Perché gli italiani non rispettano le regole

In Terris ha intervistato il sociologo professor Maurizio Fiasco sul perché alcuni italiani sembrano essere incuranti dei pericoli causati dall'epidemia di coronavirus e trasgrediscano alle regole

Evitare i luoghi affollati, mantenere almeno un metro di distanza dalle altre persone, uscire di casa se non strettamente necessario e, non da ultimo, lavarsi spesso le mani. Sono queste le raccomandazioni che dal 21 febbraio, giorno in cui è esplosa l’emergenza coronavirus in Italia, medici, virologi, esperti ripetono incessantemente per cercare di contenere il contagio del virus e che qualche giorno fa sono diventate legge. Eppure, prima che si arrivasse a decretare l’Italia come un’unica zona protetta, c’è stato chi – e forse c’è ancora – si ostina ad ignorare questa indicazione, sprezzante del pericolo e tenendo in scarsa considerazione la sua salute e quella degli altri.

Le evasioni e le trasgressioni

Da quando il governo ha predisposto misure sempre più stringenti, sono numerosi gli episodi che sono rimbalzati su tutti i media di persone che hanno cercato di evadere dalla quarantena, percorrendo anche dieci chilometri in mezzo ai campi e di notte pur di potersi bere una birra, o come i due giovani che hanno provato a imbarcarsi su un aereo diretto in Spagna, incuranti delle loro condizioni di salute. Più in generale, in tutta Italia, sono  molte le persone che sono state denunciate dalle forze dell’ordine per aver trasgredito alle misure di sicurezza del governo. Ma da dove nasce la voglia di alcuni di non rispettare le regole? In Terris ne ha parlato con il sociologo professor Maurizio Fiasco.

Quali effetti hanno sulle persone le misure introdotte dal governo?
“Gli effetti delle misure sono mediati dalla cornice nella quale sono collocate. La misura in sé, è poco commentabile dal momento che epidemiologi, virologi, tecnici l’hanno suggerita. Le reazioni non sono quindi determinate dal merito della misura, ma dal prospetto che la inquadra. Se quello che prevale è di concordia, di responsabilità e di dialogo, allora le misure riscuotono un’adesione attiva e serena. Il messaggio che conta è infatti quello che realmente arriva, facendo nascere comportamenti adeguati. Perciò l’univocità delle indicazioni è d’importanza fondamentale, anche per le modalità della critica che pur va esercitata sempre, anche in questi momenti. Il messaggio deve essere il più possibile limpido, oggettivo, spoglio di sfumature, implicazioni, suggestioni polemiche. Liberamente critico. Coltivare anche nelle emergenze lo spirito di ricerca del bene comune è necessario. Critica significa vigilanza, poiché ogni disastro prodotto dall’uomo – un naufragio, un crollo – non è un fulmine a ciel sereno. Esso è preceduto da una fase di incubazione durante la quale vengono emessi dei segnali, non colti, in quanto respinti dal conformismo dei ruoli, dall’organizzazione non trasparente, dalla comunicazione svalutativa, da preconcetti, da reazioni di diniego. C’è un’espressione che noi usiamo sempre: ‘con il senno di poi’. Quando il disastro si è manifestato, noi cogliamo quei segni che c’erano anche prima e che se ‘visti’ allora, avrebbero potuto aiutare a prevenire ciò che è poi accaduto”.

Perché le persone evadono dalla quarantena?
“Per una probabilità statistica, gli incoscienti e coloro che negano il pericolo, li dobbiamo mettere nel conto. Cosa provoca questi comportamenti? Il desiderio di trasgredire la regola è un viatico per affermare un’identità altrimenti poco riconosciuta. Come si forma l’adesione alle regole per l’interesse pubblico? Può verificarsi spontaneamente, oppure per la forza di un vincolo autoritario e, ancor più,  perché il sistema di valori condivisi di una comunità richiama alla disciplina, al comportamento comune. Da questa alchimia viene fuori il rispetto. Meno distorsione comunicativa, meno egoismo di ruoli, meno narcisismi di esposizione in pubblico si hanno, e prima si esce da questa situazione. Sottolineo, senza entrare nelle misure di tipo clinico e sanitario, dalle quali mi astengo da ogni tipo di commento. Noi non siamo medici o epidemiologi o virologi, quindi dobbiamo lasciare loro spazio in modo che  decidano con scienza e coscienza”.

Parlando del rispetto delle norme e delle regole, gli italiani sono un popolo di indisciplinati?
“Le regole agli italiani vanno presentate secondo il loro profilo antropologico: trovando motivazioni intime, valori che gliele facciano accettare. Se l’italiano percepisce che le regole che vengono dall’esterno sono un orpello, non si sottomette all’autorità. Cosa c’è a monte del Covid-19? Una lunghissima sequenza di violazioni della natura da parte dell’uomo. Pensiamo alla Val Padana, che come ci dicono gli ambientalisti è uno dei territori più compromessi d’Europa. Le regole dei disciplinari ambientali, vengono rispettate? Come vengono tenute le aziende agricole? E gli allevamenti? Le regole sono legate all’autorevolezza del potere pubblico e ai legami che si formano in una comunità”.

Quando l’emergenza coronavirus sarà terminata, quale segno lascerà sulle persone?
“Lascerà il segno di un’incertezza, di un rischio che in futuro potrebbe ripresentarsi in altre forme. Mettiamo un punto fermo: cos’è che drammatizza questa epidemia coronavirus? Cos’è che distingue la paura per questa epidemia rispetto alle altre? Il fatto che non è possibile avere un ancoraggio cognitivo e percettivo a un dispositivo che ci consenta di evitare il rischio. Con la ‘normale’ influenza, si ricorre al vaccino efficace tra il 20 e l’80 per cento dei casi, e nei casi gravi ci sono dei farmaci da poter prendere. Per il coronavirus non abbiamo né il dispositivo per fronteggiare la malattia, né la vaccinazione. Questo ci destabilizza. Quando finirà questa ondata, cosa ci rassicurerà che una nuova mutazione di un virus con probabili effetti di epidemia e pandemia, ci verrà risparmiata? Bisogna tornare all’intervento strutturale, che non sono le misure di contenimento di questa settimana ma che andavano prese. L’intervento strutturale è tornare, e qui pensiamo alla “Laudato Sì”, al rispetto integrale del creato. Perché l’ epidemia che ci assilla oggi è l’effetto di una violenza che l’uomo ha esercitato e continua ad esercitare sulla natura. Tra cambiamento climatico, invasione ed eccessiva antropizzazione dell’ambiente naturale, il venir meno delle distanze tra il genere umano e le specie animali, nascono salti di specie dei virus che in contesti meno protetti hanno delle mutazioni che mettono a rischio le popolazioni”.

Qual è la fotografia dell’Italia che emerge in questo momento?
“Emerge la fotografia di un’Italia che sta vivendo una tensione collettiva in un’esperienza trasversale, che può avere sia aspetti positivi sia negativi. La paura è un sentimento collettivo che può aiutare a ripristinare l’ordine logico dei valori e delle cose che dobbiamo scegliere. L’altro aspetto che risalta è però la povertà culturale e la scarsa formazione morale-intellettuale della classe politica in generale. I messaggi che vengono dati sono molti rozzi, in molti casi con scarsa presa. Nonostante questo, il Paese sta partecipando in modo corale allo sforzo per uscire dall’emergenza”.