Le famiglie dei disabili sono state lasciate sole. Sos dall’assistenza dei più bisognosi

In pandemia le famiglie dei disabili devono sopperire ai servizi assistenziali e riabilitativi erogati a singhiozzo o fortemente ridotti. Intervista di Interris.it a Rossano Bartoli, presidente della Lega del Filo d'Oro

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Allarme disabili. Nella seconda ondata della pandemia, le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali rischiano di vivere totalmente isolate dalla società. E le loro famiglie devono sopperire ai servizi assistenziali e riabilitativi erogati a singhiozzo o fortemente ridotti, spiega a Interris.it Rossano Bartoli, presidente della Lega del Filo d’Oro.Disabili

Sos disabili

“La prima ondata è stata un’emergenza. Adesso ci scontriamo col fatto che questo stato di cose potrebbe durare per un po’. Ed è necessario, quanto urgente, ripensare ai paradigmi a cui eravamo abituati. Una sfida sicuramente ardua. Ma i modelli del pre-covid adesso non sono attuali. Di colpo, in pochi mesi ci troviamo di fronte ad un nuovo mondo. E abbiamo anche un’occasione per rimettere al centro i più fragili”, afferma a Interris.it il presidente della Lega del filo d’oro, da oltre mezzo secolo al servizio delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.

 

La seconda ondata della pandemia, vista dalla prima linea dell’assistenza ai disabili, quali difficoltà e sfide pone?

“Nella prima ondata di Covid le persone con disabilità sono state spesso dimenticate. Le loro famiglie sono state lasciate sole a gestire situazioni molto complesse. Dobbiamo far in modo che queste persone siano ascoltate e incluse nell’agenda delle decisioni politiche. E che sia possibile garantire loro, sempre in sicurezza, i servizi di cui hanno bisogno”.E’ più la solidarietà o la chiusura?

“Abbiamo assistito ad un grande slancio di solidarietà durante l’emergenza per sostenere la risposta al Covid. Ora che siamo in una fase diversa è importante non perdere quello slancio. E ricordarci che siamo tutti interconnessi. Le azioni di ognuno hanno effetti sugli altri. Speriamo davvero che l’unione che ci ha tenuto insieme a marzo durante il primo lockdown possa farci forza anche in questo momento. Siamo una popolazione straordinaria, con tante risorse positive. Speriamo che anche in questa difficoltà possano emergere. Come dice papa Francesco, nessuno si salva da solo”.Quali disagi stanno affrontando le realtà assistenziali come la Lega del Filo d’Oro e le famiglie dei disabili?

“Nei suoi quasi 56 anni, la Lega del Filo d’Oro ha attraversato vari momenti di precarietà e di difficoltà. Ma questa volta la situazione è molto diversa e ha ricadute davvero drammatiche. Tante persone che già prima vivevano in solitudine, oggi vivono ancora più isolate, moltissime famiglie si trovano a gestire una quotidianità veramente complessa. I nostri cinque centri residenziali di Osimo, Lesmo, Modena, Molfetta e Termini Imerese sono rimasti sempre attivi anche nel periodo di massima criticità”.E le restrizioni?

“I decreti governativi ci hanno costretti a diminuire drasticamente le attività offerte dai Servizi territoriali ad essi abbinati. E dalle sedi territoriali di Novara, Padova, Pisa, Roma e Napoli. Inoltre abbiamo dovuto chiudere i centri diurni dove presenti e sospendere a Osimo i trattamenti intensivi e l’attività del centro diagnostico. Cercando comunque di dare supporto. E di essere di riferimento a distanza per le famiglie e per chi vive a casa propria”.Come è cambiata l’attività dei centri per disabili nella pandemia?

“Ora stiamo ripartendo anche se con gradualità nei centri diurni e nei servizi territoriali. Seppure con alcune limitazioni poste dalle normative per garantire la massima sicurezza. E anche i volontari stanno riprendendo la loro preziosa attività. Questa ripartenza è fondamentale. Perché risponde ai bisogni degli utenti e delle loro famiglie che contano su di noi. Quel che è certo è che l’emergenza sanitaria dispiega ancora le sue conseguenze. Imponendo vincoli e procedure diverse da regione a regione. La preoccupazione di tutelare la salute degli ospiti e del personale è ancora l’obiettivo prioritario”.In che modo?

“L’imperativo della prudenza deve trovare il modo di coniugarsi con la necessità e l’urgenza di far ripartire i servizi in maniera importante. Per non lasciare sole le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali e le loro famiglie. Il centro diagnostico di Osimo ha ripreso ad accogliere bambini e adulti che chiedono una prima valutazione. Entra però un solo utente per volta. Per i trattamenti intensivi sono operativi tre posti su otto. Il centro diurno ha avuto l’ok per riammettere tutti i 15 utenti previsti. A condizione di definire un’area a loro uso esclusivo”.Può farci un esempio?

“I trattamenti ambulatoriali e domiciliari sono attivi, ma con pochissimi casi. Le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali ricoverate ancora non possono ricevere le visite dei loro famigliari e il loro programma di attività non contempla uscite. E i volontari stanno riprendendo seppur gradualmente le attività con le persone sordocieche seguite dai servizi e dalle sedi territoriali. Mentre nei centri sono operativi solo con il volontariato indiretto”.Quali indicazioni ne avete tratto?

“L’esperienza di questi mesi ci ha fatto capire ancor di più l’indispensabile supporto dei nostri sostenitori. Ma anche la necessità di essere più presenti nelle istituzioni. Sia in quelle regionali che a livello nazionale. Per sostenere e far comprendere i bisogni delle persone con gravi disabilità. Continuiamo quindi con determinazione ad andare avanti per essere nelle condizioni di aiutare quante più persone possibile. Confidando sempre nella concreta vicinanza di tutti e delle istituzioni interessate. La solidarietà concreta che ci è stata manifestata, rappresenta uno stimolo e infonde speranza”.