Don Oreste Benzi moriva 14 anni fa: la vita e le opere del prete dalla tonaca lisa

"Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia". Oggi la Chiesa e il mondo cattolico ricordano don Oreste Benzi, parroco riminese fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, salito in cielo il 2 novembre 2007

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“Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è. E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l’uomo immortale, per l’immortalità, secondo la sua natura l’ha creato. Dentro di noi, quindi, c’è già l’immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell’abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura” (don Oreste Benzi, Pane Quotidiano del 2 novembre del 2007).

Il 2 novembre la Chiesa e il mondo cattolico ricordano don Oreste Benzi, parroco riminese e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII nell’anniversario della sua salita al Cielo, avvenuta il 2 novembre 2007. Domenica 31 ottobre Rimini lo ha ricordato intitolandogli la nuova piazza della stazione ferroviaria cittadina, luogo simbolo delle tante sue missioni tra i poveri della stazione. Alla cerimonia erano presenti il Vescovo, Francesco Lambiasi, e il sindaco Jamil Sadegholvaad, che ha commentato così sui social: “Dedicare a don Oreste Benzi la nuova piazza riqualificata della stazione, porta di accesso della città, ci è sembrato naturale. Ci è piaciuta l’idea che le migliaia di persone che arrivano a Rimini potessero trovare un segno della sua presenza, in un luogo dove tanta opera di vicinanza ai più deboli è stata fatta e si continua a fare. La città di Rimini è grata a chi, con il suo impegno quotidiano, seguendo la strada tracciata da Don Benzi, aiuta a tenere insieme la nostra comunità”.

La Santa Messa in sua memoria in diretta streaming

“Don Oreste è salito in cielo 14 anni nella notte tra la festa dei Santi e la ricorrenza dei defunti”, scrive la Comunità Papa Giovanni XXIII in una nota. “Lo ricordiamo con sentimento di profonda gratitudine per lo slancio d’amore verso gli ultimi del mondo che ci ha lasciato in eredità e per la sua fede incondizionata nella Provvidenza e in Gesù. Uniti, da più parti del mondo, vogliamo celebrare il ricordo di don Oreste con momenti di preghiera e condivisione organizzati dalla sua grande famiglia, la Comunità. Sono occasioni per unirci nel ricordo del sacerdote “dalla tonaca lisa”, come veniva chiamato, che ha dedicato la sua intera esistenza agli esclusi e che ha rivoluzionato le nostre vite indicandoci l’unica via da seguire: il Vangelo. Nella sua città natale, Rimini, oggi, 2 novembre alle ore 20.30, si tiene la Santa Messa in sua memoria, celebrata da Mons. Francesco Lambiasi, vescovo della città. La funzione, presso la Chiesa della Resurrezione, alla Grotta Rossa di Rimini, è trasmessa anche in diretta streaming da questo luogo simbolico per la storia della Comunità, in cui don Oreste fu parroco per oltre quarant’anni”.

L’omelia del vescovo Lambiasi sul “prete dalla tonaca lisa”

Fu proprio mons. Lambiasi a pronunciare una calorosa omelia il giorno delle esequie all’auditorium del Palacongressi di Rimini, di fronte ad una platea di ottomila persone. “Ha sempre creduto che la fede cristiana non è una serie di idee vaghe e complicate: è una persona, Cristo; è la storia della sua croce e risurrezione. Ha sempre creduto e predicato con le parole e con gesti coerenti e concreti il cuore della fede”, ha così tratteggiato la figura di don Benzi, nell’omelia. Il vescovo ha poi ripercorso “tutta la straordinaria, infaticabile opera” del sacerdote dalla “tonaca lisa”: “i suoi oltre 15 anni come padre spirituale in seminario, gli anni dedicati all’insegnamento della religione e all’assistenza dei giovanissimi di Azione Cattolica, i lunghissimi anni come parroco e soprattutto come fondatore e animatore della comunità Papa Giovanni”. Ha poi ricordato il suo impegno “a favore della vita non ancora nata, dell’umanità emarginata, umiliata e calpestata, a favore della pace e del rispetto dei diritti umani, a cominciare da quello della libertà religiosa”. “Tutto – – ha concluso mons. Lambiasi – ha avuto come unico fine e scopo: fare di Cristo il cuore del mondo, e per questo farne il centro del nostro cuore”.

L’infanzia in povertà e il sogno di diventare prete

Don Oreste Benzi nasce settimo di 9 figli di una povera famiglia di operai il 7 settembre 1925 a San Clemente, in un paesino nell’entroterra collinare romagnolo nella provincia di Forlì. In seconda elementare, all’età di 7 anni, dopo aver ascoltato la sua maestra Olga Baldani parlare della figura del sacerdote, decide in cuor suo di farsi prete.

