Gli “evaporati”: i giapponesi che cambiano identità

Cambiare personalità o, addirittura, cambiare interamente sé stessi? In Giappone accade e anche di frequente. Tanto da rendere necessario un richiamo alla responsabilità

Ogni anno circa 100 mila persone, in Giappone, decidono, a seguito di imprevisti o fallimenti nel lavoro, nell’amore, nel sociale, di “evaporare” al fine di sparire a livello amministrativo e anagrafico. Lo johatsu è, infatti, un giapponese che è riuscito a lasciare dietro di sé il vuoto e l’anonimato. Tali insuccessi inducono alcuni nipponici addirittura al suicidio, non potendo sopportare l’onta del fallimento dinanzi agli altri e a se stessi. Da qualche anno, si è intensificata la pratica dell’“evaporazione” in virtù di una legislazione che permette, abbastanza agevolmente, il cambio di identità e una sorta di nuova vita, come nuova persona.

L’origine del fenomeno

La prima traccia ufficiale alla base del fenomeno, è un film documentario girato in Giappone, dal titolo “Evaporazione dell’uomo”, del regista Shōhei Imamura, che tratta dell’argomento e risale al lontano 1967. Ciò fa intendere quanto sia radicato, da tempo, questo problema e come non sia legato soltanto alle crisi economiche più recenti. Il fenomeno può apparire sorprendente, tanto più se si considera la storia del Paese, dalle consolidate e ferree tradizioni morali, spirituali e militari dei secoli scorsi, fino alle drammatiche circostanze finali della seconda guerra mondiale, seguite all’estraneità, da parte delle forze armate e della popolazione, al termine “resa”.

Onore nipponico

L’evaporazione, dunque, colpisce maggiormente perché coinvolge un popolo storicamente insospettabile. Ciò che va valutato, tuttavia, è il profondo e innato senso di vergogna, soprattutto in relazione ai loro stessi connazionali; per questo motivo si spiegano anche i suicidi legati al fallimento nell’ambito lavorativo. Il giapponese fatica a perdere la faccia, in particolar modo dinanzi alla propria gente e, in molti casi, deve sparire dalla circolazione in maniera tragica o cancellando l’identità. La scrittrice Léna Mauger e il marito, il fotografo Stéphane Remael, hanno pubblicato, nel 2016, per Skyhorse Publishing, un libro dal titolo “The vanished” in cui, da veri esperti, trattano il fenomeno dello johatsu e lo quantificano in circa 100 mila casi ogni anno.

Come si “evapora”

L’evaporazione riguarda in genere gli uomini ma ci sono casi anche di donne e addirittura, soprattutto nei casi di fallimento economico, di intere famiglie. In molti casi, l’evaporato sceglie le grandi metropoli della propria nazione, dove è facile passare inosservati. La problematica muove alcuni “esperti del settore” e delle vere e proprie agenzie, chiamate yonige-ya, specializzate nelle fughe notturne, che consigliano e agevolano l’evaporazione del soggetto, creando un ampio giro di affari.

Il fenomeno è legato, al momento, soltanto al Paese del Sol Levante. In Italia, in particolare, non ha attecchito, sia per le notevoli difficoltà a sparire a livello amministrativo e ricominciare con una nuova identità nello stesso territorio nazionale, sia per un senso dell’onore meno ferreo e rigido rispetto ai giapponesi e più propenso ad accettare, comunque, la condizione sociale e psicologica di un fallimento.

I numeri

Una prima idea di tipo quantitativo: il Giappone è uno Stato con circa 127 milioni di abitanti (più del doppio dell’Italia, ferma a 60 milioni) e una superficie estesa per soli 76 mila chilometri quadrati in più rispetto al Belpaese (pari a 301 mila). L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse o Oecd come acronimo inglese) svolge un ruolo consultivo, soprattutto in tema di politiche commerciali e problematiche comuni ai 36 Stati che, al momento, ne sono membri. Il sito dell’Ocse, offre una grande panoramica del Giappone con dati di varia natura su cui riflettere.

