Friso (Edizioni Frate Indovino): “La musica è dono e comunione”

L’intervista al direttore operativo di Frate indovino Paolo Friso, organizzatore del concerto di Perugia dell'Orquesta de Instrumentos Reciclados de Cateura

Per fare un violino, ci vuole un rifiuto gettato via. Riprendendo la celebre filastrocca di Gianni Rodari e musicata da Sergio Endrigo Ci vuole un fiore, si può capire e trasmettere ciò che fa l’Orquesta de Instrumentos Reciclados de Cateura, l’ensemble composto da bambini e adolescenti paraguaiani che vivono vicino a un’enorme discarica non lontana da Asunción, capitale del Paraguay, da dove vengono recuperati i materiali di scarto con cui realizzano gli strumenti musicali grazie ai quali eseguono un repertorio che va dalla musica classica a quella popolare, fino alla musica leggera.

La storia

Per i giovani della comunità di Bañado Sur, situata intorno alla discarica di Cateura ad Asunción, che vivono in condizioni di precarietà, vulnerabilità ed esclusione sociale in un insediamento informale molto povero, l’Orchestra si propone di sviluppare un processo formativo rivolto ai bambini e ai ragazzi attraverso la musica. Nel laboratorio di liuteria si realizzano oggetti che imitano strumenti d’orchestra nella forma e nel suono, dai violini e violoncelli alle chitarre, dai flauti agli strumenti a percussione. Lo scopo del progetto, ideato e diretto dal 2006 da Favio Chávez, tecnico ambientale, è che questi ragazzi vivano esperienze che li aiutino ad apprendere, a rimanere a scuola, a sviluppare la loro creatività e ad avere accesso a quelle opportunità che gli possano consentire di migliorare il loro futuro. Negli anni questo progetto ha superato i confini nazionali e dal 2012 l’Orquesta si esibisce all’estero, in Europa e in Asia, e nel 2017 ha calcato le assi del palcoscenico del teatro Ariston, durante il Festival di Sanremo.

L’intervista

In occasione di un concerto dell’orchestra che si è svolto a Perugia lo scorso 18 maggio, Interris.it ha intervistato Paolo Friso, direttore operativo di Edizioni Frate Indovino e organizzatore dell’evento.

Com’è nato questo concerto a Perugia?

“Circa 300 ragazzi frequentano la scuola di musica ad Asunción, i più piccoli suonano nell’oratorio dei frati minori cappuccini a Cateura, e noi di Edizioni Frate Indovino siamo un’emanazione dei cappuccini. Riuscire ad avere una loro data nel capoluogo umbro è stata una piccola conquista, nell’unico momento possibile all’interno della loro tournèe europea che prevede anche qualche tappa negli Stati Uniti. Tra il pubblico c’erano allievi di scuole di musica e persone della Caritas locale. Negli occhi di questi 12 ragazzi sudamericani ho letto una gran felicità, partiti dalla loro baraccopoli si sono ritrovati a girare il mondo e a visitare posti come Assisi”.

In quale contesto sociale vivono questi ragazzi?

“In una baraccopoli dove l’unica attività è separare i rifiuti della vicina discarica, che tra l’altro rappresenta un problema molto grave per Asunción. La città si trova su un fiume e quando piove il livello del fiume si alza, così che l’acqua si mischia con i rifiuti nella discarica. Una bomba ad orologeria ecologica. Quello che fanno raccogliendo i rifiuti per farci strumenti ci ha molto toccato, perché è un gesto di custodia del Creato mosso da un ecologismo profondo. Nella natura ritroviamo il rapporto con Dio e con le persone, insegnava san Francesco”.

Cosa avete provato ad assistere a un concerto del genere?

“Ci siamo trovati non solo ad ascoltare buona musica, ma proprio a vivere un’esperienza fatta di emozione e tenerezza. Si prova una certa commozione a vedere dei ragazzi che si riscattano grazie a degli strumenti fatti con dei rifiuti riciclati. L’evento in sé è stato molto informale, con il loro direttore che introduceva il gruppo, accompagnato dalla traduzione simultanea ‘a braccio’ di un frate brasiliano. I ragazzi hanno detto che la musica è un potente strumento di condivisione, soprattutto per loro che non hanno scolarizzazione e devono affrontare un importante gap culturale. Prima di ogni esecuzione introducevano ogni strumento, spiegando com’era fatto. I tasti del flauto per esempio, erano monete guaranì, il sassofono era stato realizzato con tubi acqua sagomati e per i tasti erano stati usati pezzi di scatolette di sardine, mentre gli strumenti a corda avevano casse armoniche fatte con la latta e scatolame vario, una forchetta a tenere le corde e un cucchiaio come mentoniera per i violinisti. Hanno suonato, in versione strumentale, brani di Coldplay, Astor Piazzola, composizioni di Mozart, Imagine di John Lennon, invitandoci a immaginare un mondo senza barriere sociali, in cui si aiutano quelle persone che si ritrovano a vivere in condizioni di marginalità, scartate. Dopo l’esibizione, in cui alcuni di loro, microfonati, sono anche scesi tra il pubblico girando tra le sedie, ce li hanno anche fatti suonare, mentre durante il concerto una suora è salita sul palco a suonare la chitarra e cantare La canzone del sole di Lucio Battisti”.

La musica è uno strumento per la promozione umana e spirituale, quindi?

“La musica è il mezzo per la reciprocità, l’ascolto, il dono. Il significato della musica è dono e comunione. Abbiamo sentito un trasporto e una gioia contagiosi, delle note che si sentono nell’anima e nel cuore”.

Che messaggio è per noi, in questa parte del mondo più fortunata?

“Innanzitutto è invito a rimboccarci le maniche e che possiamo rivedere in modo più sobrio il nostro stile di vita. Se si può fare musica con degli strumenti fatti con le forchette e i cucchiaini, ‘cadono’ tanti bisogni e tante esigenze indotte nella società dell’effimero. Con le piccole cose si può stare insieme nella gioia, si può fare arte e si può ottenere il riscatto sociale”.