“C’è uno spettro che si aggira per l’Europa”, scriveva nel 1848 Karl Marx riferendosi al comunismo. Morte le gradi ideologie politiche, ad oggi c’è un altro fantasma che rischia di minare le basi antropologiche, sociali ed economiche del Vecchio Continente, ovvero quello della denatalità.
Anche dalle pagine di In Terris l’allarme è stato lanciato più volte, non di rado citando le parole di Papa Francesco che, fra le varie uscite sull’argomento, ha definito l’inverno demografico “un’emergenza che impoverisce il futuro di tutti, l’Italia, l’Europa e l’Occidente si stanno impoverendo l’avvenire”.
I dati sulla natalità in tutti i 27 Paesi membri, raccolti da Eurostat e messi in luce da un’inchiesta del Sole 24 Ore, danno la reale contezza del fenomeno delle culle vuote. Basta dire che non c’è nemmeno una nazione che raggiunge il cosiddetto tasso di sostituzione, fissato dai demografi al 2,1 figli per donna. Eppure questi dati offrono molti segnali di speranza. Viene infatti preso in esame il trend delle nascite dal 2010 al 2021 di tutti i 27, dove emerge che molti Paesi hanno invertito la rotta. Ci sono ben nove Paesi in cui il tasso di fecondità è aumentato, sono quasi tutti Stati dell’est, la più virtuosa è l’Ungheria che in poco più di un decennio passa da 1,25 figli per donna a circa 1,60, un balzo del 27% merito delle massicce politiche per la famiglie e la genitorialità varate dal governo Orban. In questo gruppo appare anche la Germania, il che dimostra che anche in Paesi grandi, popolosi e complessi si può fare molto per favorire la natalità. Anche nei land tedeschi si iniziano a vedere i risultati delle politiche pro family, la fecondità passa così dal 1,39 bambini per donna a 1,58. Da segnalare infine la Repubblica Ceca dove si è perfino abbassata l’età media in cui si mette al mondo il primo figlio.
Guardando la tabella che compara tutti i dati, salta poi agli occhi un secondo gruppo di Paesi che restano virtuosi perché hanno tasso sopra il 1,7 ma scontano una diminuzione delle nascite e del tasso di fecondità. La Francia è sempre stata additata come un modello per tutti, poiché vanta generosissime politiche famigliari, ma in questi ultimi anni inizia a perdere colpi, malgrado resti il Paese con il più alto tasso di fecondità d’Europa, che, nella fattispecie, passa dal 2,03 del 2010 al 1,83 del 2021. Cala la fecondità anche in Danimarca, Irlanda e Svezia che restano anche loro tra i Paesi più fertili. Questo dimostrerebbe che gli aiuti di Stato sono importanti ma da soli non bastano a incentivare una cultura della genitorialità. Il relativismo, l’individualismo e la retorica anti familiare alla fine influiscono sulle scelte di filiazione.
Infine si può osservare un terzo gruppo di Paesi che possiamo definire i grandi malati, ovvero quelli che sono riusciti a peggiorare dati che già erano drammatici nel 2010. In fondo alla classifica troviamo nazioni mediterranee e cattoliche. In ordine decrescente per tasso di fecondità troviamo Italia, Spagna e Malta. Il nostro Paese passa da 1,46 figli per donna a 1,25, gli spagnoli crollano all’1,19 dal 1,37 del 2010 e infine chiude Malta che crolla all’1,10.
I risultati raggiunti da nove paesi dimostrano che cambiare la rotta è ancora possibile. Certo non bisogna aspettarsi in breve tempo grandi successi in termini di numero assoluto di nascite, perché attualmente sono in età feconda generazioni che già hanno subito il calo delle nascite (ultimo anno in cui si è raggiunto il tasso di sostituzione è il 1975). Però l’aumento della fecondità delle coppie di molti Paesi dell’Europa dell’Est e della Germania dimostra l’efficacia delle politiche familiari e soprattutto la conciliazione lavoro-famiglia.
Il governo italiano sta puntando in questa direzione tramite l’aumento dell’assegno unico e l’aumento temporale dei congedi di paternità/maternità pagati all’80% dello stipendio. La strada è ancora lunghissima e ribadiamo che è impossibile percorrerla senza una diversa narrazione sulla famiglia. Mostrare la bellezza della vita famigliare, la gratuità del sacrificio, l’importanza di creare legami solidi è fondamentale. Non è un caso infatti che le coppie più fertili e solide siano quelle sposate con rito cattolico. Avere un orizzonte di valori aperto alla vita è il motore più potente per la natalità.
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