La prova costume e la “sindrome di Adone”

Cos'è la sindrome di Adone, chi riguarda: perché il "culto del muscolo" a tutti i costi potrebbe rappresentare un pericolo

La “Sindrome di Adone”, identificata nei primi anni ‘90 e diffusa ovunque, consiste nell’ossessione per i muscoli e nel praticare attività fisica eccessiva pur di raggiungere livelli invidiabili. A sua volta, nasce dall’invidia per il fisico degli altri.

Il riferimento, efficace, è ad Adone, personaggio della mitologia dell’antica cultura babilonese e poi ripreso dai Greci, un ragazzo di una bellezza infinita, ambito da Afrodite e Persefone.

La sindrome è altrimenti definita come “bigoressia”, “vigoressia” o “anoressia inversa”. La vigoressia rientra tra i disturbi ossessivo-compulsivi descritti nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

Essere scontenti del proprio tono muscolare e cercare, in modo ossessivo, di svilupparlo attraverso un’attività fisica esagerata e vincolata a un’alimentazione rigorosissima (spesso con l’effetto di debilitare il fisico) nonché all’uso di sostanze pericolose, è una tendenza sempre più dilagante del nostro tempo. Coinvolge maggiormente i giovani, ancora in una fase di studio e di accettazione del proprio corpo. Produce effetti devastanti nel fisico, nella mente, nella socialità ridotta a favore dell’allenamento compulsivo, nel minor tempo dedicato allo studio e al tempo libero.

Il culto del muscolo, finalizzato a non perdere volume, a renderlo sempre meno grasso e più ostentabile, condiziona ogni aspetto della vita stessa di chi è vittima di questa dipendenza. Negli impegni, nei pensieri e anche nelle conversazioni, il riferimento è sempre lo stesso, monotematico, finendo per frenare la creatività, appiattire le coscienze e l’intelletto nonché circoscrivere il malato nella cerchia dei suoi simili.

Non è un mistero l’immagine proposta a livello sociale in cui i valori sono, esclusivamente, quelli estetici, in un bombardamento mediatico dove l’istinto competitivo e il mito dell’eterna giovinezza irrompono nelle logiche degli adulti e, soprattutto, in quelle dei giovani.

Il momento clou è quello estivo, in spiaggia, conosciuto ormai come “prova costume”, in cui i corpi sono a diretto confronto e originano sensi di colpa, invidia, promesse personali di recuperare appena possibile, nel fatidico impegno “A settembre mi iscrivo in palestra”.

Secondo il filosofo Jean-Jacques Rousseau “Purché un uomo non sia pazzo, si può guarirlo d’ogni follia tranne la vanità”.

È ormai acclarato quanto l’uso di steroidi anabolizzanti, pur di accrescere il muscolo e la massa magra sia devastante e insanabile per molti organi del corpo. Anche chi è pronto a vendere l’anima pur di avere un aspetto migliore degli altri ed essere ammirato, nella pura esaltazione dell’esteriorità, ha conseguito una maggiore consapevolezza e ascolto agli appelli a non utilizzare sostanze pericolose; frutto di una coscienza diversa e di una valutazione empirica e tangibile dei danni prodotti. Per il più ostinato, rovinare il proprio corpo nel tentativo di renderlo perfetto, potrebbe essere il miglior deterrente.

Il quindicinale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, al link http://www.almanacco.cnr.it/reader/cw_usr_view_articolo.html?id_articolo=10158&giornale=10159, n. 11 pubblicato lo scorso 3 giugno, riporta dei dati inquietanti “La vigoressia è tendenzialmente maschile e interessa in modo particolare la fascia d’età compresa tra i 19 e i 35 anni. In Italia si stima la presenza di almeno 60.000 individui soggetti. Anche se la fascia di età più colpita è quella tra i 25 e i 35 anni, seguita da quella tra i 18 e i 24 anni; l’esordio spesso si manifesta durante l’adolescenza. È ovviamente una condizione particolarmente diffusa tra gli atleti: ne sarebbe coinvolto, in particolare, più del 10% dei body builder, spiega Francesca Denoth, nutrizionista dell’Istituto di fisiologia clinica (Cnr-Ifc). Dal progetto Soda (Survey on doping among adolescents), condotto dal Consiglio nazionale delle Ricerche nel 2017 su un campione di 15.000 studenti italiani fra i 15 e i 19 anni, è emerso che l’1,4% ha fatto uso almeno una volta nella vita di sostanze dopanti, con lievi differenze di genere (1,5% maschi e 1,2% femmine) ed età (1,3% minorenni, 1,4% maggiorenni)”.

