Dopo il Covid, la guerra: i timori del settore turistico

L’intervista di Interris.it al presidente di Federalberghi Bernabò Bocca sui possibili rischi per il settore a causa del conflitto in Ucraina

Dopo i due anni di pandemia, il rumore della guerra che arriva dall’est europeo infonde timori nel settore turistico italiano. Un comparto che vale il 6% del Pil nazionale – circa una novantina di miliardi – duramente colpito dalla crisi generata dal Covid, probabilmente nel 2022 rischia di dover rinunciare agli arrivi da degli importanti mercati, come Cina e Russia. “Al momento non ci sono previsioni negative, in generale il mercato italiano ed europeo stanno andando bene, segnali positivi per l’alta stagione arrivavano pure dal mercato statunitense. Se la situazione del conflitto dovesse andare avanti e diventare sempre più ‘mediaticamente’ cruenta – perché cruenta lo è già – negli Usa, questa parte del mondo potrebbe essere vista come ‘segnata’ dalla guerra, per cui gli americani potrebbero decidere di andare altrove. Sarebbe un problema europeo”, dice a Interris.it Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, l’associazione di categoria che riunisce 27mila delle circa 32mila imprese alberghiere in Italia.

La situazione

Le regole molto strette previste in Cina per i viaggi e le recenti notizie delle sanzioni occidentali alla Russia, del congelamento dei beni che si trovano in Europa di 680 magnati russi e la chiusura dei cieli europei ai voli da quel Paese vanno a innestarsi su una situazione che deve ancora fare i conti con il “colpo” della pandemia e l’incertezza che pesa sulla ripresa. Vediamo allora qual è lo stato dell’arte del comparto turistico italiano. Il settore, secondo l’Istituto italiano di statistica (Istat), nel 2020 ha registrato un calo del fatturato del 54,5%, pari a 14 miliardi, scrive il rapporto L’impatto del Covid-19 sull’ospitalità italiana del Centro Studi Federalberghi. Il documento riporta inoltre che nel 2021 si è registrato un calo di 153 milioni di presenze in meno, 116 milioni quei quali erano presenza straniere, con una perdita complessiva per il settore ricettivo pari a nove miliardi di euro. Al gennaio 2022, continua lo studio, si è calcolata una diminuzione del 35,2% dei pernottamenti rispetto allo stesso periodo del 2019, e in questo lasso di tempo si sono persi 24mila lavoratori, stagionali e temporanei di varia natura, rispetto a gennaio 2019.

turismo

Il calo del primo trimestre del 2022

Osservando più nel dettaglio i primi tre mesi del 2022, grazie al quarto bollettino settimanale del mese di gennaio 2022 dell’Agenzia nazionale del turismo (Enit) Approfondimenti sull’andamento del turismo sulle prenotazioni del ricettivo sulle Online travel agencies, confrontando il primo trimestre dell’anno appena iniziato con il precedente, si nota un netto calo delle prenotazioni. Sono infatti al 21,5% per il mese di gennaio ’22 rispetto al 30,9% del gennaio ’21. A febbraio è riservato il 12,2% delle disponibilità rispetto al 32,4% dello stesso mese dell’anno scorso. Infine, a marzo le prenotazioni raggiungono il 6,8% della saturazione complessiva, rispetto al 33,6% del marzo 2021.

Turismo “altospendente”

Negli ultimi giorni sui media italiani è ricorsa la notizia del congelamento dei beni “italiani” di vari oligarchi di nazionalità russa ritenuti vicini al presidente Putin, una misura che comporta il blocco preventivo della fruizione del bene compresi la vendita, l’affitto e le ipoteche. Nel nostro Paese, si tratta di un complesso immobiliare dal valore di 17 milioni di euro, di una villa seicentesca in provincia di Lucca, di uno yacht da 50 milioni nel porto di San Remo, in Liguria, e un altro da 65 nello scalo di Imperia. Ovviamente, non tutti i turisti russi sono magnati. Ma fin dall’inizio il fenomeno del turismo russo in Italia, partito alla metà degli anni Ottanta, si è connotato per il suo profilo “altospendente”. Secondo un’indagine della Banca d’Italia del 2014 sul turismo internazionale, è stato calcolato che nel 2013 la spesa giornaliera del visitatore russo ammontava a 170 euro, il 65% in più rispetto alla media degli altri turisti stranieri. “Quest’anno temo che turisti russi ce li dovremo dimenticare”, dice ancora a Interris.it Bocca, “e alcune mete ne potranno risentire maggiormente” – a fronte, nel 2019, di 1,7 milioni di arrivi e 5,8 milioni di presenze, con spesa stimabile intorno ai 2,5 miliardi – “sono visitatori molti importanti in termini economici, amano molto il divertimento, per cui vanno in località come la Costa Smeralda in Sardegna e Forte dei Marmi in Toscana, e lo shopping a Milano”.

Venezia
Il campanile di San Marco, a Venezia

L’amore per le città d’arte

Se la “perdita” del flusso turistico russo per il 2022 è data quasi per certa, la speranza è che non ci siano contraccolpi, legati alla situazione in Ucraina, su quello proveniente dall’altra parte dell’oceano Atlantico, gli Stati Uniti d’America. Il presidente di Federalberghi, nel corso dell’intervista, ha tratteggiato il profilo del turista americano in visita in Italia e la sua passione per il nostro Paese.  “Anche lo scorso anno, nel mezzo della pandemia, i turisti americani hanno cercato di venire in vacanza. Hanno un’immagine straordinaria del nostro Paese noi e sono turisti che amano vedere le città d’arte come Firenze, Venezia, Roma, e visitarne i musei. Inoltre sono a loro volta turisti ‘altospendenti’, coinvolgendo tutto l’indotto”. Un altro flusso turistico “bloccato”, stavolta a causa della pandemia, è quello cinese. “Quel mercato, prima del Covid, cresceva anno su anno”, spiega Bocca, “oggi è in maggior difficoltà per via delle strette regole previste dal governo sul tema”. Una “pausa” intempestiva per un flusso che nel 2018 aveva registrato 5,3 milioni di presenze negli esercizi ricettivi italiani, con un +5,2% sul 2017, e una spesa complessiva di 650 milioni, con +40% sull’anno precedente 2017.

Kiev 04/03/2022 – guerra in Ucraina / foto Imago/Image
nella foto: profughi ONLY ITALY

Solidarietà

Di fronte alla guerra alle porte dell’Europa tra gli albergatori  si accende anche la fiamma della solidarietà. C’è chi, infatti, tra gli imprenditori del settore ricettivo, si dichiara pronto ad accogliere i rifugiati ucraini costretti dai missili e dai bombardamenti a lasciare la loro casa, la loro città, il loro Paese. “Le nostre strutture sono a disposizione delle istituzioni”, afferma il presidente di Federalberghi, “stiamo stringendo accordi con regioni come il Lazio e la Toscana propri per accogliere e per ospitare le persone in fuga dalla guerra, come già facemmo con i terremotati”.