Droghe, prof. Gandolfini: “Un ingranaggio che stritola i giovani”

Si celebra oggi la giornata mondiale contro l'abuso e il traffico illecito di droga. L'intervista di Interris.it al prof. Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra

I giovani, molto spesso, fanno uso di droga a causa della “mancanza di ‘senso’ della propria vita vengono inghiottiti da questo ingranaggio che li stritola e la ricerca dello ‘sballo’ diventa una facile conseguenza, un modo per ‘non pensare’, per vivere una ‘vita senza vita’, accontentandosi del piacere del momento, della passione fuggevole, della gratificazione emozionale contingente”. E’ quanto ha dichiarato il professor Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra, Direttore del Dipartimento di Neuroscienza, Primario dell’U. O. Neurochirurgia dell’Ospedale Poliambulanza di Brescia, intervistato da Interris.it in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 42/112 del 7 dicembre 1987, che si celebra il 26 giugno.

I dati

L’obiettivo della giornata non è solo quello di prevenire i problemi legati all’uso e al traffico delle droghe, ma anche per cercare di portare avanti azioni coordinate e imponenti piani di lotta contro il consumo di stupefacentiSecondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, nel 2018 circa 269 milioni di persone hanno abusato di droghe, con un balzo del 30% rispetto al 2009. Come la pandemia abbia influito sulle forniture illegali di droga, si legge nel dossier, non è ancora chiaro, ma si presume che la chiusura delle frontiere e le altre restrizioni hanno causato carenza di droga nelle strade, portando all’aumento dei prezzi e alla diminuzione della purezza. Inoltre, il report prevede che l’aumento della disoccupazione e il crollo delle opportunità incideranno in modo sproporzionato sui più poveri, rendendoli più vulnerabili al consumo di droga, al traffico e alla coltivazione, per guadagnare denaro in modo da poter sopravvivere alla recessione globale.

Nuove rotte illegali

Il dossier delle Nazioni Unite evidenzia come il coronavirus sta spingendo i trafficanti a trovare nuove rotte e metodi per le loro attività illecite: la cosiddetta “rete oscura” e le spedizioni per posta potrebbero aumentare. Inoltre, già che la pandemia ha portato a carenza di oppiacei si teme che le persone possano cercare sostanze potenzialmente più disponibili, come alcol o sedativi, o utilizzare metodi di somministrazione più dannosi come l’iniezione endovenosa.

