Giornata nazionale del Mare: tutti i paradossi della situazione italiana

Il biologo marino Francesco Bertolino ci spiega, alla vigilia della giornata nazionale del mare, quali sono i problemi del settore e che cosa serve per superarli

L’11 aprile ricorre in Italia la Giornata nazionale del Mare. Una giornata importante, pensata per sensibilizzare tutti su un argomento che per un Paese come l’Italia dovrebbe essere strategico: per l’economia, per il turismo, per i trasporti, per le produzioni. E invece non lo è.

Ne parliamo con Francesco Bertolino, biologo marino e rappresentante legale della cooperativa Bio&Tec di Trapani, che si occupa di studi sulla biologia marina, di progetti con il mondo della pesca sia locali, che nazionali ed europei.

Qual è il problema principale del mare in Italia?

“Il mare è ormai diventato un piatto appetibile a tanti, forse troppi. Quando si parla di mare pensiamo solo alle vacanze estive, ma c’è molto di più. Basti pensare che il mare è un ricettacolo di disturbi ambientali come sversamenti, traffico marittimo, inquinamenti di diversa origine, che incidono sulla componente acqua. Il tema dell’inquinamento costiero non viene considerato abbastanza. Ci sono problemi che passano sulle nostre teste e non ce ne rendiamo conto.

Si dice che c’è poco pesce, che abbiamo pescato troppo. E’ certamente vero che si sia troppo sfruttato il mare, molti stock ittici sono in sofferenza.

Forse il prelievo è stato eccessivo, ma la sofferenza degli stock ittici è dovuta a diversi fattori. Per esempio il traffico marittimo è certamente importante, ma disturba molto il pescato.

Foto di Francesco Bertolino

Quando si parla di balene e delfini spiaggiati, immaginate una rotta in cui ogni 15 minuti passano aliscafi. O le barchette in estate. Non pensiamo che sotto c’è un mondo che vive e risente del traffico…

Poi il caro gasolio, i mille vincoli, alcuni pertinenti e altri assolutamente fantasiosi. Spesso una legge emanata da Bruxelles non può tenere conto delle peculiarità locali! La pesca che si fa in Norvegia è ben diversa da quella che si fa in certe zone mediterranee come la Grecia, che per certi versi somiglia tantissimo alla nostra Italia meridionale.

Una regola che va bene per il grosso peschereccio danese, non può andare bene per il piccolo peschereccio locale in Italia.

Le associazioni di categoria dei pescatori spesso fanno grandi battaglie per cercare di spingere l’Europa a tenere conto delle tante differenze.

Ad esempio: alcune specie di pesce tradizionalmente venivano un tempo pescate con certi attrezzi, ma oggi per le leggi europee non possono essere più pescate perché, ad esempio, una certa dimensione di maglia della rete non è più consentita.

Foto di Francesco Bertolino

Questa mancata possibilità di effettuare le pesche tradizionali, che cosa comporta? Si parla di eccessivo ‘sforzo di pesca’, ovvero si finisce per pescare solo poche specie richieste dal mercato; ma queste pesche tradizionali spostavano la pesca verso tante specie diverse. Se io mi dedico a specie diverse in varie stagioni dell’anno, lascio ‘respirare’ le altre specie. Ecco perché notiamo una diminuzione di taglia in certe specie più richieste… non diamo loro il tempo di crescere!”.

Qual è la mancanza più eclatante in Italia rispetto al sistema mare?

“Manca una vera assistenza di tipo finanziario al mondo della pesca. Il FEAMP, il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca, è in via di esaurimento. In questo caso bisogna sempre più puntare sulla pesca artigianale (barche sotto i 12 metri) e cercare finanziamenti per queste realtà: acquisto di nuovi attrezzi, rispettosi delle leggi previste; aiuto in progetti di ricerca collaterale alla pesca, come la ricerca sull’inquinamento da plastica.

Il pescatore a oggi non riesce a vivere solo di pesca, quindi va responsabilizzato facendo sì ad esempio che si prenda cura di altri aspetti, come la pulizia del mare.

Il mare non è solo un luogo dove si va a prelevare quello che si vuole, me è come un campo che va coltivato.

Basti dire che in Italia Il mare rientra sotto il Ministero dell’Agricoltura, quindi i pescatori sono trattati come agricoltori…

Chi vive di mare dovrebbe essere più rispettato. Tra le varie problematiche, il mondo della pesca sportiva ad esempio è un mondo ormai complesso: c’è chi froda perché va a pescare e poi a vendere il prodotto. Questi soggetti spesso sfuggono perché non hanno barca, non sono censiti, non esistono…Questo crea un grosso danno al pescatore che vive di pesca. Si chiama pesca di frodo”.

Cosa si può fare per migliorare la situazione del sistema mare in Italia?

Foto di Francesco Bertolino

“I pescatori hanno bisogno di corsi di formazione non tanto su come si pesca, ma su normative e attrezzature, ma anche una formazione scientifica. Poi anche i pescatori devono sostenere i corsi HACCP. Purtroppo anche in questo ci sono molte normative da seguire e non sempre sono migliorative… un esempio su tutti: una volta i nostri pescatori usavano le cassette di legno, materiale poroso che si impregna. Era comunque biodegradabile. Adesso invece bisogna usare il polistirolo perché lo impone la la normativa per l’HACCP. Così facciamo anche un danno al mare… sulle nostre coste è pieno di queste cassette abbandonate che non sono più biodegradabili! Punto di forza, fortunatamente, è che la natura ha grandi capacità di recupero e di resilienza…”