All’età di 12 anni entra in seminario a Rimini grazie al lavoro straordinario che la madre si era sobbarcata per mantenerlo. Viene ordinato Sacerdote nel 1949, anno in cui viene nominato cappellano della parrocchia di San Nicolò a Rimini. In quegli anni inizia la sua attività di insegnamento nel seminario di Rimini, di cui diverrà in seguito Direttore Spirituale per i giovani nella fascia di età dai 12 ai 17 anni. Attraverso tale compito, che mantenne fino al 1969, ha potuto approfondire più intensamente la conoscenza dell’animo giovanile e maturare la convinzione della necessità di essere presenti negli anni dello sviluppo in cui si formano i valori della persona. Per questo la sua vita sarà presto caratterizzata da attività protese ai giovani che diventeranno poi centrali nei suoi impegni.

L’attenzione ai giovani e “l’incontro simpatico con Gesù”

Diviene, intanto, Vice Assistente della Gioventù Cattolica (poi Assistente nel 1952) e per molti anni terrà la cattedra di professore nelle scuole pubbliche di Rimini. Quest’ultima esperienza gli ha permesso di apportare numerosi miglioramenti sul piano metodologico, relativi all’insegnamento di religione nella scuola superiore, attraverso la partecipazione dei giovani nell’impegno verso i più poveri.

Sono questi gli anni in cui Don Oreste, determinato nel coinvolgere i giovani in attività che favoriscono un “incontro simpatico con Cristo” – in quanto troppo spesso trascinati in incontri decisivi per la loro formazione con tutto ad eccezione di Cristo – recluta giovani volenterosi che si prestano a fare vacanza animando i soggiorni montani per gli adolescenti in difficoltà e con handicap.

Il 12 aprile 1958 fonda la Associazione per l’educazione della gioventù bisognosa”per dare veste giuridica a tutta l’attività avviata tra i giovani. Dopo diverse esperienze coinvolgenti di soggiorni estivi in montagna, detti “campeggi”, con l’autorizzazione del vescovo mons. Emilio Biancheri, il 14 agosto parte per gli Stati Uniti assieme ad un seminarista, Filippo Di Grazia, in cerca di fondi per costruire una casa-vacanze ad Alba di Canazei (TN), convinto che il paesaggio stupendo delle Dolomiti possa favorire negli adolescenti e nei giovani l’incontro con l’infinito di Dio. Nel novembre dello stesso anno riparte per un secondo viaggio, accompagnato questa volta da un sacerdote, don Sisto Ceccarini. Riesce a raccogliere i soldi sufficienti per dare avvio alla costruzione della casa sul terreno acquistato e, con la Provvidenza e tanta follia, si giunge all’inaugurazione della Casa Madonna delle Vette nel 1961, ancora oggi attivo come albergo solidale.

Il primo “campeggio spastici” a Canazei

Anche per don Oreste il Sessantotto rappresenta un anno decisivo, di svolta nella sua vita. Incontra la realtà degli “spastici”, persone con handicap gravi e gravissimi allora emarginate e nascoste alla vista della gente. Lancia la proposta ai suoi giovani e in settembre parte il primo “campeggio spastici” a Madonna delle Vette, ad Alba di Canazei. A dirigerlo c’è don Elio Piccari, insegnante di religione delle scuole differenziali, con il motto: “Dove siamo noi, li anche loro”.

14 settembre 1968 – Primo “campeggio spastici” a “Madonna delle Vette” ad Alba di Canazei (Fondazione don Oreste Benzi)

1968: la fondazione della Comunità Papa Giovanni XXIII

È da quella prima esperienza di condivisione che si fa risalire la nascita della Comunità Papa Giovanni XXIII. In quell’anno, infatti, alla presenza del Vescovo Biancheri, si svolge la prima due giorni comunitaria in cui si approvano le linee fondative e tre anni dopo, il 13 luglio 1971, si costituisce formalmente la Associazione per la Formazione Religiosa degli Adolescenti Papa Giovanni XXIII. Don Oreste viene eletto Presidente. Resterà Responsabile Generale fino alla sua morte.

Ma non c’è solo la nascita della Comunità. Il 1 settembre del 1968 don Oreste diventa infatti parroco, realizzando una innovativa comunità sacerdotale insieme ad altri tre preti. È la nuova parrocchia “La Resurrezione”, alla periferia di Rimini, nella zona denominata Grotta Rossa. Rimarrà parroco di quel popolo per ben 32 anni, fino al 2000, anno in cui lascia per il raggiungimento dei 75 anni di età, ma girerà instancabilmente tutto il mondo per l’attività legata alla Comunità.