L’intervista

Professore, si può fare distinzione tra droghe più o meno pericolose?
“Innanzitutto va detto a chiare lettere che in ambito scientifico tossicologico non esiste la distinzione fra droghe ‘leggere’ e droghe ‘pesanti’. Tutte le droghe usate a scopo ‘ricreativo’ sono sostanze nocive, tossiche ed il loro uso deve essere contrastato sia sul piano informativo/culturale, sia su quello della repressione ad opera delle forze dell’ordine”.
Cosa dovrebbe fare il governo per fermare questo fenomeno?
“In questo senso l’opera del Governo e del Parlamento è di produrre ‘antidoti’ di carattere legislativo e giuridico per contrastare fermamente l’utilizzo di ogni tipo di droga, senza eccezioni. In senso pericolosamente contrario va – purtroppo – la proposta di legge per la commercializzazione libera della cosiddetta cannabis light. La cannabis – è bene ribadirlo – è una sostanza tossica ‘nootropa’ cioè che agisce sul sistema nervoso centrale, danneggiandolo anche molto gravemente. Non solo: essa apre la porta ai meccanismi di ‘dipendenza’ che spingono il consumatore ad un utilizzo sempre maggiore, portandolo anche a ricercare droghe ancora più tossiche, come cocaina, eroina, ketamina e altre droghe ‘sintetiche’. Sentiamo spesso dare come giustificazione alla liberalizzazione della cannabis l’argomento del contrasto al mercato nero illegale. Girano affermazioni del tipo che la commercializzazione sotto il controllo dello Stato (monopolio statale) cesserebbe il controllo criminale delle mafie. Mi permetto di dire che è una “pia illusione” e questa affermazione è dimostrata dai fatti: in tutti i Paesi al mondo in cui la cannabis è stata legalizzata le conseguenze sono state: 1. Aumento del consumo, sia ‘legale’ che illegale; 2. Il mercato criminale è ricorso a due tipi di contromisure: ha abbassato il prezzo ed ha aumentato la concentrazione del prodotto, rendendolo, quindi, più appetibile; 3. E’ aumentato il numero di effetti negativi legati all’utilizzo: incidenti stradali, accessi al Pronto Soccorso, abuso di alcoolici, viraggio verso altre droghe”.
Molti ritengono che la cannabis light potrebbe non causare danni al nostro organismo. E davvero così? 
“Come ho già detto, tutte le droghe sono tossiche per il nostro organismo. Certamente, vengono utilizzate in ambito medico terapeutico, ma con rigorose linee guida e protocolli specifici, neppure lontanamente paragonabili all’uso cosiddetto ricreativo. Sul piano clinico e neurobiologico le sostanze d’abuso strutturano una sindrome clinica denominata ‘dipendenza’. Esistono varie forme di dipendenza: da droghe, da farmaci, da pornografia e sesso online, da shopping compulsivo, da gioco d’azzardo. Tutte agiscono sui centri nervosi cerebrali che controllano il meccanismo della ‘gratificazione’ (sistema dopaminergico e sistema endorfinico), il quale obbliga il soggetto a ricercare stimoli sempre più appetibili e ‘gratificanti’, strutturando la dipendenza. In più, le sostanze chimiche come le droghe agiscono sui sistemi di controllo della condotta personale e sociale (lobi frontali) provocando un impoverimento delle capacità cognitive ed aprendo la strada a comportamenti incongrui, asociali, anche violenti e pericolosi, nella compulsiva ricerca della sostanza d’abuso, fino all’autolesionismo e alla violenza verso altri. Sempre sul piano strettamente clinico possono insorgere disturbi della personalità, psicosi paranoidi ed allucinatorie, sindromi dissociative farmaco-resistenti”.
Quali sono le motivazioni che spingono i giovani a drogarsi?
“Vorrei rispondere un modo molto chiaro e sintetico. La ragione prevalente è la mancanza di ‘senso’ della propria vita. Il clima culturale attuale vede – purtroppo – l’annullamento di molti principi e valori fondanti la natura sociale dell’uomo e il trionfo della ricerca ossessiva del benessere e dell’esaltazione del piacere individuale. Onestà, lealtà, sacrificio, verità, senso del limite, castità, sono valori desueti e, anzi, spesso derisi. Trionfa la cosiddetta ‘autodeterminazione’ senza limiti, in base alla quale tutto è lecito, tutto è e deve essere possibile, non ci devono essere limiti al libero arbitrio. In questo clima culturale, le persone più deboli, più fragili, più vulnerabili – come sono strutturalmente minori, adolescenti e giovani – vengono inghiottiti da questo ingranaggio che li stritola e la ricerca dello ‘sballo’ diventa una facile conseguenza, un modo per ‘non pensare’, per vivere una ‘vita senza vita’, accontentandosi del piacere del momento, della passione fuggevole, della gratificazione emozionale contingente”.
E’ possibile fare prevenzione? Cosa sarebbe necessario fare?
“La prevenzione davvero efficace è un cambio di rotta culturale, che aiuti a passare dal ‘faccio quello che voglio e mi piace, senza che nessuno mi indichi ciò che bene o giusto’, alla bellezza del vivere alla ricerca del Bene oggettivo. Una grande responsabilità, in questa direzione ce l’hanno istituzioni basilari del vivere sociale e civile, come la famiglia, le agenzie educative di ogni livello, fino a giungere al Parlamento e al Governo. Purtroppo stiamo assistendo ad un trend cultural che va in senso esattamente opposto: la famiglia viene sempre più indebolita, ogni tipo di unione affettiva acquista il valore di famiglia, economicamente è l’istituto più negletto e vessato, al di là di facili slogan di circostanza sulla denatalità, i figli numerosi sono considerati un lusso di cui lo Stato non deve interessarsi (mi passi la battuta polemica: c’è più interesse ed impegno per il benessere dei cani che per i figli delle famiglie numerose!), si propongono insensate leggi di legalizzazione della droga, si promuove la cultura dell’esasperazione della libera scelta fino a far diventare il suicidio un ‘diritto’! Questo paradigma culturale è la fucina della cultura della morte, di cui la droga è un tragico capitolo. Ma si può (si deve) cambiare: un impegno da parte di tutti i cittadini, impegno personale e sociale, a costruire occasioni di cultura e politica ‘alte’, prendendo le distanze e condannando senza esitazioni tutte quelle agenzie sociali, culturali, mediatiche, politiche e partitiche che promuovono iniziative in evidente contrasto con la morale naturale, che non richiede di essere inventata o descritta, perché è inscritta nel cuore di ogni  uomo: la droga, tutte le droghe fanno male, non diventeranno mai un bene solo perché una legge l’approva e vanno contrastate/proibite con ogni mezzo, senza se e senza ma”.