante, l’irlandese Joe Biden?
“Joe Biden sarebbe il primo presidente cattolico degli Stati Uniti dopo John F. Kennedy. Anche lui è irlandese. La moglie è di origini siciliane. Sarebbero una coppia inedita: un presidente cattolico irlandese e la first lady italo-americana. La forza di Biden politicamente sta anche nella sua vice presidenza con Obama, ruolo che ha rivestito per otto anni. Alcuni dicono che è troppo anziano, ha 78 anni (contro i 74 di Trump) quindi il suo mandato sarebbe unico. Lui non si ricandiderebbe. Ma avendo scelto al suo fianco come vice Kamala Harris, che è una giovane ex magistrato, lei stessa potrebbe subentragli alla corsa alla presidenza nelle elezioni del 2024. Ma è tutto ancora prematuro”.

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