Agosto 1979 – Messa in spiaggia durante campeggi al mare a Rimini (Fondazione don Oreste Benzi)

La prima casa famiglia

Dai primi anni ‘70, la storia personale di don Oreste si intreccia con quella della Comunità Papa Giovanni XXIII, da lui fondata, mentre il carisma della Associazione sempre più si specifica: seguire Gesù, povero e servo, che condivide direttamente la vita degli ultimi. È proprio la scelta della condivisione diretta che il 3 luglio 1973 porta all’apertura a Coriano (RN) della prima casa famiglia: Casa Betania. 

Per don Oreste la casa famiglia è la pupilla degli occhi della Comunità: è “dare una famiglia a chi non l’ha”. In essa membri dell’Associazione scelgono di diventare padre e madre di chi è nel bisogno, legando la propria vita alla loro come in una normale famiglia. E’ l’inizio di una serie di attualizzazioni della medesima realtà che nascono tutte dalla scelta di condivisione diretta con i nuovi poveri e impoveriti che don Oreste e la Comunità incontrano.

Oggi a casa Betania, così come in altre case famiglia, vengono accolti anche i detenuti in pena alternativa nel progetto CEC (Comunità Educante con i Carcerati), secondo il motto “l’uomo non è la sua colpa”.

Minori disabili: una tragica realtà

Tra le prime situazioni affrontate da don Oreste e dalla Comunità c’è la tragica realtà dei minori istituzionalizzati. Parte tutta l’azione di sensibilizzazione e di sostegno all’affidamento familiare che raggiungerà in poco tempo rilevanza nazionale, organizzando importanti convegni annuali a Rimini e tutta un’opera di sensibilizzazione in Italia. Assieme alle altre associazioni impegnate sul tema, contribuisce alla promulgazione della nuova Legge 183/1984 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” (qui il testo completo) sul diritto di ogni minore ad avere una famiglia.

Sempre alla fine degli anni 70 la Comunità è in prima linea per il riconoscimento del diritto al lavoro per le persone con disabilità fisiche e/o psichiche. Organizza manifestazioni, convegni e l’avvio delle prime esperienze lavorative per l’inserimento delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro, favorendo la nascita di cooperative sociali. Successivamente, apre vari centri educativi diurni per sostenere le famiglie nella scelta di mantenere i propri figli nell’ambito familiare, evitandone così la istituzionalizzazione.

La prima comunità terapeutica contro la droga

Di fronte al dramma della droga tra i giovani, rispondendo ad una diretta richiesta del vescovo di Rimini, mons. Giovanni Locatelli, apre a Igea Marina (RN) la prima delle comunità di recupero per tossicodipendenti che negli anni successivi si moltiplicheranno in particolare in Emilia Romagna. Ideando un originale programma terapeutico basato sempre sulla condivisione diretta degli operatori, in prima linea nel processo di liberazione dalla dipendenza da sostanze quali droghe o alcol, diviene ben presto una delle voci più autorevoli a livello nazionale sui temi delle dipendenze, agendo anche a livello politico per ribadire “il diritto di ogni persona a non drogarsi”.

Le missioni all’estero

Il 24 maggio 1986 viene inaugurata a Ndola (in Zambia) la “Holy Family Home for Children”. È la prima casa famiglia in terra di missione. Da allora si moltiplicano i suoi viaggi all’estero, dall’Africa all’America Latina sino a raggiungere tutti e cinque i continenti, per aprire nuove strutture e nuovi progetti in missione e per visitare le realtà già avviate. Attualmente è diffusa in 39 Nazioni in tutti e cinque i Continenti, anche se svolge la maggior parte dei suoi compiti in Italia.

La liberazione delle schiave del sesso

Don Oreste, fra i primi in Italia, inizia il suo impegno per liberare le donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione. Attiva nel 1991 la presenza di volontari sulla strada tra le donne straniere schiavizzate e i viados, impegnandosi per liberare le nuove “schiave” e denunciare il silenzio delle istituzioni.  Si tratta di gruppi di contatto che incontrano le donne costrette a prostituirsi in strada per proporre loro, una volta instaurato un rapporto di fiducia, una via d’uscita, ovvero l’accoglienza in una struttura comunitaria.

