In età medievale il Kosovo fu il cuore dello Stato serbo dei Nemanja e dell’impero di Stefano Dušan. Conquistato dai Turchi ottomani (1389), acquisì valore simbolico nella tradizione culturale dei Serbi e di altri popoli balcanici e fu oggetto di una letteratura eroica, la cui riscoperta nel 19° secolo alimentò lo sviluppo dei movimenti nazionali slavo-meridionali. A questa tradizione, evidenzia l’Istituto Treccani, si riferirono gli autori dell’attentato contro Francesco Ferdinando d’Asburgo (1914). Nel corso dei secoli, d’altra parte, la composizione demografica del Kosovo era mutata a favore degli Albanesi. E nel 1878 si sviluppò qui il primo embrione del movimento nazionale albanese con la costituzione della Lega di Prizren. Sono 14 i militari italiani feriti in Kosovo. Una nota del ministero della Difesa riferisce che nella mattinata di ieri sono proseguite nelle città di Mitrovica Nord, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic le proteste della popolazione kosovaro-serba.
I moti di piazza sono scoppiati tentativo di impedire l’ insediamento nelle sedi istituzionali dei sindaci kosovari-albanesi eletti il 26 aprile (votazione boicottata dalla popolazione serba del Kosovo). Il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, segue con grave allarme gli ultimi sviluppi nel Nord del Kosovo. E in particolare gli scontri che hanno coinvolto nel pomeriggio di ieri la Missione della Nato Kfor, attaccata dai manifestanti nel comune di Zveçan. Tajani , si legge in una nota della Farnesina, ha telefonato al presidente serbo Aleksandr Vucic e al primo ministro kosovaro Albin Kurti ribadendo con forza che “ogni violenza e ogni provocazione deve cessare immediatamente. Kosovo e Serbia devono dare piena attuazione agli accordi che hanno sottoscritto grazie alla facilitazione dell’Unione europea. La violenza è inaccettabile. L’Italia vuole contribuire a raggiungere in tempi molto brevi una soluzione sostenibile nel Nord del Kosovo“.
Al primo ministro Kurti Tajani ha sottolineato con fermezza l’assoluta necessità che le autorità kosovare si astengano da ogni avventata azione unilaterale che possa presentarsi come provocazione e pregiudicare in maniera irresponsabile la sicurezza. Offrendo altresì i buoni uffici dell’Italia per facilitare il dialogo tra Pristina e Belgrado. Allo stesso tempo ha esortato il presidente Vucic affinché la Repubblica serba eserciti immediatamente tutta la sua influenza sulle popolazioni coinvolte in questi giorni nei disordini. Tajani ha ribadito a entrambi la disponibilità dell’Italia a essere sempre più presente nei Balcani Occidentali, anche in funzione di ponte tra la regione e il resto dell’Europa. Le nuove tensioni nel nord del Kosovo rischiano di far precipitare la situazione nel cuore dei Balcani, con la contrapposizione etnica che ha registrato ieri un’escalation preoccupante. Sfociata in violenti scontri fra militari della Forza Nato e manifestanti serbi che si oppongono all’entrata in servizio di nuovi sindaci di etnia albanese nei quattro maggiori comuni del nord a maggioranza serba.
I nuovi gravi incidenti, dopo quelli di venerdì scorso, sono avvenuti a Zvecan, dove i militari della Kfor, dopo ripetuti avvertimenti e appelli alla levata dei blocchi che impedivano anche il movimento dei mezzi della polizia locale, hanno affrontato i dimostranti serbi che assediavano da ore la sede del municipio locale per impedire al nuovo sindaco di insediarsi nel suo ufficio. Nei duri scontri i militari hanno fatto largo uso di sfollagente, lacrimogeni e bombe assordanti, mentre i serbi hanno risposto con un fitto lancio di sassi, bottiglie, molotov e altri oggetti. Il bilancio della battaglia è pesantissimo. Con decine di soldati Nato rimasti feriti, 14 dei quali italiani, del nono Reggimento alpini L’Aquila. In un primo momento si era parlato di 41 militari coinvolti ma in serata il comando della Kfor ha riferito di circa 25 soldati feriti.
Tre dei nostri connazionali hanno riportato ferite abbastanza serie – per lo più ustioni dovute al lancio delle molotov e fratture – ma non sono in pericolo di vita. Il comandante della missione Kfor, il generale italiano Angelo Michele Ristuccia, esprimendo la sua solidarietà ai militari feriti, ha fatto sapere di seguire in prima persona l’evolversi della situazione e assicurato che il contingente Nato resta “imparziale”. Immediate la solidarietà e la partecipazione giunte dalla premier Giorgia Meloni – che ha condannato l’attacco come “inaccettabile e irresponsabile”, avvertendo che non saranno tollerate altre azioni del genere – e dai ministri degli Esteri e della Difesa, Antonio Tajani e Guido Crosetto, che hanno espresso la vicinanza delle istituzioni ai soldati feriti e l’augurio di una pronta guarigione.
“È fondamentale – ha sottolineato Meloni – evitare ulteriori azioni unilaterali da parte delle Autorità kosovare e che tutte le parti in causa facciano immediatamente un passo indietro contribuendo all’allentamento delle tensioni. L’impegno del governo italiano per la pace e per la stabilità dei Balcani occidentali è massimo e continueremo a lavorare con i nostri alleati”. Alcune decine sono stati i serbi rimasti feriti negli scontri a Zvecan, uno dei quattro comuni del nord a maggioranza serba. Gli altri sono Zubin Potok, Leposavic e Mitrovica Nord. Anche in queste altre località la popolazione serba contesta l’elezione dei nuovi sindaci di etnia albanese avvenuta nel voto locale del 23 aprile scorso, una consultazione boicottata dai serbi e la cui legittimità viene contestata anche da Belgrado per via dell’affluenza alle urne estremamente bassa, poco più del 3%. E’ inammissibile, sostengono i serbi, che sindaci in rappresentanza del 2% della popolazione governino città i cui abitanti sono al 98% di etnia serba. Gli scontri sono avvenuti al termine di una giornata frenetica e piena di incontri, contatti e telefonate. Nel tentativo di disinnescare quella che appare essere una bomba pronta a esplodere in qualsiasi momento con conseguenze imprevedibili.
La dirigenza di Pristina – la presidente Vjosa Osmani e il premier Albin Kurti -, sottolineando la regolarità del voto del 23 aprile, puntano il dito contro Belgrado e le strutture illegali che mantiene nel nord del Kosovo. Strutture, sostengono, che si sarebbero trasformate in bande criminali che attaccano la polizia kosovara, i militari Kfor e i giornalisti, e alle quali addossano l’intera responsabilità delle violenze e della persistente instabilità al nord. Le autorità serbe dal canto loro accusano Pristina di voler occupare il nord con l’obiettivo di espellere la popolazione locale serba. Una situazione di muro contro muro che sembra non aver alcuna via d’uscita. E a dimostrarlo sono gli esiti infruttuosi dei numerosi incontri degli ultimi giorni e delle ultime ore che Belgrado e Pristina hanno avuto con rappresentanti della comunità internazionale – Ue, Usa, Quint, Nato, Osce. Tutti conditi di appelli alla calma e ad evitare ulteriori escalation. L’ambasciatore americano a Pristina Jeff Hovernier ha proposto che i nuovi sindaci lavorino non dai loro uffici nei rispettivi municipi ma in altri edifici. Una soluzione bollata però come “inaccettabile” dal vicepremier kosovaro Besnik Bislimi.
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