Ecco perché i libri “parlano” anche quando sono negli scaffali di casa

L'intervista di Interris.it a Luigi Contu, direttore dell'Ansa, sul suo ultimo libro dal titolo "I libri si sentono soli", edito da La Nave di Teseo+

I libri comunicano emozioni anche quando sono in libreria. Per questa ragione devono essere sistemati, catalogati, curati e addirittura “coccolati”: è questa la conclusione alla quale è giunto il giornalista Luigi Contu, direttore dell’agenzia Ansa, che durante un trasloco scopre emozioni e ricordi nella straordinaria biblioteca ereditata dal padre Ignazio, importante giornalista ed intellettuale.

Chi è Luigi Contu

Figlio di Ignazio Contu (1930-2011), ha iniziato l’attività giornalistica negli anni Ottanta nella redazione del giornale economico Ore 12. Nel 1985 passa alla redazione economica dell’Ansa e nel 1997 assume l’incarico di responsabile della redazione parlamentare. Nel 2004 diventa responsabile della redazione interni del quotidiano la Repubblica. Il 10 giugno 2009 il comitato esecutivo dell’agenzia ANSA lo nomina direttore responsabile, al posto di Giampiero Gramaglia, su indicazione del presidente dell’Ansa Giulio Anselmi. È stato segretario e vice presidente dell’Associazione stampa parlamentare dal 1994 al 2000.

L’intervista

Interris.it ha incontrato Luigi Contu per intervistarlo sul suo ultimo libro “I libri si sentono soli”, edito da La Nave di Teseo +.

Direttore, nel suo ultimo libro “I libri si sentono soli” racconta un secolo di storia attraverso, appunto, i libri della sua biblioteca familiare. Quali emozioni le ha dato questo viaggio a metà strada tra fatti storici e vissuti personali?

“Ci sono stati due tipi di emozioni diverse, la prima è stata quella di trovare, in un periodo di tempo molto stretto a causa del trasloco, questa grande quantità di libri in prima edizione o d’epoca. Metterli giorno per giorno a posto è stato come ripercorrere la storia attraverso questi oggetti meravigliosi. Questa emozione poi si è trasformata in una cosa più intima perché attraverso gli stessi libri, molti dei quali tradotti proprio da mio nonno, ho cominciato a ritrovare gli affetti della mia famiglia e rivivere personaggi e vicende che mi hanno riportato ad un sentimento affettuoso. Sono due livelli di emozione diverse, uno di bellezza estetica per la letteratura e per la storia, mentre l’altra per gli affetti”.

C’è qualche scoperta che l’ha stupita? Un libro che non si aspettava di trovare?

“Ce ne sono tante, sicuramente la cosa che più mi ha colpito è stato questo piccolo libretto che ho ritrovato, contenente una poesia inedita di Giuseppe Ungaretti, molto amico di mio nonno. Sono riuscito a scoprire l’origine di questi versi grazie a delle ricerche fatte insieme a mia figlia e questo mi ha veramente emozionato perché probabilmente poche persone li avevano letti.  Poi mi hanno colpito tantissimi libri molto particolati, ne ho trovato uno che mi ha particolarmente affascinato, è la storia di una spedizione antartica organizzata dalla Società Internazionale. Risale agli anni ’20 ed è la prima missione compiuta all’Artico alla caccia di aurore boreali, riproducendo per la prima volta questa meraviglia delle aurore boreali, studiandone forma e origini e piena di fotografie in bianco e nero. Ecco questo anche mi ha veramente colpito”.

A proposito del libro che ha scritto, perché i libri si “sentono soli”? 

“Questa era una delle cose che mio padre ci raccontava da bambini, nel corso della vita egli ha sostenuto che i libri avessero una loro vita e proprio per questo era bene conservarli, coccolarli, collocarli al posto giusto affinché potessero ‘comunicare’ non soltanto mentre venivano letti. Sostanzialmente sosteneva che i libri possono provare dei sentimenti. Studiando e leggendo le carte di mio nonno ho scoperto che questa era una frase scritta proprio da lui stesso, egli sosteneva che i libri hanno una loro anima e provano solitudine se sono lasciati troppo a lungo sugli scaffali senza essere curati. Dunque ho capito che la frase che mio padre riportava spesso quando eravamo più piccoli in maniera quasi eccentrica, era in realtà una frase di mio nonno e che quindi è passata di generazione in generazione. Ho pensato dunque fosse una bella idea tramandare anche io ai miei figli, attraverso questo libro, l’importanza dei libri che non è soltanto nella conoscenza che possono trasmettere, ma anche nei sentimenti che sanno dare. Quindi non bisogna lasciarli da soli”.

Oggi la tecnologia, gli stili di vita sempre più frenetici, lasciano poco tempo alla lettura… perché è importante fermarsi, leggere, vivere, curare, consumare i libri come lei dice?

“Io sono stato educato sin da piccolo molto alla lettura, mio padre mi ha anche lasciato un racconto con all’interno dei consigli per una miglior lettura. Con il passare del tempo poi le letture sono state dedicate più alla professione mentre questo trasloco mi ha rigettato nella lettura di romanzi e di poesie. Ho ripreso un entusiasmo e un amore per la letteratura che, al di là di quello che ti possono trasmettere di conoscenza i quotidiani, ti danno la possibilità alla riflessione e sono una vera e propria medicina dell’anima. Leggere è fondamentale per conoscere il mondo e per conoscere sé stessi, ormai è sempre già difficile riuscire a trovare del tempo da dedicare a quella carta ma credo che sia necessario ritagliarsi un pezzo di quel tempo prezioso per partecipare alla lettura. È come sentire un’opera lirica in radio oppure andare in teatro, in entrambi i due casi è meravigliosa ma quando sei a teatro si trasforma in una emozione che è incomparabile”.

Lei dirige l’Ansa. Un “pezzo di storia” del nostro Paese. Sente questa responsabilità? Cosa vuol dire oggi “informare”?

“Oggi è importantissimo, il mestiere del giornalismo di agenzia sembrava un po’ destinato alla scomparsa, soprattutto con l’arrivo della rete e dei social, questo perché le fonti si sono moltiplicate e si possono trovare informazioni ovunque. Con il passare degli anni infatti questo ha creato un grande caos informativo e si fa molta fatica a scegliere dei luoghi sicuro dove andare a leggere una informazione certificata, ed è proprio questa la chiave del giornalismo di oggi: in un mondo pieno di informazioni, riuscire a offrire un prodotto, come quello dell’Ansa, dove il lettore sa che l’informazione è fatta secondo dei criteri ben precisi, con una professionalità e una passione che danno un valore aggiunto”.

Interris.it mantiene sempre uno sguardo attento sul mondo giovanile. Cosa consiglierebbe ad un ragazzo che pensa di intraprendere il suo cammino nel mondo del giornalismo?

“Sicuramente di studiare, di leggere e di documentarsi tantissimo, perché il giornalismo non può essere soltanto un ‘racconto’. Per raccontare ciò che vediamo in un mondo così complesso bisogna avere degli strumenti di conoscenza per fornire un valore aggiunto a chi ci legge. Possiamo vedere in questi giorni quanto sia importante essere preparati, per esempio, sul tema dell’energia così da capire più facilmente ciò che sta accadendo nel mondo. Chi vuole fare questo mestiere deve mettersi nell’ottica che non basta soltanto il racconto in sé, ma servono anche molti strumenti professionali e non deve mai mancare la lettura”.