La Comunità Papa Giovanni XXIII ha elaborato un proprio metodo per intervenire a favore della ragazze schiavizzate e creato una ricca serie di interventi a vari livelli (sensibilizzazione, intervento di strada, accoglienza), fra loro coordinati e inseriti in rete con servizi e interventi realizzati da altri enti pubblici e privati. Nel programma di recupero e protezione proposto viene garantita l’assistenza legale, psicologica e sanitaria, l’aiuto nel disbrigo di pratiche burocratiche, l’apprendimento della lingua italiana, corsi di formazione professionale, l’avvio all’autonomia lavorativa.

La Comunità Papa Giovanni XXIII, con la collaborazione di un cartello di associazioni, ha recentemente proposto la campagna “Questo è il mio corpo” per la liberazione delle vittime di tratta e sfruttamento. L’associazione propone delle azioni per chiedere al Parlamento e al governo italiani una legge che sanzioni il cliente, in particolare la proposta di legge Bini (Atto Camera 3890 “Modifica all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, concernente l’introduzione di sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione”).

Foto: Daniele Calisesi

Il corpo di pace “Operazione Colomba”

Nel 1992 Don Oreste, che con la Comunità Papa Giovanni XXIII è stato uno dei primi enti convenzionati con il Ministero della Difesa per l’utilizzo degli obiettori di coscienza, affronta il dramma della guerra: durante il decennale conflitto nella ex Jugoslavia sostiene la scelta di alcuni obiettori di coscienza in servizio civile presso la Comunità di andare a condividere la vita di chi è costretto a subire la violenza dei conflitti: nasce “Operazione Colomba“, corpo nonviolento di pace della Comunità che ha lo scopo di creare ponti fra le parti in guerra e di promuovere una reale riconciliazione. Nel corso degli anni Operazione Colomba sarà impegnata in varie parti del mondo: Israele/Palestina, Chiapas, Colombia, Libano, Timor Est, Albania, Kosovo, Congo e nel campo profughi di Lesbo (Grecia), il più grande d’Europa.

Il campo profughi di Lesbo, in Grecia

La preghiera per la vita

Il 26 marzo 1999 inizia la preghiera per la vita davanti alla clinica “Villa Assunta” di Rimini, come arma nonviolenta scelta per combattere una delle ingiustizie più terribili: il dramma dell’aborto. Il 12 maggio è la volta dell’Ospedale S. Orsola di Bologna. Venerdì 17 ottobre, organizza a Rimini una grande manifestazione, che provoca polemiche e strascichi anche politici contro il Sindaco Alberto Ravaioli che aveva partecipato alla preghiera davanti alla clinica.

Il servizio antisette

Nel 2002 avvia il nuovo Servizio Antisette occulte, per liberare le moltissime persone – soprattutto adolescenti e donne – adescate nel mondo dell’occulto e delle psicosette. Il Servizio Antisette nasce dall’esigenza di attivarsi nella lotta contro il dilagante fenomeno delle sette occulte, che creano vittime e nuove forme di schiavitù nella nostra società.
Raccogliendo da tutta l’Italia ogni richiesta di aiuto, il Servizio Antisette ha ridato speranza alle tante vittime delle sette, ai loro familiari ed amici. Grazie alla presenza di numerosi volontari, si è costituito un centro di ascolto in grado di dare speranza e accompagnamento anche spirituale alle persone coinvolte, oltre che avanzare precise segnalazioni alle Forze di Polizia qualora il caso lo richieda. Dal 2006 collabora con la Polizia di Stato nel gruppo d’indagine denominato S.A.S (Squadra Anti Sette).

Il Servizio Antisette inoltre è impegnato in una continua opera di sensibilizzazione, promuovendo una corretta informazione e formazione riguardo le multiformi fenomenologie dell’occulto. Numerosi sono stati gli incontri pubblici, dibattiti radio televisivi, incontri nelle scuole, nelle parrocchie a cui le persone impegnate in questo settore hanno partecipato; rilevante è anche l’azione di sensibilizzazione attraverso articoli su quotidiani, settimanali ecc. Don Aldo Buonaiuto, animatore del servizio Antisette, ha pubblicato diversi libri sull’argomento: “La trappola delle sette” (ed. Sempre, 2011)  “Le mani occulte – viaggio nel mondo del satanismo” (ed. Città Nuova, 2005) e “Halloween lo scherzetto del diavolo” (ed. Sempre, 2015). Per meglio rispondere a questa esigenza si è attivato il Numero Verde Nazionale “Antisette” (800228866), attivo dall’Ottobre 2002, tramite la quale si ricevono circa 10 telefonate al giorno. L’80% delle chiamate riguarda persone disperate alla ricerca dei propri figli e di giovani e adulti adescati e perseguitati dal mondo dell’occulto e delle sette.

