Cosa sono e come agiscono le agromafie

L’intervista di Interris.it al criminologo e giurista Vincenzo Musacchio sui fenomeni della agromafie e del caporalato

L’uomo è custode e coltivatore del giardino del Creato, la cura della “casa comune” passa per tutti gli aspetti del rispetto dell’ambiente e degli altri uomini, anche per quanto riguarda il lavoro nei campi agricoli. Un rispetto che viene offeso e umiliato da quelle attività illecite e illegali che sfruttano la terra e i suoi frutti schiavizzando l’uomo, come fanno le agromafie, la criminalità organizzata del settore agricolo,  e i “caporali”. Un nuovo e forte allarme contro queste forme di sopruso dell’uomo sul suo fratello e sulla “casa comune” è arrivato dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro, la giustizia e la pace, che ha denunciato questo fenomeno malavitoso e i danni che provoca, invitando al tempo stesso i consumatori a “premiare con l’acquisto di prodotti di aziende agricole che operano rispettando la qualità sociale e ambientale del lavoro”. Nel Messaggio elaborato per la 72esima Giornata nazionale del ringraziamento, che si celebra il prossimo 6 novembre, la commissione episcopale ricorda gli “squilibri economici, sociali e ambientali” prodotti dalle attività delle agromafie, che vanno dal riciclaggio di denaro sporco all’inquinamento, con lo sversamento nei terreni di sostanze nocive, dalla pratiche insostenibili dal punto di vista ambientale allo sfruttamento di persone vittime di tratta, oltre che la sofisticazione alimentare. “La relazione tra cura del creato e giustizia è fondamentale, perché quando viene meno l’uomo violenta la natura e non promuove il lavoro del fratello”, si legge nel documento. “La comunità cristiana invoca, inoltre, un impegno forte da parte delle pubbliche: è necessario un’azione continuativa di prevenzione delle infiltrazioni e di contrasto ad esse” – si legge ancora – “la Chiesa incoraggia e sostiene tutte le aziende agricole esemplari nella legalità”.

L’intervista

Per approfondire il tema della criminalità organizzata nel settore agricolo, Interris.it ha intervistato Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.

L’ultimo Rapporto “Agromafie e Caporalato” ci dice che un terzo circa dei duecentomila lavoratori agricoli in Puglia (dato Inps) sarebbe vittima di grave sfruttamento o schiavitù. Quanto è esteso, sul territorio nazionale questo tipo di crimini? Si può fare una stima di quante persone siano sotto il controllo delle agromafie?

“Il caporalato è un delitto contro la persona umana e coinvolge i datori di lavoro ma anche le mafie e i loro fiancheggiatori. Il giro di affari che ruota attorno a questo tipo di reati è davvero lucroso, per cui, inevitabilmente ha attirato anche gli appetiti della criminalità organizzata. Una stima attendibile non credo sia possibile considerando che sono coinvolte anche persone che svolgono regolarmente un primo lavoro. Sicuramente si tratta di numeri altri che dovrebbero far riflettere lo Stato nel trovare soluzioni al problema”.

Quali sono le principali organizzazioni criminali che lucrano su queste tipologie di reati?

“Tutte le mafie italiane e straniere sono coinvolte direttamente o indirettamente nelle attività di sfruttamento del lavoro. Ndrangheta, camorra, mafia siciliana, mafie pugliesi, clan nigeriani, albanesi, romeni, bulgari, ucraini, cinesi, sono tutte in qualche modo implicate in questo genere di affari e tutte ne traggono grandi benefici in termini economici e di consenso sociale”.

A quanto ammonta il giro d’affari?

“L’economia sommersa di tipo illegale ha ormai raggiunto una dimensione quasi incredibile attestandosi tra il 17% e il 19% del Pil. Questo livello percentuale, almeno doppio rispetto ai Paesi europei più avanzati, ci dice che in Italia la ricchezza sottratta al sistema fiscale e contributivo oscilla tra i 240 e i 270 miliardi di euro che secondo stime del ministero dell’Economia corrisponde a una perdita di gettito superiore ai 100 miliardi di euro l’anno, ossia, più del 15% del totale delle entrate fiscali oggi raccolte. Dati impressionanti”.

Quali sono i rapporti tra gruppi criminali e “caporali”?

