Giorni di Guerra. Russia e Ucraina, il mondo a pezzi

Alcuni estratti del nuovo libro del giornalista Toni Capuozzo sul conflitto cominciato oltre due mesi fa nell'est europeo

5 gennaio 2022. Trenta giorni alla guerra. Non credo di essere snob o, al contrario, populista nel dire che tutto il brusio sull’elezione del presidente mi sembra stonato rispetto ad almeno due emergenze, quella pandemica e quella internazionale in Ucraina. Non mi sembra che la classe politica ci stia facendo una gran figura e la sacralità della scadenza mi pare sopraffatta da calcoli pensionistici tra i parlamentari, sfiorite passioni ideologiche tra il pubblico, editoriali bizantini e modesti gossip nel giornalismo.

Veniamo da una pessima figura in Afghanistan, tuttora pagata soprattutto dalle donne afghane. Ci accodiamo alle tensioni ucraine senza porci domande: ma è davvero così essenziale per l’Occidente l’espansione della NATO ai bordi della Russia (sì, la stessa NATO che stava in Afghanistan)?

John Kennedy stava per fare una guerra quando l’URSS si preparava a mettere i missili a Cuba. Quando accendi un confronto è sempre difficile fare un passo indietro. Prima ancora di sbandierare il valore della pace, non basterebbe pensare che, sì, la Russia campa sull’esportazione del suo gas e pagherebbe caro uno stop, ma l’Europa poggia per quasi metà del suo fabbisogno su quella fonte e ci troveremmo al freddo?

Sì, la guerra è impossibile. Però le cose scivolano di mano e, allora, anche le scadenze istituzionali più sobrie fanno il rumore di un’orchestrina di Sanremo: intrattiene e distrae.

24 febbraio 2022. Primo giorno di guerra

È difficile provare a essere razionali quando sai che c’è chi muore, adesso e quando tutto sembra una follia. L’invasione di Putin è basata su due convinzioni: 1) gli Stati Uniti non interverranno se non a parole e la NATO idem; 2) le sanzioni faranno male alla Russia ma non sono fatali.

L’invasione ha due obbiettivi, annunciati nelle parole di Putin: 1) demilitarizzare; 2) denazificare il Paese. Cosa vuol dire? Distruggere l’apparato militare e destituire la dirigenza politica ucraina, magari sostituendola con uomini ucraini di fiducia. Quanto ci vorrà per raggiungere questi obbiettivi? È questa la domanda che decide l’agenda dei prossimi giorni, e la natura del conflitto.

La Terza guerra mondiale? Se qualcuno si azzardasse a intromettersi, Putin promette conseguenze mai viste, ma nessuno lo farà. Resterà un conflitto locale, che cambia il mondo, e spoglia i sogni di quieta globalizzazione, di allegro e indolore contagio della democrazia. Allora tutta causa di Putin?

Chiediamoci se è stato saggio aprire filiali NATO come caffetterie e se l’Ucraina ha giocato la carta giusta, scegliendo di non essere neutra e rassicurante parte terza. Un giorno nero per l’Europa, umiliante per gli Stati Uniti. E per Putin? Come per ogni giocatore, dipende.

Il barile di petrolio ha superato i 100 dollari, oggi. Fa male al cuore vedere quel che succede, ma anche il portafoglio duole un po’. C’è sempre una parte con cui stare: i civili innocenti, poiché non esistono guerre chirurgiche né bombardamenti intelligenti.

Ci sono sempre colpe da distribuire: Putin, la sua politica di potenza, l’ordine di invasione. Biden, la sfida di una NATO senza confini. Il premier ucraino che si è fatto spingere nella sfida — vai avanti tu — senza valutare che forse per l’Ucraina libera era meglio essere una terra di nessuno, o dei soli ucraini, scambi e commerci piuttosto che missili.

Nessuno è completamente innocente, se non i civili. E a questo punto c’è da sperare con tristezza che duri poco, che la Russia di Putin smantelli l’apparato militare ucraino e ne deponga il governo, nominando un fantoccio e facendo dell’Ucraina una Bielorussia 2. No? Protrarre la resistenza vuol dire essere spettatori di una lunga agonia o intervenire. Chi è disposto a morire per Kiev alzi la mano. Oppure c’è da sperare che si ripeta la Georgia del 2008. La Russia si tiene Mariupol e forse Odessa, e molla l’osso. L’Ucraina resta in libertà vigilata, la cosiddetta finlandizzazione, cioè la sovranità su trasporti, sanità eccetera, non sulle alleanze politico militari.

Per chiunque ami la pace è un giorno nero. Possiamo anche chiederci se Putin non abbia varcato la linea, se non abbia esagerato con l’azzardo, e sia ormai un autocrate folle, distante da tutto come in fondo a uno di quei tavoli lunghi. Vedremo. Intanto chi sta peggio, tra i cosiddetti grandi, è Biden.

E anche noi europei a scaricare salve di sanzioni che faranno male a sanzionati, ma anche a sanzionanti. Ma i grandi se la cavano sempre. I civili no, che parlino russo o ucraino, o yiddish, come gli ultimi ebrei di Odessa.

Pubblichiamo per gentile concessione alcuni brani del libro di Toni Capuozzo Giorni di guerra. Russia Ucraina, il mondo a pezzi. Con le foto dal fronte di Fausto Biloslavo, Gabriele Micalizzi, Francesco Semprini, Vittorio Nicola Rangeloni. Illustrazioni di Giuseppe Botte. Contenuti multimediali fruibili con smartphone o tablet (QR  Code). Signs Publishing, pagine 176, euro 15