Nel Rapporto annuale 2020, “fotografia” della situazione italiana alla luce dei cambiamenti epocali suscitati dalla pandemia, visibile al link https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2020/Rapportoannuale2020.pdf, in merito alla “tenuta dell’attività fisica e sportiva”, si legge “Nonostante le difficoltà del lockdown e la chiusura delle palestre, i cittadini non hanno rinunciato all’attività fisica e alla pratica sportiva che ha coinvolto quasi un quarto dei cittadini (22,7 per cento), quota leggermente più bassa di quella registrata nell’ultima indagine Istat sull’Uso del tempo. Contrariamente a quanto accade di solito, grazie al coinvolgimento di nuovi segmenti, soprattutto femminili, in questo tipo di attività, non emergono significative differenze di genere. […] Si conferma, rispetto alle indagini correnti, la maggiore propensione a svolgere l’attività fisica tra i più giovani e tra le persone con più alto titolo di studio (35 per cento contro il 15,7 per cento di chi ha frequentato solo la scuola dell’obbligo). […] Il 37,3 per cento dei praticanti vi ha dedicato più tempo del solito. Le donne sono riuscite a incrementare il tempo dedicato all’attività fisica più degli uomini. Chi ha praticato attività fisica o sportiva durante il lockdown – 11 milioni e 400 mila persone – si è organizzato prevalentemente presso la propria abitazione. Solo il 7,3 per cento dei praticanti riferisce di aver svolto l’attività fisica all’aperto in uno spazio non pertinente l’abitazione. Le persone che vivono in abitazioni dotate di un terrazzo/balcone, di un giardino privato o spazio condominiale esterno (giardino o terrazzo) hanno praticato maggiormente l’attività fisico-sportiva rispetto a chi, invece, vive in abitazioni senza alcun spazio esterno (23,4 contro 11 per cento)”.

A proposito di integratori, leciti, il mensile iFarma (in un articolo dello scorso giugno), al link http://www.ifarma.net/federsalus-italia-europa-nella-vendita-integratori/, scrive “L’Italia è il principale mercato in Europa con una quota in valore del 27%. Il 92% del mercato italiano si sviluppa in farmacia e in parafarmacia”.

“Coltivata” soprattutto nelle palestre e nelle spiagge, dove il muscolo è condito da opportuni tatuaggi o piercing, la patologia pone una sorta di competizione continua tra i cultori, alla ricerca del pettorale perfetto, della “tartaruga” scolpita e dei glutei senza difetti.

Con la pandemia e la chiusura delle palestre, i soggetti affetti da bigoressia hanno tremato seriamente, per il terrore di perdere tutti i muscoli faticosamente guadagnati. La loro preoccupazione principale, nell’ultimo anno, non si è concentrata sulla pericolosità del virus bensì sul rischio di ridurre la muscolatura. Molti si sono adoperati con mezzi propri, in casa, esaurendo le scorte dei negozi del settore e auspicando una riapertura immediata della “cattedrale” in cui formare ed esporre il proprio fisico, in attesa della fatidica spiaggia. L’attenzione, ora, è rivolta, quindi, verso le imminenti riaperture delle palestre, in cui riversare tutte le energie, recuperare il tempo perso e farsi trovare pronti nel miglior modo possibile per l’estate.

La ricerca del muscolo perfetto è una tipica devianza dei tempi moderni, spesso alla base di atteggiamenti prepotenti, di bullismo e di esaltazione della cieca forza fisica, fino alle conseguenze più estreme quali i pestaggi che avvengono sempre più spesso e con efferatezza assoluta. Non si tratta più di un fenomeno di costume, di una rivalità tra ragazzi o della ricerca (presunta) di un corretto ideale di movimento e alimentazione. L’involuzione moderna, in questo caso, sbilanciata, squilibrata e superficiale, conduce a numerosi casi di violenza e di sopraffazione.