“I caporali spesso sono affiliati ai clan. In questo sistema d’illegalità le organizzazioni mafiose ovviamente s’infiltrano a qualsiasi livello. Sono presenti in modalità criminale in ogni fase della filiera agricola, dalla semina al prodotto finito e commercializzato. Vittima di mafie non è solo il lavoratore, lo sono anche il produttore e il commerciante. Dai lavoratori alle industrie tutti passano sotto il giogo delle mafie che oltre a lucrare sulla filiera impongono le loro estorsioni. A Foggia, ad esempio, la mafia impone anche con chi l’agricoltore debba espiantare il prodotto e a chi debba venderlo”.

Il caporalato è un fenomeno in crescita?

“Purtroppo sì. Continuerà a crescere fino a quando non ci saranno da parte dello Stato delle politiche sociali e del lavoro ad hoc che assieme ad un’adeguata repressione pongano freno a questo fenomeno in continuo sviluppo”.

Le agromafie possono ingrossare le fila dei lavoratori sfruttati “grazie” alla tratta di esseri umani?

“Le vittime di tratta, minorenni inclusi, sono sfruttate in ambito sessuale, lavorativo, soprattutto nel settore agricolo, edile, manifatturiero e della ristorazione, nell’accattonaggio e spesso in attività criminali, come ad esempio lo spaccio di stupefacenti, i furti e la ricettazione. La tratta di esseri umani si delinea ormai come una nuova schiavitù che alimenta prostituzione, caporalato e spaccio di sostanze stupefacenti”.

Quali sono in quest’ambito i rapporti tra criminalità organizzata italiana e straniera?

“Le mafie italiane stringono accordi tra di loro e con le altre mafie straniere, albanese, bulgara, romena, nigeriana e cinese. Le statistiche sugli stranieri presenti in Italia mostrano ondate periodiche d’immigrati di diverse nazionalità: il gran numero di lavoratori ucraini e polacchi degli anni passati ha subito una brusca frenata, per essere sostituito da romeni, bulgari, ucraini e albanesi”.

Le agromafie sfruttano l’immagine dei prodotti made in Italy per entrare nei mercati internazionali con la sofisticazione alimentare?

“Certamente sì. Le nuove mafie ormai transnazionali riescono a condizionare l’intera filiera agroalimentare tramite un sistema d’imprese affiliate. Con prodotti contraffatti e adulterati aumentano i loro guadagni. Generano purtroppo anche gravi pericoli per la salute dei consumatori e influiscono negativamente sul regolare andamento del mercato”.

Quali eco-reati commettono le agromafie?

“La legge penale classifica come ‘eco-reati’ l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico e l’abbandono di materiale ad alta radioattività, l’impedimento del controllo e omessa bonifica. Non sottovaluterei inoltre gli sversamenti di rifiuti pericolosi nei campi, poiché determinano irrimediabili danni ambientali e alla salute dei cittadini”.

Quanto è elevato il rischio d’infiltrazione delle agromafie nei progetti per le rinnovabili finanziati con i fondi del Pnrr e quali sono le modalità e possibilità di contrasto?

“Le energie rinnovabili, eolico e solare, sono strettamente connesse ai terreni agricoli. Per le mafie il possesso della terra significa controllo del territorio e quindi anche consenso della popolazione locale. I fondi del Pnrr naturalmente sono nel mirino delle mafie, in primis, i finanziamenti dati alle imprese e alle aziende agricole. Per quanto concerne il contrasto terrei sotto stretta osservazione le correlazioni tra corruzione, appalti e subappalti, tra corruzione ed energie rinnovabili e tra corruzione e gestione illegale dei rifiuti di ogni tipo. Un nuovo sistema di controlli incrociati: preventivi, in corso d’opera e alla consegna del bene. Si potrebbe partire da questo tipo di sbarramento”.

Recentemente la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha lanciato il suo appello ai cittadini ad avere un ruolo attivo nella lotta alle agromafie. Che cosa possono fare i cittadini? 

“Bene hanno fatto i vescovi italiani a denunciare le forme di corruzione mafiosa e di sfruttamento dei lavoratori schierandosi apertamente contro le agromafie invasive e distruttive. Occorre lottare i tanti silenzi omertosi e l’indifferenza frutto di un’incomprensibile anestetizzazione sociale. Ogni cittadino, può essere un soggetto ‘attivo’ rispetto alla lotta del crimine organizzato e può fare, in maniera associativa e come singolo, il proprio dovere, denunciando controllando e contribuendo in questo modo a prevenire e combattere le attività criminose legate alle nuove mafie”.