L’impegno della Croce Rossa itaIiana in Ucraina: l’intervista a Ignazio Schintu

Intervistato da Interris.it, il direttore delle operazioni di emergenza della Croce Rossa Italiana che fa il punto sulla crisi umanitaria in Ucraina e parla delle necessità dei profughi e delle popolazioni colpite dalla guerra

Raggiungiamo telefonicamente Ignazio Schintu, Direttore delle operazioni di emergenza e soccorso della Croce Rossa italiana, mentre il convoglio partito da Roma domenica è appena entrato in Ucraina. Si tratta di 18 mezzi diretti a Leopoli con materiale di diverso tipo incluse ambulanze per la Croce Rossa ucraina. In queste ore la missione sta facendo ritorno in Italia con un gruppo di oltre 80 persone fragili (bambini, anziani, diversamente abili) che saranno ospitati nel nostro Paese. Non è il primo e non sarà l’ultimo viaggio della Croce Rossa italiana che si prepara, anche tramite nuove strutture logistiche e mesi, forse anni, di impegno umanitario per le popolazioni dell’Ucraina martoriate dal conflitto.

Direttore Schintu, questa nuova missione mette al centro il sostegno alle fragilità, perché?

“Stiamo dando una risposta concreta ad un gruppo di persone che seguivano un percorso di recupero psichiatrico in una cittadina nella zona del Donbass. Con la guerra non hanno più potuto ricevere le cure appropriate. La nostra consorella – la Croce Rossa ucraina – ci indica i soggetti più fragili che hanno bisogno di intervento immediato. Le scorse settimane abbiamo soccorso e portato in Italia un primo gruppo di 84 persone, questo che prederemo oggi è di 86 elementi”.

Quindi dopo una prima fase di fuga di massa ora restano le persone più fragili che non riescono a scappare con i propri mezzi?

“Sì ora ci sono persone che arrivano dalle zone di guerra, dalle quali è più complicato essere evacuati, consideri che la direttrice del centro psichiatrico viene da Mariupol. All’inizio della guerra chi aveva un punto di riferimento in Europa, parenti o amici, è andato via immediatamente. Ora bisogna accogliere persone che non hanno nessuno su cui contare e che non avrebbero la possibilità di lasciare il Paese da soli”.

Le richieste di aiuto dal terreno sono cambiate?

“I bisogni cambiano continuamente, fin dall’inizio ci siamo dedicati a far arrivare beni di prima necessità. Prima chiedevano brandine e coperte ora invece ci sono più richieste di cibo e vestiario, dal momento che fa ancora molto freddo, oggi ad esempio sta nevicando. Facciamo partire quatto o cinque tir a settimana con materiale di ogni tipo”.

Dal punto di vista sanitario quali sono le necessità?

“La Croce Rossa ucraina, che ha il polso della situazione, ci ha chiesto delle ambulanze, molti dei loro mezzi stanno lavorando sotto pressione per portare soccorso nelle aree di guerra. C’è anche una richiesta medici che possano occuparsi della popolazione civile non coinvolta dai combattimenti. Confermo poi che all’inizio del conflitto ci sono stati chiesti sacchi per le salme delle vittime della guerra”.

Sappiamo che la Croce Rossa sta allestendo in Romania un hub per lo smistamento degli aiuti. Questo significa che prevedete il conflitto durerà ancora molto?

“L’hub è situato nel nord ovest della Romania e già nei prossimi giorni sarà operativo e in grado di stoccare materiale equivalente al carico di 25 tir. Anche se finisce guerra domani le città sono distrutte, poi ci sono fragilità pregresse al conflitto che sono peggiorate, pertanto credo che ci sarà bisogno di andare avanti per qualche anno. Questo me lo dice la mia esperienza con altre crisi, nella ex Jugoslavia siano andati avanti per anni, c’è una prima fase di emergenza immediata e poi c’è la ricostruzione. Noi lavoriamo in sinergia con le realtà del territorio come la protezione civile nazionale e stiamo già dando una risposta concreta a bisogni che, ripeto, cambiano di giorno in giorno”.

L’afflusso dei profughi come procede?

“Finora ho passato tre volte la frontiera e devo dire che mi sembra che stia diminuendo, chi arriva ora sono persone che hanno resistito per settimane in condizioni terribili e che non hanno nessuno al di fuori dell’Ucraina. Comunque le persone che portiamo in Italia chiedono un’accoglienza temporanea e appena sarà possibile torneranno a vivere nel loro Paese”.

Insomma lei sta dicendo che, anche nella migliore delle ipotesi, dobbiamo prepararci ad un impegno umanitario che durerà anni?

“Ho visto diverse situazioni di questo tipo, contesti in cui si è dovuto ricostruire e riorganizzare strutture essenziali, basta pensare solo agli ospedali e alle cure ordinarie. La Croce Rossa italiana sta facendo uno sforzo enorme, quasi senza precedenti, per questo mi permetto di rinnovare l’appello a donare anche pochi euro alla nostra organizzazione. Solo grazie ai donatori riusciamo a fare tutto questo”.

Meglio pochi euro che le raccolte di cibo e vestiti, vero?

“Si vorrei che tutti capissero che per noi è preferibile ricevere anche un solo euro che poi sappiamo come utilizzare in base ai bisogni. Ci sono già delle aziende che provvedono alle grandi donazioni di cibo e abbigliamento. I bisogni cambiano velocemente e per questo servono fondi. Faccio un altro esempio, all’inizio portavamo molta pasta ma poi ci hanno detto che non sapevano come cucinarla allora abbiamo raccolto confezioni di cibo autoriscaldante che è più facile da consumare. Si tratta di confezioni che si scaldano spingendo un pulsantino e che danno conforto anche nelle aree più remote dove è difficile allestire una cucina. Con la primavera, tra 15 giorni, probabilmente le richieste cambieranno nuovamente”.