Gli ultimi giorni e la morte di “zio Oreste”

Il 26 settembre 2007, pochi giorni prima di salire in cielo, don Oreste corona un altro suo grande desiderio: andare a vivere alla Capanna di Betlemme di Rimini, definendosi “barbone fra i barboni”.

Venerdì 2 novembre, giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, intorno alle due di notte, il suo grande cuore si ferma. Nel suo commento alla prima lettura del giorno pubblicato su Pane Quotidiano, profeticamente si legge: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio”. I funerali si svolgono lunedì 5 novembre: previsti inizialmente nel Duomo di Rimini, vengono celebrati nei saloni della Fiera di Rimini per permettere a tutti i suoi “piccoli” di dargli l’ultimo saluto. Concelebrano 400 sacerdoti, 11 vescovi e 4 cardinali. Partecipano circa 10.000 persone.

Le tappe della beatificazione di don Oreste

Dopo cinque anni di lavoro, il 23 novembre del 2019 si è conclusa la prima fase, quella diocesana, della causa di beatificazione di don Oreste Benzi con la sessione pubblica svolta nella Basilica Cattedrale di Rimini, presieduta da Mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini. In totale si sono svolte 151 sessioni, con oltre 130 testimoni ascoltati, tra questi l’ex Presidente della Provincia Stefano Vitali. Don Giuseppe Tognacci è stato il Giudice delegato del nel processo diocesano di beatificazione. Tutti i documenti raccolti sono poi passati alla Congregazione delle cause dei santi presso la Santa Sede. Alla Congregazione dei Santi spetterà la ulteriore valutazioni dei documenti e delle testimonianze, e deciderà se Don Oreste Benzi potrà essere dichiarato Venerabile. Successivamente, solo in presenza di miracoli accertati dalla Santa Sede, Don Oreste potrà diventare Beato o Santo. Questo percorso durerà alcuni anni.

Sandra Sabattini beata

E’ stata proclamata beata quest’anno, precisamente lo scorso una delle figlie spirituali di don Benzi: Sandra Sabattini (1961-1984), detta la giovane “santa fidanzata”. Sandra nacque il 19 agosto 1961 a Riccione in una famiglia profondamente cattolica. Nel 1974 cominciò a frequentare l’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII” di don Benzi. In quel contesto ebbe modo di servire i più bisognosi, svolgendo varie attività caritative e contribuendo a sensibilizzare la comunità parrocchiale alla maggiore attenzione per i disabili. I tutte le sue scelte soleva chiedere consiglio al direttore spirituale, don Oreste, che la guidava nel discernimento. Dal suo diario si evince ciò che per lei era veramente importante, in particolare l’abbandono alla volontà di Dio da accettare con gioia. La fortezza che la contraddistinse derivava dall’assidua preghiera. Nel suo Diario spirituale scrisse: “Il fine della mia vita è l’unione con il Signore, lo strumento per giungere a ciò è la preghiera”.

Il 29 aprile 1984, insieme a due amici, mentre si recava ad Igea Marina per un incontro della “Comunità Papa Giovanni XXIII”, fu coinvolta in un grave incidente stradale. Appena scesa dall’automobile, in attesa di attraversare la strada, fu investita da un’auto. Venne trasportata immediatamente all’ospedale di Rimini e poi a quello di Bologna, dove morì il 2 maggio 1984.

Il miracolo: don Benzi affidò un malato a Sandra

Per la beatificazione di Sandra Sabattini, la Postulazione della Causa presentò all’esame della Congregazione l’asserita guarigione miracolosa, attribuita alla sua intercessione, da “adenocarcinoma della giunzione retto-sigmoidea, metastatizzato”. Nel luglio 2007, la persona di 40 anni fu ricoverata d’urgenza all’Ospedale di Rimini, dove venne diagnosticato il tumore. Successivamente il paziente venne sottoposto ad intervento chirurgico. Poiché furono riscontrate metastasi diffuse, i medici maturarono la convinzione che al paziente rimanessero pochi mesi di vita. L’analisi istologica confermò la diagnosi. Il paziente venne sottoposto a chemioterapia. Il 3 settembre 2007 la persona, che era responsabile di una Casa-Famiglia della “Comunità Papa Giovanni XXIII”, incontrò Don Oreste Benzi, che lo affidò all’intercessione di Sandra Sabattini, coinvolgendo nella preghiera l’intera Comunità. Da quel momento le condizioni del paziente migliorarono notevolmente. Negli anni 2013-2014 furono effettuati accertamenti clinici e visite oncologiche in cui non fu riscontrata alcuna recidiva del cancro. Il 2 ottobre 2019, il Sommo Pontefice ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante il miracolo, attribuito all’intercessione della beata Sandra Sabattini.