Gli indicatori

È importante ricordare, in termini di motivazioni che spingono allo johatsu, la premessa, in particolare l’ultima frase: “Il Giappone consegue buoni risultati per alcune valutazioni sul benessere del Better Life Index, collocandosi al vertice della classifica in tema di sicurezza personale. Il Paese si attesta al di sopra della media OCSE in termini di reddito e ricchezza, istruzione e competenze, occupazione e guadagni, abitazione, sicurezza personale e qualità ambientale. Il Giappone si colloca, invece, al di sotto della media OCSE in termini di impegno civile, benessere soggettivo, relazioni sociali, equilibrio lavoro-vita privata, e stato di salute”.

Si legge anche: “Si riscontra un notevole divario tra le fasce più ricche della popolazione e quelle più povere il 20% più ricco della popolazione, infatti, guadagna sei volte di più rispetto al 20% più povero della popolazione. In termini di occupazione, in Giappone il 75% delle persone di età compresa tra 15 e 64 anni ha un lavoro retribuito, al di sopra del tasso medio di occupazione OCSE, pari al 68%”. Un dato di natura “verbale” è contraddetto dalla realtà dell’evaporazione: “L’89% delle persone intervistate ritiene di conoscere qualcuno su cui poter contare nel momento del bisogno, una percentuale in linea con la media OCSE, pari all’89%”. Conclude “Nel complesso, i giapponesi sono meno soddisfatti della propria vita rispetto alla media OCSE. Quando è stato chiesto di valutare la loro soddisfazione generale per la vita, su una scala da 0 a 10, i giapponesi hanno dato, in media, un voto pari a 5,0 punti, un punteggio inferiore alla media OCSE di 6,5 punti”. Il sito continua attraverso una serie di numeri, indicatori, stime e percentuali nei vari settori, fino a delineare un quadro molto preciso, per certi versi sorprendente, del Paese.

Il consiglio del filosofo

La società mondiale moderna, schizofrenica e ipertecnologica, a livello di immagine non concede fallimenti, né dinanzi al coniuge, né davanti ai genitori, agli amici, ai colleghi, alla scuola; una condizione che non dà certezze e che può, in un batter di ciglia, trasformare la vita di un individuo sino a renderlo solo e ultimo quando poco prima era un leader rampante, sicuro e benestante. Un suggerimento, di duemila anni or sono ma del tutto attuale, lo fornisce Lucio Anneo Seneca. Il filosofo, che scambiava diverse lettere con San Paolo, affermava “Il tuo animo deve cambiare, non il cielo sotto cui vivi. La furia con cui continuamente viaggi di qua e di là non serve a nulla. E sai perché non trovi sollievo nella fuga? Perché fuggi portandoti sempre dietro te stesso”.

Responsabilità etica

Fuggire dal problema, ove è possibile, come filosofia di vita non risolve lo stesso, lo rimanda e lo mantiene nello spirito di chi è in difficoltà. È sempre lì, pronto a riproporsi poiché non è stato affrontato faccia a faccia, con fede e coraggio, con la determinazione e la voglia di risolverlo. La terza economia più importante al mondo deve essere responsabile a livello etico e permettere, a chi ha avuto delle problematiche, di poter ripartire, con la consapevolezza che cadere è umano ed è un’opportunità per rinascere, con fiducia e fede.

Le istituzioni giapponesi, notoriamente molto rigide, dovrebbero anche essere più attente alla facilità e al mercimonio del cambio dell’identità, mitigarlo sino a sconfiggerlo e operare un mutamento di mentalità nella popolazione. La comunità giapponese, famosa all’estero per la generosità e l’affabilità, sarà più pronta ad aiutare un figlio in difficoltà. Si tratta anche di offrire un importante esempio per i giovanissimi che non vedranno i loro genitori fuggire dinanzi all’imprevisto (e non ne saranno ulteriori epigoni) bensì lottare per recuperare.