Il monito inascoltato della guerra. Ogni conflitto inizia con l’illusione della breve durata per poi condurre l’umanità in una palude sanguinosa di distruzione e crudeltà. “Guerra” e “Russia” sono parole della tragica attualità. Ma anche termini carichi di storia atroce. Il film “La seconda via” di Alessandro Garilli fa giustizia a una pagina di storia dimenticata dal cinema. Ovvero la ritirata dal fronte russo nel gennaio del 1943. Un vero disastro militare e politico in cui trovarono la morte 100 mila giovani italiani. E proprio a loro, alle loro madri e “ai sogni spezzati” è dedicato questo film. Necessariamente spartano e dai paesaggi gelidi, ora in sala, distribuito da Rs Productions.
Lezione della storia
L’occasione è costituita ottantesimo della ritirata di Russia e della Prima Giornata Nazionale della Memoria e del Sacrificio Alpino. Di scena, infatti, quello che resta della compagnia 604 che si trova costretta ad attraversare la steppa per sfuggire all’accerchiamento nemico. Ovvero sei alpini più un mulo che per giorni e giorni avanzano in silenzio sotto la neve. Mentre la temperatura tocca i 40 gradi sotto zero. Un esasperante cammino in un deserto bianco che fa perdere agli uomini la percezione del tempo. E li porta a rifugiarsi in una dimensione onirica. Dove esiste una “seconda via” (da qui il titolo della pellicole). Una “seconda via” fatta di sogni, incubi, ricordi. Il film è un lungo viaggio nell’umano fra boschi e villaggi innevati. Con qualche flashback pre-guerra. Nel cast: Ugo Piva, Nicola Adobati, Sebastiano Bronzato, Simone Coppo. E ancora, Giusto Cucchiarini, Stefano Zanelli, Nina Pons, Anna Orso, Melania Dalla Costa. Con la partecipazione straordinaria di Neri Marcorè.
Campagna di Russia
”Quando iniziai a scrivere il soggetto de ‘La seconda via‘ – spiega il regista- solo un ristrettissimo numero di opere raccontava la campagna di Russia. Ma nessuna di esse parlava degli alpini o mostrava, se non marginalmente, la ritirata. Ossia quel terribile viaggio a ritroso. Iniziato nel gennaio 1943. E costato la vita a centinaia di migliaia di giovani soldati italiani. Ma anche tedeschi, ungheresi, rumeni e russi“. Aggiunge Alessandro Garilli: “Mancava quindi, a mio avviso, un’iconografia filmica della ritirata di Russia. Una mancanza importante. Perché in un’epoca dominata da media visivi non possedere un’immagine equivale a cancellare un ricordo. Si incontrano di frequente ragazzi che non conoscono nulla della ritirata di Russia. Però hanno nozione di altri conflitti che esulano dalla nostra storia. Come la guerra del Vietnam. Per averla vista nei film. Non per averla studiata”.
Le ragioni della memoria
“L’urgenza narrativa di questo lavoro nasce anche da ragioni più intime. Che hanno a che vedere con la sofferenza di chi ha compiuto questo surreale cammino. E che mi hanno portato a scrivere più che un film di guerra un film di uomini nella guerra– sottolinea Alessandro Garilli-. La sceneggiatura sposa così il tema della perdita della concezione del tempo. Di alpini che attraversando la steppa si trovarono a battere due vie. Una prima fatta di passi veri nella neve. Ed una seconda via mentale. Dove sogni e ricordi in realtà si confondevano. Dilatando la percezione del tempo“.
Santa Caterina di Svezia, religiosa dell'Ordine del Santo Salvatore Svezia, 1331- Vadstena (Svezia), 24/03/1381. È una degli otto figli di santa Brigida. Sposa il...
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