“Picciotti, che vi ho fatto?”. La beatificazione del giudice Livatino secondo Madre Alongi

La riflessione sulla "santità nella quotidianità" del Beato Rosario Livatino di Madre Eleonora Francesca Alongi, superiora generale della Congregazione delle Suore Collegine della Sacra Famiglia. Una beatificazione senza precedenti

Mafia

Di Rosario Livatino (primo giudice ad essere beatificato dalla Chiesa, il 9 maggio) Madre Eleonora Francesca Alongi ripercorre “la fatica. La crescita. I combattimenti. Le conquiste“. Alla religiosa il postulatore della causa di beatificazione, l’arcivescovo agrigentino Vincenzo Bertolone ha affidato l’introduzione del saggio “Rosario Livatino. Agende non scritte” (Rubbettino).

Livatino
Il giudice Rosario Angelo Livatino (Canicattì, 3 ottobre 1952 – Agrigento, 21 settembre 1990)

Sulle orme del Beato Livatino

La superiora generale della Congregazione delle Suore Collegine della Sacra Famiglia evidenzia “l’umanità di questo giovane credente”. Che conosce “il lacerante confronto tra fede e diritto. Lacerante come l’esperienza dell’impegno per la
giustizia. E per la verità. Come l’esperienza di un amore che sfuma tra delusioni e timidezze. Ci sentiamo capiti nella difficoltà a vivere la nostra personale adesione al Vangelo. E comprendiamo che la santità nasce nel quotidiano e lo innerva”. Sottolinea Madre Eleonora Francesca Alongi: “La vita di Rosario Angelo Livatino, laico fedele e innamorato di Dio, si alimenta dell’incontro feriale con il Signore. Della contemplazione ammirata del suo Mistero. Sub tutela Dei!“.

Filo

La religiosa richiama “un’immagine bella e drammatica” che lo stesso neo-Beato utilizza per parlare di sé. Un “filo” attraversa le sue giornate alle prese con il lavoro. La fatica. La paura. “È la solitudine del giusto che sa di essere nelle mani di Dio. Amore incrollabile. E come Gesù, vittima dell’odio e della disumana violenza, pronuncia parole di verità: ‘Picciotti, che vi ho fatto?‘”, osserva Madre Eleonora Francesca Alongi. “Sullo sfondo della specificità martiriale di Rosario Livatino, c’è il mondo delle mafie”, puntualizza la superiora generale della Congregazione delle Suore Collegine della Sacra Famiglia. “Martire della fede. Ucciso appunto perché credente. Agnello sacrificale. Trasfigurato da una morte atroce e ingiusta“.Livatino

Prima volta

Rosario Livatino, secondo la religiosa, è l’uomo della “prima volta”. E’ il primo Beato giudice-magistrato che la Chiesa propone alla venerazione dei fedeli. “Affinché nel nostro cammino tra il tempo e la storia accogliamo l’invito di Gesù a essere santi“, spiega Madre Eleonora Francesca Alongi. E aggiunge: “Per questo oso chiamarlo semplicemente Rosario. Uno di noi. Una luce di bellezza promana da questo giovane innamorato della sua terra. La Sicilia. Della sua famiglia. Del suo lavoro. E di Dio.
La morte violenta non ha spento il suo sorriso. E’ un piccolo scampolo di cielo. Dal quale Dio non smette di guardarci”.Livatino

Prova

La prova del martirio “in odio alla fede” è arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell’omicidio. Il mafioso ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione, aperta il 21 settembre 2011. Grazie a quelle dichiarazioni è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto. Giusto. Attaccato alla fede. E che per questo motivo non poteva essere un interlocutore della criminalità. Andava quindi ucciso. La beatificazione si terrà domenica 9 maggio. Anniversario della visita di san Giovanni Paolo II nella città dei templi. Nella cattedrale di Agrigento. Livatino, fu assassinato sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento il 21 settembre 1990, all’età di 37 anni, dai mafiosi della “Stidda”. Del “giudice ragazzino”, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio “in odium fidei”.