Cosa deve attendersi l’Italia dall’Unione Europea. Intervista a Claudio Borghi

Parla a Interris.it il presidente della commissione Bilancio della Camera. Le prospettive e i limiti del complesso rapporto tra l'Italia e l'Unione Europea

“Per l’Italia non vi è stato al momento alcun vantaggio che derivi dall’adesione al progetto unionista e mi auguro presto di poter avere parte in un vero cambiamento di questa situazione che si va facendo sempre più critica“, afferma a Interris.it l’economista cattolico Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati.

L’Unione Europea secondo Borghi

L’onorevole Borghi ha lavorato sin da ragazzo nel campo dei mercati finanziari, iniziando la sua carriera a 19 anni in uno studio di agenti di cambio di Milano per poi passare in Deutsche Bank, quindi a Merrill Lynch e infine tornando di nuovo in Deutsche Bank dove raggiunge il grado di Managing Director nel 2006. Si è laureato in Scienze Economiche e Bancarie, frequentando l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vincendo il Premio Agostino Gemelli come migliore laureato del suo corso di laurea. Nel 2009 si ritira dal lavoro nei mercati finanziari dedicandosi all’insegnamento, come docente a contratto di Economia degli intermediari finanziari, Economia delle aziende di credito ed Economia dell’Arte all’Università Cattolica. Ha insegnato in corsi master alla Luiss di Roma e allo Ied di Venezia. Eletto deputato nel 2018 ha fatto parte del gruppo di lavoro incaricato di stilare il contratto di governo tra Movimento 5 Stelle e Lega. Nel 2019 è l’ideatore della proposta dei minibot, ovvero titoli di Stato di piccolo taglio, simili a banconote, ipotizzati come soluzione per pagare crediti fiscali e debiti arretrati della pubblica amministrazione. Dal 2014 è il responsabile economico della Lega e nel 2015 è stato candidato governatore della Regione Toscana, sostenuto dalla Lega e da Fratelli d’Italia e nel 2017 è stato eletto anche consigliere comunale a Como.

Onorevole Claudio Borghi, i centri diurni per i disabili sono in tragica difficoltà per effetto della pandemia. Colpisce l’assenza di attenzione dell’Europa per i suoi cittadini più deboli. Si può contrapporre il rigore alla cura degli ultimi?
“Una tecnocrazia come quella europea non si fonda su sentimenti di compassione e solidarietà. Nel trattato fondativo dell’Unione Europea all’articolo 3 si presenta un avverbio illuminante nel punto in cui si dice che l’Unione Europea  si basa su un’economia di mercato fortemente competitiva. Una specie di neo Sparta dell’Economia dove solo il più forte ha diritto di sopravvivere e dove i più forti scrivono le regole pro domo loro. In condizioni normali la cura degli ultimi dovrebbe essere un dovere civico oltre che morale, purtroppo non è così”.

Perché L’Europa poggia su vincoli finanziari piuttosto che sulla condivisione delle necessità delle fasce più fragili?
“Come ho detto in precedenza, se si parte da un’ideologia mercantilista la tutela delle fasce più fragili è impossibile. Il dogma del pareggio di bilancio impone continui tagli alle spese non solo quando sarebbero tollerabili (ovvero in periodi di forte crescita) ma anche quando i tagli hanno effetti distruttivi sia sull’economia che sul tessuto sociale, ovvero in momenti di stagnazione e recessione. In buona sostanza: se imposti la tua società come una gara per qualcuno non ci sarà posto in squadra. Secoli di progressi sociali azzerati”.
Da economista è sorpreso da una risposta così blanda e tardiva delle istituzioni europee ad una emergenza sanitaria e sociale di queste dimensioni?
“Si, ogni volta l’Unione Europea riesce a stupirmi in peggio. Non giudico le reazioni all’epidemia e i metodi di contrasto ad essa, non è il mio campo, però non occorreva un Nobel per accorgersi che misure estreme come il lockdown generalizzato avrebbero comportato enormi danni all’economia che avrebbero dovuto essere contrastati con immediate ed enormi distribuzioni di denaro a tutti i livelli della società e del sistema economico. Si è scelto invece di perdere mesi alla ricerca di una mediazione impossibile fra interessi contrastanti. I numeri diranno che i paesi con propria moneta avranno reagito meglio all’emergenza proprio per la loro libertà nell’agire subito, in tal caso occorrerà rivedere il luogo comune dell’ “Euro che protegge l’economia”.
Qual è l’utilità pratica di una costruzione europea che non metta al suo centro la salvaguardia dell’individuo?
“L’Unione europea  di oggi è utile solo a due entità. Innanzi tutto gli euroburocrati, che hanno trovato in Bruxelles e Strasburgo un caldo nido dove arricchirsi e costruire un potere al riparo del processo elettorale. In secondo luogo la Germania e i suoi paesi satelliti, che devono all’euro e alla implicita continua svalutazione rispetto ad un eventuale marco tedesco la loro fortuna e la fonte del loro dominio economico. Per quanto riguarda l’Italia non vi è stato al momento alcun vantaggio derivante dall’adesione al progetto unionista e mi auguro presto di poter avere parte in un vero cambiamento di questa situazione che si va facendo sempre più critica”.