Don Fortunato Di Noto: il prete che difende i bambini

L'intervista al sacerdote che ha fondato l'Associazione Meter Onlus e dagli anni '90 è in prima linea per battersi in difesa dei minori

Don Fortunato Di Noto è uno di quei sacerdoti che hanno preso i voti con la profonda volontà di porre la propria esistenza al servizio dei più fragili, di coloro che non possono opporre resistenza contro il male. È “il prete che difende i bambini” e la ragione è semplice: dagli anni ’90 è in prima linea per battersi in difesa dei minori e contro gli abusi sessuali sui più piccoli. Le sue azioni rappresentano un atto di speranza per chi ritiene che certe tematiche siano trattate poco e male. Gli abusi sessuali, lo sfruttamento, in special modo quando si tratta di minori, rappresentano un cancro per la società ed è una delle dichiarazioni che Don Di Noto ripete con frequenza.

Chi è don Fortunato Di Noto

Fondatore dell’associazione Meter Onlus, attiva dal 1989, Don Fortunato è un uomo che ha votato la sua vita al compimento di una missione spericolata, spesso quasi impossibile, e per questo di maggiore spessore. Sulla sua pagina Facebook troneggia una frase: “Essere prete è bello. Sono dalla parte dei bambini, dei deboli e vulnerabili. Vorrei fare di più”.

L’intervista

Quanto è diventata difficile, con il passare del tempo, la tutela delle persone vulnerabili, anche a causa della crisi economica e sociale?

“Pochi ricchi, molti poveri. Quando poi si legge che in Italia ci sono circa due milioni di bambini poveri ci si vergogna. Quando tante persone sono fragili e povere per solitudine, abbandono, mancanza di cura e di solidarietà sono segnali di una società indifferente. L’indifferenza uccide. Un bicchiere d’acqua, del pane, una coperta, un pasto caldo, una casa, non dovrebbero mai essere negati a nessuno. Ma anche chi è solo, dimenticato, vessato, abusato, maltrattato, deriso, sfruttato o schiavizzato deve trovare persone ricche di buona volontà, affinché possa essere accolto e curato. Prendersi cura degli altri è un atto di operosa carità. C’è tanto bene, ma anche tanta malvagità e non possiamo tacere, ma fare tutto quello che è possibile per rendere bella la bruttezza del mondo”.

Di recente ha partecipato a un convegno a Siena, “Lasciate che i bambini vengano a me. I minori ai tempi del Covid”. Quali prospettive sono emerse dall’incontro?

“Dobbiamo continuare a informare, non solo denunciare, ma anche offrire strumenti di prevenzione e impegni chiari e pubblici: la pedofilia è un crimine contro i piccoli di questa umanità. Siamo ovviamente stanchi di proclami e parole, di inefficienze e non assunzioni di responsabilità. La preoccupazione grande è contrastare i negazionisti degli abusi, gli indifferenti e quali che ritengono che questo ‘omicidio psicologico’ e non solo, anche reale, venga ritenuto marginale. Basta consultare i report di Meter che ogni anno rendiamo pubblici. Lo scorso anno quando abbiamo denunciato il filone delle “pedomane” (donne, mamme che abusano sessualmente dei loro bambini, anche neonati) nessuno ha mosso un dito, nessuno si è indignato. Il confronto onesto, senza creare illusioni per la immediata risoluzione di questi enormi drammi a danni dei bambini, è una via”.

La pedofilia è certamente il cancro della società, come lei spesso dice. Ritiene che i pedofili siano per la maggior parte affetti da parafilia o vittime della pornografia che voglio aumentare i livelli di dopamina attraverso esperienze estreme?

“Il pedofilo, la società non lo vuole vedere. C’è quasi una sorta di benevola giustificazione, normalizzazione. I più audaci dicono che in fondo la pedofilia è l’ultimo tabù sessuale da abbattere, in questo modo la società si evolve. C’è chi sostiene che sia un orientamento sessuale come un altro. Che i bambini possono esprimere liberamente il loro consenso. Il pedofilo ha una preferenza: i bambini prepuberi. È lucido, sa quello che cerca e ottiene, non solo con il ricatto. Manipolare un bambino oggi è molto facile e il Web (che non è da demonizzare) veicola idee, influenza l’adescamento, abbassa la sicurezza, offre la digitalizzazione sessuale dei corpi dei bambini. È uno scempio e i danni sono, in molti casi, irreparabili. Un abusato non dimentica mai”.

Un bambino abusato che adulto diventerà?

“Non ci sono risposte univoche. Non è proprio così automatico che un bambino abusato diventi a sua volta un abusatore. Del resto, se dovessimo considerare che la percentuale dei bambini abusati è di sesso femminile, dovremmo avere più donne pedofile. Non è così. Un bambino abusato ha traumi permanenti e dolorosi. Una negazione della vita. Un grave atto deprivante che ha annientato la speranza e una vita bella o almeno serena. Le conseguenze sono veramente devastanti, non a caso vengono identificati, per chi ce la fa, dei sopravvissuti. Nella mia personale esperienza e di Meter che ha accolto, ascoltato, accompagnato molte vittime, posso testimoniare che si vive, pur non dimenticando”.

Cosa servirebbe per sanare almeno un po’ la situazione?

“Fare di più si può fare. È necessario mettere in campo operatori saggi, maturi e con una formazione umana e professionale credibile che non vedano le vittime come utenti o clienti, ma come persone”.

Pubblicato sul settimanale Visto